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 2012  marzo 15 Giovedì calendario

Io speriamo che me la cavo (col cancro) - Domando scusa per l’incipit autobiografico. Quando, alcuni mesi fa, mi fu diagnosticato un tu­more, il primo pensiero fu: la mon­nezza

Io speriamo che me la cavo (col cancro) - Domando scusa per l’incipit autobiografico. Quando, alcuni mesi fa, mi fu diagnosticato un tu­more, il primo pensiero fu: la mon­nezza. È colpa, è quasi certamente colpa della monnezza se ho il can­cro. Donde viene questo male a me che non fumo, non bevo, non ho – come suol dirsi - vizi, consu­mo pasti da certosino? Mi ricor­dai, in quei drammatici momenti che seguirono la lettura del referto medico, di recenti dati pubblicati dall’Organizzazione mondiale della sanità, secondo cui era da mettersi in relazione l’aumento vertiginoso delle patologie di can­cro con l’emergenza rifiuti. Così sono stato servito: radio­chemioterapie, due interventi chi­rurgici, altro, tant’altro. A chi devo dire grazie? Certamente alla ca­morra. I rifiuti si accumulano per­ch­é la camorra impedisce di racco­glierli, sabota gli impianti di raccol­ta, fa scioperare i netturbini, cor­rompe i funzionari dei controlli. Da noi la monnezza ha dimensio­ni ciclopiche. È stato calcolato che messi in fila, i sacchetti dell’im­mondizia arrivano da Napoli a Mo­sca, coprono 17 campi di calcio, riempiono 12 Empire State Buil­ding (...) Il tumore contro il quale com­b­atto rischiava di piegare la mia di­gnità, di rendere buie le mattine che si aprono davanti alla mia fine­­stra, nella mia casa del Vomero. Buie come quelle che spesso quan­do ero piccolo, nel Vico Limoncel­lo, nel cuore della città antica, vive­vo come un incubo... Ma a quei tempi c’era un motivo “fisico”. Nel senso che la stradina era così stret­ta che la luce del sole non filtrava e in una famiglia con dieci compo­nenti era anche complicato con­quistarselo lo spazio. Ora rischio di non vederla più perché il male è duro da combattere. Ma penso di aver trovato l’anti­doto giusto: scrivere, scrivere, scri­vere... Troppi libri in un anno? For­se. Ma la scrittura è la mia vita. Quella che l’anno scorso stava per lasciarmi. Basterà? Credo di sì. Per­ché per la malattia fisica possono, quando possono, qualcosa i medi­cinali. Per il male dell’anima la scrittura può essere un ottimo far­maco.