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 2012  marzo 15 Giovedì calendario

GOLDMAN, L’ACCUSA DEL BANCHIERE: «I CLIENTI? SOLO DEI PUPAZZI» —

Un «ambiente tossico e distruttivo», che antepone i propri interessi a quelli dei clienti, considerati come «pupazzi»: così vede Goldman Sachs Greg Smith, un dirigente della banca di Wall Street. E, per questo motivo, ha deciso di licenziarsi dopo quasi 12 anni. Dimissioni spettacolari, che sono diventate «un caso» in tutto il mondo, perché il giovane manager, responsabile da Londra della divisione derivati in Europa, Medio Oriente e Africa, ha annunciato «il suo ultimo giorno di lavoro» in un editoriale pubblicato ieri sul New York Times, lanciando accuse feroci contro la banca di investimenti, colpevole di aver perso «la fibra morale».
«Quando i libri di storia scriveranno di Goldman Sachs, diranno che durante il mandato dell’attuale amministratore delegato, Lloyd Blankfein, e del presidente, Gary Cohn, la cultura aziendale è andata persa», mette in guardia Smith, prevedendo che «il declino dell’etica rappresenta la più seria minaccia alla sua esistenza nel lungo periodo».
Come si è arrivati a questo? È cambiato il concetto di leadership. «Una volta la leadership dipendeva dalle idee, dall’esempio che si dava e dal fare la cosa giusta. Oggi, se uno fa abbastanza soldi per la banca (e non è un ex omicida), viene promosso in una posizione di potere», scrive Smith. Che spiega quali sono «tre modi veloci per diventare un leader». Primo: muoviti lungo le «assi» della banca, che nel gergo di Goldman significa persuadere i clienti a investire in azioni o in altri prodotti di cui si sta cercando di disfarsi. Secondo: «Caccia elefanti». Cioè convinci i clienti, alcuni dei quali sofisticati, altri meno, a negoziare qualsiasi prodotto che produrrà il massimo profitto per Goldman. Terzo: trovati seduto in un posto dove il tuo compito è scambiare prodotti illiquidi, opachi con un acronimo di tre lettere.
È stato questo il benvenuto per il nuovo capo delle pubbliche relazioni, Jake Siewert, ex consigliere del segretario del Tesoro Tim Geithner ed ex portavoce di Bill Clinton: nominato solo martedì, ieri era il suo primo giorno di lavoro. E la risposta di Goldman Sachs, non si è fatta attendere. «Non c’è bisogno di dire che siamo delusi dalle affermazioni di questo individuo, affermazioni che non riflettono i nostri valori e la nostra cultura e il modo in cui conduciamo il nostro business. Dal nostro punto di vista, avremo successo soltanto se i nostri clienti avranno successo. Questa verità fondamentale si trova al centro del nostro modo di operare», hanno scritto in una lettera indirizzata ai circa 30 mila dipendenti il ceo Blankfein e il direttore operativo Cohn. Ma intanto il titolo Goldman ieri ha perso il 3,35% in Borsa, in un mercato fermo. E Wall Street ora si domanda che cosa succederà. Tanto rumore finirà ancora una volta nel dimenticatoio nel giro di qualche settimana o le terribili accuse del manager «pentito» diventeranno la goccia che fa traboccare il vaso colmo di troppi scandali e imbarazzi che hanno coinvolto Goldman negli ultimi tempi, dal «Fabulous Fab» ad Abacus all’affare El Paso, fino le indagini per insider trading ancora in corso? Nel secondo caso la poltrona di Blankfein potrebbe vacillare.
Per Greg Smith potrebbe invece schiudersi una nuova carriera, se deciderà di scrivere un libro di «memorie», come ha fatto Michael Lewis, ex broker ragazzino di Salomon Brothers e oggi scrittore di successo che, disgustato dalle aberrazioni di Wall Street, si è licenziato e le ha raccontate in Liar’s poker, diventato un best seller internazionale. (Lewis è anche l’autore di The big short, sulla follia dei subprime).
Giuliana Ferraino