Fabio Cavalera, Corriere della Sera 15/03/2012, 15 marzo 2012
L’ENCICLOPEDIA BRITANNICA LASCIA LA CARTA PER IL WEB —
Solo ottomila persone al mondo hanno sugli scaffali di casa i 32 volumi dell’Enciclopedia Britannica, ultima edizione: sono veri «partigiani» del sapere accademico in versione tradizionale. Per loro la carta è insostituibile. Al diavolo il computer. Meglio consultare e toccare quei 58 chili e mezzo di libri rilegati in pelle piuttosto che piegarsi su un «personal» ultraleggero per soddisfare le curiosità della mente.
Quel «tesoro», pesante ma insostituibile, se lo dovranno tenere ben stretto perché l’Enciclopedia Britannica, la più antica in lingua inglese, con un colpo di spugna archivia il passato e si lancia nel futuro. Niente ingombri, niente polvere. D’ora in avanti, con un modesto contributo mensile, solo su internet si sfoglieranno le nozioni e gli approfondimenti assemblati da 4.400 superesperti e professori. Chi proprio lo desidera può ancora aggiudicarsi le ultime 4 mila copie rimaste delle dodicimila stampate e tenersele come una reliquia. Poi basta.
I tempi sono i tempi. E nell’era digitale un uomo del calibro di Jacob Safra, azionista unico e presidente di «Enciclopedia Britannica Inc.», nipote di banchieri ebrei potenti, businessman colto e attento di origine svizzera ma americano di base, i conti li sa fare. Si era comperato «l’istituzione» nel 1996 per 135 milioni di dollari e, intuendo le tendenze dell’editoria, l’aveva lanciata nel mondo del web, unica salvezza possibile visto che i bilanci non godevano di grande salute. Oggi, guardando i numeri, Jacob Safra si è illuminato: a fronte di quegli 8 mila inguaribili amanti della carta, ci sono 450 milioni di persone sparse nel mondo che si attaccano a internet e si collegano alla Enciclopedia Britannica.
Semplice quesito: che senso ha sprecare inchiostri e rotative per i 32 volumi in pelle, valore di 1.300 dollari? Insomma, la scelta era nell’aria. Gli affari sono affari. E le tecnologie sono una meravigliosa opportunità da sfruttare, anche commercialmente: la quindicesima è stata l’ultima edizione scritta e stampata, la sedicesima arriverà nelle memorie dei computer. Lo ha annunciato Jorge Cauz, l’amministratore delegato («Un’enciclopedia di carta è obsoleta nel momento in cui viene pubblicata, la nostra versione online è invece aggiornata di continuo»), e la notizia è rimpallata dagli Stati Uniti all’Europa. Con, comprensibile interesse nella sfera britannica.
Lì, in Scozia era nata, prima che gli americani la inghiottissero. Merito del libraio Colin Macfarquhar e del suo amico Andrew Bell, ma soprattutto di William Smellie. Loro il cervello dell’opera, coloro che la concepirono. Lui, il braccio che la realizzò: era il figlio di un muratore, un autodidatta che stampava i testi dell’università di Edimburgo e che aveva libero accesso ai corsi dell’ateneo. Appena i due gli conferirono l’incarico, il ventottenne William si premurò di accedere alle lezioni e alle biblioteche. Copiò dai testi di Voltaire, di Newton, dei migliori pensatori e scienziati. E redasse l’Enciclopedia, tre volumi nella versione originale. Era il 1768. Ne furono vendute tremila copie.
Un successo. Che si sarebbe moltiplicato nei secoli, sempre in copertina rigida e ricercata. Fino a che il web, storia del presente, ha imposto la scelta: meglio accontentare gli 8 mila appassionati della Britannica in carta o incassare 70 dollari di canone l’anno per la sua consultazione a video da parte di milioni di internauti? Facile.
Fabio Cavalera