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 2012  marzo 15 Giovedì calendario

EuroDisney, è qui l’America che fa ricca la Francia - Sarà anche stata «una Chernobyl culturale», come accusò la regista Ariane Mnouchkine, un pezzo di America trapiantato nel Paese che più detesta gli americani, però per la Francia Disneyland Paris è stato un ottimo affare

EuroDisney, è qui l’America che fa ricca la Francia - Sarà anche stata «una Chernobyl culturale», come accusò la regista Ariane Mnouchkine, un pezzo di America trapiantato nel Paese che più detesta gli americani, però per la Francia Disneyland Paris è stato un ottimo affare. L’unico parco di divertimenti griffato Disney in Europa, 32 chilometri a est di Parigi, sarà anche «non luogo» (giusto per citare anche l’affascinante saggio dell’antropologo Marc Augé), ma è un non luogo affollatissimo. Topolino iniziò a ricevere visitatori il 12 aprile ‘92: in vent’anni, sono stati in tutto più di 250 milioni, record lo scorso anno con 15,7. Insomma, Disneyland Paris non è solo la meta turistica più visitata di Francia (battuto il museo del Louvre e «doppiata» la Tour Eiffel), ma d’Europa. Però i dati più curiosi sono emersi da uno studio commissionato dalla «délégation interministerielle» incaricata del progetto Euro Disney e presieduta dal prefetto dell’Île-de-France, Daniel Canepa. Secondo lo studio, in vent’anni il parco ha prodotto 50 miliardi di euro di valore aggiunto per l’economia francese e i suoi visitatori (il 58% dei quali è straniero) hanno speso in Francia 59 miliardi di euro, il 6,2% del giro d’affari del ricco turismo transalpino. Per la République, che ha sostenuto il progetto, l’investimento ha pagato: all’inizio, lo Stato ci ha speso l’equivalente di 666 milioni di euro, ma i privati ci hanno messo, in tutto, 7 miliardi. Riassume Philippe Gas, Pdg (Président - Directeur général) di Euro Disney: «Ogni volta che il settore pubblico ha investito un euro, quello privato ne ha investiti dieci, quando la media è piuttosto di uno a quattro». E annuncia che, dopo i due parchi già esistenti (accanto alla Disneyland vera e propria c’è il Parc Walt Disney Studios), la decisione se costruirne un terzo sarà presa nel 2020. E poi, per tornare alle cifre: 5,33 miliardi di euro di entrate fiscali per lo Stato francese, che qui può rivestire i panni, per lui piuttosto insoliti, di zio Paperone, e circa 55 mila posti di lavoro, perché ogni impiego a Disneyland significa che se ne sono creati, più o meno, altri tre nel resto della Francia. Il tutto in una vallata dove l’attività principale consisteva nell’andare a lavorare a Parigi. Insomma, secondo monsieur Canepa, le vecchie polemiche sui finanziamenti statali e quelle ricorrenti contro il «gigante americano», i suoi metodi spicci e la sua colonizzazione culturale sono, almeno per quel che riguarda i conti, infondate. L’oro luccica meno per gli azionisti della società che gestisce il parco. Com’è noto, all’inizio il complesso ha stentato a ingranare e così ha accumulato un maxidebito di un miliardo e 800 milioni, che si estinguerà solo nel 2024. Gli ultimi dividendi sono stati distribuiti nel 2001, tre anni dopo il fallimento è stato evitato solo grazie a una drastica ristrutturazione del debito tipo Grecia e la capitalizzazione in Borsa resta modesta, meno di 180 milioni. Un dato dice tutto: il 2 gennaio 1992, un’azione EuroDisney valeva 550 euro e 45 centesimi, ieri l’altro quattro euro e mezzo. Topolino è un affare per tutti tranne per chi ci ha messo i soldi. Anche i sindacati si lamentano. Il parco dà lavoro a 14 mila e 700 persone, fra l’85 e il 90% a tempo indeterminato. Però, denunciano, i salari non hanno seguito lo sviluppo e, dopo vent’anni di lavoro, una commessa, oltre a doversi cammuffare da Biancaneve o da Paperina, guadagna appena 1.300 euro al mese. Paradosso: visto che la zona ex depressa dove sorge il parco, a Marne-la-Vallée, adesso è diventata affollatissima (almeno 29 mila abitanti in più), chi lavora lì fa sempre più fatica a trovarci un alloggio e resta condannato al pendolarismo. Luci e ombre, insomma. Però, ammettiamolo, Chernobyl è stata peggio.