ANNA SANDRI, La Stampa 15/3/2012, 15 marzo 2012
Uccise il nonno eroe ma viene assolto: “Black-out psichico” - Tra la lucida volontà di uccidere e la furia che conduce all’incapacità di intendere e di volere nel commettere qualsiasi delitto, si estende la zona grigia del «black-out psichico»: quel limbo che ha condotto per la via maestra all’assoluzione un giovane accusato di aver travolto e ucciso con la propria auto un anziano signore, che non gli aveva fatto mai nulla di male e che in vita ha avuto un solo torto: quello di trovarsi sulla traiettoria di una vettura condotta a velocità folle da chi non voleva trovare ostacoli
Uccise il nonno eroe ma viene assolto: “Black-out psichico” - Tra la lucida volontà di uccidere e la furia che conduce all’incapacità di intendere e di volere nel commettere qualsiasi delitto, si estende la zona grigia del «black-out psichico»: quel limbo che ha condotto per la via maestra all’assoluzione un giovane accusato di aver travolto e ucciso con la propria auto un anziano signore, che non gli aveva fatto mai nulla di male e che in vita ha avuto un solo torto: quello di trovarsi sulla traiettoria di una vettura condotta a velocità folle da chi non voleva trovare ostacoli. L’accusa era doppia: omicidio colposo e omissione di soccorso; il proscioglimento è stato firmato al Tribunale di Vicenza dal giudice per le indagini preliminari Stefano Furlani. Motivazione: l’accusato «non è imputabile». Una diagnosi di pronto soccorso psichiatrico e due perizie confermano che al momento del fatto (e che il fatto sia avvenuto, questo sì, è incontrovertibile) l’imputato era in preda a un «black-out psichico», la sua mente era andata in cortocircuito per motivi che non dipendevano da lui e sui quali non poteva esercitare alcun controllo. Il fatto risale al 22 febbraio dello scorso anno, il luogo è Alte di Montecchio Maggiore in provincia di Vicenza. Sono le 16 e Antonio Mercanzin, pensionato, già carabiniere decorato e ora nonno vigile adorato dal paese intero, si appresta a dirigere il flusso degli scolari all’uscita dalla scuola elementare. In quegli stessi minuti, a Saonara in provincia di Padova, Luigi Furian - allora trentunenne laureato in Economia e Commercio, culturista, impiegato nell’azienda di termoidraulica della famiglia, ha una discussione con il padre. Niente di grave: ma improvvisamente lo vedono sbiancare, sgranare gli occhi, alzarsi. Prende le chiavi della sua Mégane, fugge. Sarà una corsa folle, che lo porta fino a Alte, dove imbocca contromano e a velocità elevatissima la strada della scuola proprio mentre i bimbi escono. Il nonno vigile vede l’auto, agita la paletta, capisce che non c’è nulla da fare, riesce a spingere di lato un bimbo che è sulla traiettoria e finisce travolto. Muore all’istante. Bisogna arrivare fino a Valdagno perché Furian venga fermato dai carabinieri. In Pronto soccorso, il giovane appare catatonico e finisce in Psichiatria: qui viene posato il primo mattone che porterà al suo proscioglimento. Ha la bava alla bocca, gli occhi sbarrati, non parla. E quando ricomincia a parlare, tre giorni dopo, ha paura. Parla di gente che lo insegue, che lo vuole uccidere; dice di essere scappato con l’auto, ma continuavano a inseguirlo. Quando gli chiedono se ha trovato ostacoli, ricorda di «aver abbattuto una transenna». Furian è astemio, non si è mai drogato e gli esami lo dimostrano; ma la sua mente è un mistero. Tre mesi di ricovero fra ospedale e strutture private, sei di arresti domiciliari. L’avvocato Stefano Grolla, di Vicenza, lo ha seguito dal primo giorno. «Sembrava un caso impossibile per la difesa. La vittima era una persona molto amata, è morto da eroe salvando un bimbo; il mio assistito, un giovane culturista che correva a velocità folle, contromano». E invece: «Due periti, psichiatri forensi di grande levatura, Umberto Signorato per il Tribunale e Diego Arsiè per la difesa. hanno dimostrato che Furian è stato colpito da black-out psichico, che è altra cosa dall’incapacità di intendere e di volere. Certo che prova rimorso, ma non ha mai ricostruito il fatto dentro di sé». Il giudice gli ha inflitto tre anni di libertà vigilata, il divieto di frequentare bar e sale da gioco, e l’obbligo di sottoporsi a controlli psichiatrici periodici. L’avvocato Grolla cercherà di far rivalutare la misura di sicurezza; sa già comunque che il caso è chiuso e non ci sarà appello. Renata Mercanzin, la vedova del nonno vigile, ha rinunciato alla costituzione di parte civile: è stata risarcita dall’assicurazione, di Furian non vuole sentir parlare e non vuole ascoltare la parola «perdono». Non ha mai voluto incontrare il giovane culturista né la sua famiglia.