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 2012  marzo 14 Mercoledì calendario

TERRE RARE, TUTTI CONTRO LA CINA

Dopo anni di ipotesi, riflessioni e minacce, il caso delle terre rare cinesi è finalmente approdato all’Organizzazione mondiale per il commercio (Omc). Per la prima volta nella storia, Stati Uniti, Unione Europea e Giappone si sono coalizzati, presentando insieme a Ginevra un reclamo contro le presunte scorrettezze della Cina, Paese che produce oltre il 90% dei 17 metalli strategici riuniti sotto la definizione di "terre rare" e che ormai da anni – sordo a ogni richiamo degli importatori – ne limita le forniture, con effetti drammatici sui prezzi, in alcuni casi addirittura decuplicati nel giro di appena 2-3 anni.
«I nostri concorrenti – ha sentenziato il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama – sono avvertiti. Se aggirate le regole, non la farete franca». Il discorso, nel Giardino delle rose della Casa Bianca, sembrava costruito con la massima cura per toccare le corde più sensibili dell’elettorato. E per ribattere colpo su colpo alle accuse degli avversari repubblicani, che lo considerano troppo debole nel contrastare le più disinvolte politiche economiche di Pechino. «L’America ha i migliori lavoratori e le migliori imprese del mondo. Se le regole del gioco sono uguali per tutti, possono competere e vincere contro qualsiasi nazione della Terra. Ma non sempre è così».
Finora impotente nel frenare la corsa al rialzo del petrolio – che ha spinto i prezzi dei carburanti a livelli che in questa stagione non si vedevano dagli anni 70 – Obama ha richiamato soltanto due degli infiniti impieghi delle terre rare: le batterie delle auto elettriche e quelle dei telefoni cellulari. «Dobbiamo prendere il controllo del nostro futuro energetico. Non possiamo permettere – ha concluso – che l’industria dell’energia si radichi in qualche altro Paese solo perché gli abbiamo permesso di infrangere le regole».
Più sobrio il commissario europeo al Commercio, Karel De Gucht, che ha richiamato l’attenzione soprattutto sui danni economici subiti dalle nostre industrie, costrette a spendere 350 milioni di euro l’anno per importare terre rare dalla Cina, e per i consumatori, che pagano prezzi più alti per i prodotti che le contengono. Le restrizioni imposte dalla Cina, afferma De Gucht, «violano le regole del commercio internazionale e devono essere rimosse».
Washington e Bruxelles sono state incoraggiate nel rivolgersi alla Omc da una prima vittoria in un caso molto simile, riferito a nove materie prime, tra cui lo zinco, il magnesio e la bauxite, di cui la Cina era accusata di limitare l’export attraverso l’applicazione di quote e tariffe. Barriere incompatibili con le regole internazionali sul libero scambio, ha decretato l’Organizzazione, aprendo la strada a un ricorso anche per le terre rare. Pechino – che per ora non ha modificato le sue politiche di esportazione, nemmeno per quelle nove commodities – è decisa a difendersi fino in fondo, facendo leva sulla giustificazione di sempre: le quote all’export di terre rare sono accompagnate da limiti alla produzione e servono a tutelare l’ambiente dall’eccessivo sfruttamento delle risorse. «Ci dispiace – ha detto il ministro cinese dell’Industria Miao Wei – che abbiano deciso di protestare alla Omc. Nel frattempo ci prepariamo a difenderci».
I tempi per la risoluzione della vicenda potrebbero essere molto lunghi. Il reclamo presentato ieri è solo un passo preliminare: le parti devono impegnarsi a cercare un accordo amichevole attraverso almeno due mesi di colloqui, prima che l’Organizzazione mondiale per il commercio possa avviare una procedura formale di infrazione. L’esperienza passata insegna che il verdetto può arrivare anche dopo parecchi anni. E poi c’è la possibilità di fare appello.
La Cina potrebbe finire spalle al muro quando ormai non sarà più l’unico fornitore sul mercato: molte minerarie, stimolate proprio dai prezzi record, stanno sviluppando depositi di terre rare in diverse aree del mondo. Non solo. Molti analisti sono convinti che nel giro di 2-3 anni l’offerta dei preziosi metalli potrebbe addirittura superare la domanda.