Fabrizio Forquet, Marco Mele, Il Sole 24 Ore 14/3/2012, 14 marzo 2012
«ORA PIÙ CULTURA CON LE RISORSE INTERNE»
La Rai deve dare una risposta alla nuova domanda culturale del Paese con una nuova strategia editoriale per le diverse piattaforme che racconti il Paese reale. È l’opinione del direttore generale della Rai, Lorenza Lei (nella foto) che in un’intervista al Sole 24 Ore, evidenzia che il bilancio 2011 chiuderà in leggero utile dopo 5 anni grazie ai tagli di spesa per 82 milioni che hanno compensato il calo della pubblicità rispetto al budget di inizio anno (963 milioni rispetto ai 1.050 previsti). I costi esterni della Rai, dal 2007 al 2011, si sono ridotti di 148 milioni, ai quali aggiungere i minori investimenti nella fiction e nel cinema (73 milioni la prima, 38 il secondo, sempre dal 2007 al 2011), mantenendo però il numero delle collocazioni e aumentando la produzione di film nazionali. Fabrizio Forquet e Marco Mele Il progetto all news della Rai, che sta per essere varato, unificherà RaiNews24, Televideo, l’ex RaiItalia e le redazioni web dei Tg. L’azienda prevede 495 milioni d’investimento in tre anni per l’ammodernamento tecnologico. Per la valorizzazione di tutte le professionalità il Piano industriale 2012-2014, in corso di elaborazione, prevede, tra l’altro, una "internalizzazione" delle fasi di realizzazione delle fiction, sempre in collaborazione con i produttori esterni: «Il modello è Un posto al sole». È un fiume in piena, Lorenza Lei, direttore generale della Rai da dieci mesi, dopo aver ricoperto incarichi che vanno dalla direzione dello staff della direzione generale alla vicedirezione generale per l’area produttiva e gestionale. Non parla certo come una manager che sta per lasciare il proprio incarico. Domenica scorsa, sul Sole 24 Ore, centinaia di autori dell’audiovisivo, hanno chiesto alla Rai un nuovo impegno per investire nel prodotto culturale nazionale. Cosa risponde a nome dell’azienda? È mia ferma convinzione che il profilo di servizio pubblico porti con sè la centralità dell’asset "cultura". La Rai deve continuare a svolgere il ruolo di volano culturale del cambiamento non solo guardando al cinema e alla fiction, ma sperimentando nuovi linguaggi in tutti i generi televisivi. Senza dimenticare il passato, ad esempio cosa ha fatto Alberto Manzi per la Rai e gli italiani. La Rai, tuttavia, ha ridotto gli investimenti nella fiction, ad esempio, dai 270 milioni del 2007 ai 197 del 2011... La volontà d’investire nella fiction rimane un punto chiave nella nostra strategia editoriale. La fiction è un prodotto strategico per la programmazione televisiva e la divulgazione culturale. L’obiettivo è di incrementare la produzione attraverso la riduzione dei costi unitari e la creazione di linee di produzione interne per valorizzare la qualità delle risorse umane. Porteremo presto il progetto di questo nuove linee produttive in Cda. Oggi questo già accade solo in un caso, quello di Un posto al sole, realizzato dal Centro di produzione di Napoli insieme a un produttore esterno (Freemantle Media, ndr). Non voglio chiamarla fabbrica o laboratorio, ma vogliamo creare una realtà creativa e produttiva interna. Il calo degli investimenti nella fiction non ha portato a una riduzione, in quantità o qualità, dell’offerta Rai? No, dal 2009 al 2011 il numero dell prime visioni è rimasto inalterato, con un’audience sostanzialmente allineata. Serve un modello produttivo più efficiente vista la crisi generale, ancor più forte nel nostro settore. Questa sorta di rivoluzione nell’organizzazione aziendale, sarà estesa all’intero personale Rai? Abbiamo in produzione 4mila risorse tra uomini e donne: la nostra è una scelta di campo strategica: qui, del resto, lavorano quasi 12mila persone che al 2017 saranno quasi 13mila, in virtù di quanto previsto dalla legge 247 del 2007 sulla stabilizzazione dei precari, che assorbiremo in modo graduale grazie ad accordi sindacali. Tutte le nostre professionalità contribuiranno al raggiungimento della missione aziendale senza lasciare indietro nessuno. La creazione della direzione Intrattenimento va nella direzione della valorizzazione delle forze interne? Assolutamente sì. E’ un modello già adottato dai broadcaster europei, come Bbc e Tdf, la tv pubblica francese, che sono organizzati per generi e per canali, con una specializzazione delle professionalità presenti. Il genere Intrattenimento si è aggiunto alla Fiction e anche il documentario diventerà un genere da valorizzare con l’obiettivo di passare dalla mera acquisizione dei diritti alla realizzazione di produzioni e coproduzioni insieme ai principali broadcaster europei. Nascerà anche, a questo fine, una Scuola Rai per conduttori, registi, autori, per poter fare sperimentazione, anche su un canale ad hoc e far crescere i talenti. La recente ristrutturazione della Radiofonia, mezzo storico della Rai, sta realizzando importanti cambiamenti editoriali che purtroppo non possiamo apprezzare in termini di ascolti per la sospensione della ricerca Audiradio. Qual è l’impegno Rai per il cinema italiano? Importante. Non vogliamo fare del cinema, al contrario della fiction, però abbiamo finanziato più di 110 film negli ultimi tre anni, più di cento registi e 80 società del settore per un investimento di 130 milioni di euro per la produzione di nuove opere cinematografiche. RaiCinema lavora anche nel settore dei documentari, che presto avranno una loro struttura organizzativa ad hoc. Si tratta di andare oltre la semplice messa in onda, allo sfruttamento sulle nuove piattaforme distributive. Passiamo alle risorse e ai bilanci. Cosa significa per la Rai l’evasione del canone? Noi vogliamo rafforzare l’identità di servizio pubblico della Rai, prima di tutto. L’evasione significa mancati introiti per 550-600 milioni l’anno su un fatturato di tre miliardi di euro. Se arrivassero queste risorse avremo meno difficoltà sul mercato e meno dipendenza dalla sofferenza della pubblicità nell’effettuazione degli investimenti sul prodotto. A proposito, nel 2011 vi è stato una perdita di introiti pubblicitari non certo marginale... Quando sono arrivata, a maggio, dalla previsione di 1.050 milioni del budget si era già scesi a 980 milioni e chiuderemo il bilancio con un fatturato pubblicitario intorno a quota 963 euro. Ciò nonostante chiuderemo il bilancio con un piccolo utile di qualche milione (forse quattro, ndr) dopo cinque anni di bilanci in perdita. Quest’anno speriamo di mantenere il livello della raccolta pubblicitaria grazie ai grandi eventi sportivi (Europei di calcio e Olimpiadi estive di Londra, ndr) e di chiudere sempre in pareggio. Un pareggio, quello conseguito nel l’esercizio 2011, il cui bilancio dev’essere ancora approvato, dovuto a una riduzione di 82 milioni dei costi. Come si è articolata tale manovra? Non abbiamo tanto usato la forbice, quanto modificato i modelli produttivi per contenere i costi, cercando sempre di valorizzare le energie interne. Costruendo noi, ad esempio, le scenografie dei programmi, avendo la nostra falegnameria e purtroppo non la nostra carpenteria. Lo stesso vale per i nostri costumisti. Abbiamo ridotti, da alcuni anni, anche i costi dei cachet per gli artisti. Non si è trattato solo di tagli ma di ottimizzazione dei costi di produzione nel mix di generi nel palinsesto, che hanno permesso anche la realizzazione di un programma come lo show di Fiorello, che è stato il principale evento televisivo degli ultimi anni. Così come abbiamo agito sulla logistica delle sedi Rai all’estero e messo in liquidazione Rai Corporation. A New York rimane un ufficio di corrispondenza e se ne aprirà uno a Washington. Sono state fatte scelte strategiche sulle sedi: l’importante è garantire il presidio informativo e avere un giornalista quale corrispondente che garantisca la qualità dell’informazione piuttosto che la sede di rappresentanza. La Rai mantiene la leadership d’ascolto anche grazie al bouquet dei suoi canali digitali... È un’offerta di 14 canali, tutta gratuita, la più ampia offerta free europea (si veda tabella, ndr). I canali nativi digitali raggiungono la leadership dei canali specializzati con il 6% di audience, un pubblico differenziato e mediamente giovane. Un risultato impensabile ancora nel 2009. Le reti specializzate sono complementari alle tre reti generaliste e, insieme, generano la completezza del servizio pubblico. Tutto per soli 30 centesimi al giorno (il valore quotidiano del 122 euro di canone annuo, ndr), un terzo del costo di una tazzina di caffé. Nel Piano industriale c’è la volontà di investire sui canali specializzati. Il digitale terrestre ha comportato un investimento obbligato per il gruppo Rai. E cosa sarà di RaiWay e delle torri di trasmissione? L’investimento sul digitale terrestre sarà di circa 500 milioni per la rete, interamente finanziato con mezzi propri, senza, ad esempio, l’aumento ad hoc del canone di cui ha goduto la Bbc ai tempi del lancio del digitale. Quanto a RaiWay, Il Consiglio valuterà con l’azionista quale sia il modo migliore per valorizzarla: per ora non è stata presa alcuna decisione. Un’operazione come la cessione del 49% a Crown Castle non è più attuale. In ogni caso, la rete di 1.500 siti di proprietà (più circa altri mille in affitto, ndr) è un bene di tutti e costituisce un patrimonio strategico dalle enormi potenzialità anche per il Sistema Paese. Quanto intende investire l’azienda nel progetto All News? E’ un progetto già predisposto: prevede l’integrazione di RaiNews24, di Televideo, della ex RaiItalia e delle redazioni web delle testate Rai. L’obiettivo è quello di incrementare la nostra competitività nell’offerta digitale multipiattaforma delle news. La testata all news fornirà tutta l’informazione regionale e internazionale, oltre che un supporto a tutte le testate Rai. Secondo il Piano industriale triennale prevede di investire circa 495 euro in tre anni e circa 615 in cinque. Da aprile è previsto anche il riposizionamento editoriale del canale RaiSport1 con una connotazione dedicata alla informazione sportiva di flusso. RaiSport2 sarà dedicato a tutte le discipline sportive. La Rai è seguita soprattutto da un pubblico molto anziano... Dobbiamo trovare i giovani dove si trovano, con uno sforzo tecnologico ed editoriale dedicato a loro. La fortissima crescita di Rai.it e Rai.tv va nella giusta direzione. Da due settimane l’offerta Rai è disponibile anche sui tablet con un’applicazione gratuita. Resto convinta che il futuro sarà sull’offerta multipiattaforma. L’evoluzione sarà rapidissima. Il pubblico dei giovani è per Rai una priorità: loro sono i futuri cittadini.