Dario Di Vico, Corriere della Sera 14/03/2012, 14 marzo 2012
E GRANAROLO LANCIA IL LATTE PER MUSULMANI
Qualcuno dopo il passaggio di Parmalat a Lactalis si era frettolosamente spinto a dare per spacciata Granarolo. Ma a meno di un anno dal blitz francese il maggiore gruppo agro-alimentare capitale italiano sta dimostrando una grande capacità di reazione e si è posto l’obiettivo di raddoppiare il fatturato di oggi (900 milioni) nel giro di 4 anni. A colpi di acquisizioni e di innovazione di prodotto. E proprio nel campo della ricerca e del marketing sono previste le due novità più spettacolari: il lancio del primo latte fresco pastorizzato per bambini da 1 a 3 anni (oggi sul mercato ci sono latte in polvere e Uht) seguito dall’immissione sul mercato del primo latte fermentato per gli immigrati musulmani in Italia. Il concetto che guida le due novità è semplice: il latte è diventato una commodity, una merce indifferenziata e allora per non limitarsi a una competizione di prezzo al ribasso bisogna essere capaci di produrre un latte su misura per ciascun target di consumatore. E nei casi di cui sopra addirittura inventare nuove nicchie di consumo.
Guidata da Gianpiero Calzolari, Granarolo è figlia delle coop bianche e rosse, oggi è composta da un consorzio di allevatori di mucche (Granlatte) e da una società industriale (Granarolo Spa) che ha sei stabilimenti sparsi per l’Italia. Nel capitale è presente Intesa Sanpaolo con circa il 19% delle azioni. In virtù della presenza su tutta la filiera la cooperativa bolognese si considera un presidio del made in Italy nel bianco ed è infatti il primo produttore sia di latte fresco sia di yogurt. Nel 2011 ha acquisito la brianzola Lat Bri e ha considerevolmente rafforzato le sue posizioni sul mercato dei formaggi e sull’export. Non contento, Calzolari sta studiando altre puntate di shopping sempre nel caseario, che consente una redditività sicuramente più alta del latte. Ma la novità più interessante per il made in Italy viene dalla voglia e dalla capacità di innovare la gamma dei prodotti con una serie di lanci commerciali che dovrebbero arrivare a quota 15 e che valorizzeranno in particolare il brand Yomo.
La scommessa numero però si chiama latte fresco per i bambini da 1 a 3 anni. È un prodotto che non esiste perché i piccolissimi si alimentano con il latte a lunga conservazione o con quello in polvere (valore attuale del mercato 280 milioni). Con l’idea che «ce li prendiamo come clienti da piccoli e non li lasciamo più» Granarolo ha creato un comitato di esperti che l’hanno aiutata a mettere a punto un prodotto fresco e pastorizzato che si troverà nel banco frigo dei supermercati. Vista l’estrema delicatezza degli utilizzatori finali è stata trovata un’impostazione nutrizionale innovativa e verrà garantita una qualità delle materie utilizzate in linea con i parametri di legge previsti per il baby food.
Dai bebè ai musulmani la cultura del business è la stessa. Gli immigrati oggi comprano il latte fresco e lo fanno fermentare in casa per usarlo come bevanda rinfrescante o come ingrediente in cucina. Granarolo ha pensato di mettere a punto con le loro comunità un prodotto ad hoc, il Latte Laben Oro, che si rivolgerà a una platea potenziale di 4,2 milioni di persone. Così per la prima volta verrà fuori un prodotto che, rispettando i dettami della tradizione musulmana, godrà della certificazione Halal prevista per i processi produttivi del mondo islamico. Quanto Granarolo potrà crescere tra gli extracomunitari è ancora presto per dirlo ma l’esperimento di Calzolari potrebbe far venire idee simili a tutta un’altra serie di produttori di cibo italiano. Il marketing, quando è capace di leggere i mutamenti della società, può fare miracoli.
Dario Di Vico