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 2012  marzo 13 Martedì calendario

La cultura del piagnisteo censura anche Dante - Peggio del culturalmente corretto c’è solo l’ignoranza

La cultura del piagnisteo censura anche Dante - Peggio del culturalmente corretto c’è solo l’ignoranza.E peggio del­­l’ignoranza, la malafede. Difficile capire se prevale l’ossessione del politically correct o l’ignoranza o la malafede nella proposta-choc di una or­g­anizzazione non governativa di ricerca­tori e professionisti, «Gherush92» (con­sulente speciale con il Consiglio Econo­mico e sociale delle Nazioni Unite, cosa che accredita, purtroppo, l’associazio­ne) secondo la quale la Divina Comme­dia andrebbe essere eliminata dai pro­grammi scolastici o, quanto meno, letta con maggiori accortezze, contenendo «stereotipi, luoghi comuni, frasi razzi­ste, islamofobiche e antisemite». La cultura del piagnisteo non conosce limiti, né senso del pudore. Né della criti­ca. Valentina Sereni, presidente di«Ghe­rush92 », ha dichiarato ieri che il poema di Dante «presenta contenuti offensivi e discriminatori sia nel lessico che nella so­stanza e viene proposta senza che via sia alcun filtro o che vengano fornite consi­de­razioni critiche rispetto all’antisemiti­smo e al razzismo ». Sotto accusa, in parti­colare, alcuni canti dell’ Inferno ,tra i qua­li il XXVIII (quello di Maometto «rotto dal mento infin dove si trulla») e il XXXIV (quello di Giuda, dover il significato ne­gativo di giudeo sarebbe esteso a tutto il popolo ebraico) e del Purgatorio , come il XXVI (quello dove sono puniti i lussu­riosi e i sodomiti). «Non invochiamo né censure né roghi - ha precisato Sereni ­ma vorremmo che si riconoscesse senza ambiguità che nella Commedia vi sono contenuti offensivi ( sic ) e razzisti ( sic ) e categorie discriminate ( sic ) ».«L’arte-ha concluso - non può essere al di sopra di qualsiasi giudizio critico». Vero. Ma neppure al di fuori di una semplicissima contestualizzazione sto­rica. Pensare di interpretare e giudicare la Divina Commedia con i criteri, i princi­pi, l’impostazione filosofica e culturale di oggi,declinandoli al pensiero dell’uo­mo di sette secoli fa - è delirante. Oltre che inconcepibile didatticamente. E per «contestualizzare», ci sono già, e ricchis­simi, gli apparati critici. Come sa bene chiunque abbia studiato la Commedia nelle più diffuse edizioni scolastiche, dal Sapegno al Bosco-Reggio al Pasquini-Quaglio... E comunque, come è noto e ripetuto, se dovessimo giudicare con i criteri etico­poli­tici di oggi i classici della cultura occi­dentale, allora non si dovrebbe leggere Moby Dick , perché offende gli animali­sti; né Pippi Calzelunghe, pedagogica­mente pericoloso; né I tre moschettieri, ir­rispettoso sul fronte delle quote rosa... Sdegno, ironia, sorpresa. Ieri nel mon­do intellettuale italiano si è detto di tutto a proposito del j’accuse di «Gherush92». Hanno parlato docenti universitari, criti­ci letterari, presidi, scrittori, attori. Dal premio Strega Edoardo Nesi («Bisogne­rà che questa idea revisionista che gira per il mondo si plachi prima o poi») a Gi­gi Proietti («Non mi risulta che Dante sia stato diseducativo per qualcuno...»). Co­me ha sottilmente ironizzato Maurizio Cucchi, poeta, i vantaggi che è in grado di dare un poema come la Divina Com­media , forse è il più grande di tutti i tempi e di tutte le letterature, sono abbondante­mente superiori a qualsiasi rischio di in­comprensione. Dalla stucchevole moda del politica­mente corretto alla letale dittatura del­l’ignoranza, il passo è (stato) fatto.