STEFANO LEPRI, La Stampa 14/3/2012, 14 marzo 2012
FUORI PERICOLO SOLTANTO CON LA CRESCITA
Angela Merkel e Mario Monti concordano che occorre «più Europa»; e solo una maggiore armonia politica può concederci speranze. L’austerità che ripiomba le nostre economie nella recessione, occorre ripeterlo, è eccessiva proprio a causa delle reciproche diffidenze tra Paesi. Potrà attenuarsi se ci uniamo di più.
Rimane il dubbio che i tempi con cui la cancelliera vuole muoversi in questa direzione siano troppo lenti. Da Berlino vengono per ora parole giuste ma pochi fatti, come nota un grande tedesco, il filosofo Juergen Habermas. Forse per dare una sistemazione duratura alle questioni aperte occorrerà aspettare ancora un anno e mezzo, fino alle elezioni tedesche dell’autunno 2013.
L’intesa mostrata ieri dai due capi di governo ha comunque un suo valore, quando invece nella campagna elettorale francese di Europa si parla pochissimo e anzi Nicolas Sarkozy recupera punti nei sondaggi attaccando certe politiche dell’Unione.
a grande crisi ha mostrato che i poteri pubblici sono indispensabili per correggere l’instabilità dei mercati, per imbrigliare entro regole la loro energia. Ma mostra anche che certi poteri pubblici - gli Stati nazionali dell’area che condivide l’euro - non sono di dimensione sufficiente. A Parigi ancora non sembrano averlo capito né il presidente in carica né colui che potrebbe sconfiggerlo, il socialista François Hollande.
Altri elementi del quadro, per fortuna, stanno cambiando. Il compromesso raggiunto ieri con la Spagna, che le concede un po’ più di respiro nelle misure di riduzione del deficit, rende un po’ meno feroce l’aspetto del futuro « Fiscal compact ». Queste nuove regole disciplinari per i bilanci pubblici, oltretutto, a leggerle bene, nei meandri dei loro tecnicismi sono meno rigide di quanto erano parse all’inizio.
La stessa bizzarra voce di una candidatura di Mario Monti alla presidenza dell’Eurogruppo, oltre a provare la stima di cui gode il nostro presidente del consiglio, è l’effetto collaterale di un gioco di poltrone in corso. Forse le ansie della Bundesbank saranno placate dall’ingresso nell’esecutivo della Banca centrale europea del lussemburghese Yves Mersch (un «falco» alla tedesca) nel posto che fin qui pareva dovesse spettare a uno spagnolo. Se avverrà così, diverrà urgente sostituire alla presidenza dell’Eurogruppo il lussemburghese Jean-Claude Juncker, finora confermato in mancanza di alternative.
Benché le mosse della politica siano tardive e impacciate, a Bruxelles come a Parigi e a Berlino, la fase distensiva in corso sui mercati finanziari agevola diversi sviluppi. Il divario di competitività tra Paesi, che rende difficile tenere insieme l’area euro, potrebbe essere attenuato in Germania non dall’azione del governo, ma da quella dei sindacati, che stanno chiedendo forti aumenti salariali. Se li otterranno, si ridurrà il vantaggio tedesco sugli altri Paesi.
Tuttavia si continua a procedere in modo un po’ confuso, con il rischio di imbattersi in nuovi ostacoli. Le elezioni politiche anticipate in Grecia, se davvero si terranno il mese prossimo, quasi di certo peggioreranno la qualità del governo; e ulteriori misure di austerità sono richieste per il 2013. Probabilmente nel corso dell’estate si dovrà concordare un secondo pacchetto di aiuti per il Portogallo.
L’Italia non sarà fuori pericolo finché il suo sistema produttivo non avrà ripreso a crescere. Non è poco, intanto, aver riconquistato pieni diritti nel definire le scelte dell’Europa. La minaccia dello spread è riuscita a farci prendere decisioni buone per l’economia; speriamo di non doverla paradossalmente rimpiangere di fronte a nuove instabilità della nostra politica.