Francesco Merlo, la Repubblica 14/3/2012, 14 marzo 2012
GLADIATORI E HOT DOG È IL GRAN SUQ DEL COLOSSEO
IL COLOSSEO fuori dal Colosseo è un posto senza legge, dove si mangia, si frega e se fa subito a cazzotti, come ai tempi del Belli, pe´ schiaffasse in saccoccia li quadrini. Arrivo sul piazzale lastricato a sampietrini con mia moglie, inglese travestita da turista, «ancient romans?» «really?», la macchina fotografica a tracolla e gli occhiali da sole. La scena è grottesca, lo ammetto. Io ho il ruolo del sempliciotto e lei ha quello della credulona temeraria che pretende uno stile romano ma real: «could you take a photo of me wearing your ‘cucullus´?». La commedia dura una decina di minuti e finisce con qualche sospetto perché c´è aria di rancore accumulato tra legionari e centurioni, ceffi di romanacci che ti spingono o ti accarezzano, «tutti pregiudicati» assicurano i carabinieri, per furto, rapina, ricettazione, estorsione… «Si metta la mano sulla coscienza, siamo in cinque a lavorare»: dieci euro per una foto con una corona di pelle adornata di sesterzi sulla testa, una tunica rossa attorno al corpo, elmo e daga sguainata: «kill tua wife, e così finish ogni problem».
La lingua è la stessa che si parla a Pompei, lingua basica, associativa e fisiologica, fonemi e sorrisi, la stessa dei pappagalli. I centurioni, come le guide di Pompei, ammiccano e riproducono suoni, scimmiottano il mondo che gli viene a tiro.
Pochi elementi di intesa in giapponese e in tedesco, in russo e in inglese: foto? «We took some, le abbiamo fatte, yesterday» risponde la ragazza e subito il centurione canta «Yesterday… mo´ belivo in yesterday».
Questa lingua stalker è la lingua infetta del turismo che degenera insieme con le città italiane d´arte, con Roma che diventa folklore improbabile, gli indigeni assimilati a stereotipi falsi, a patacche: i butteri, gli alpigiani, e siamo tutti funiculì funiculà o pastori sardi, tutti mafiosi e amanti priapeschi se maschi, occhi neri di gelosia se femmine, Etruschi a Volterra e gladiatori romani davanti al Colosseo. Nel 2008 durante il G8 si riunirono anche i presidenti dei vari Parlamenti. Ebbene, la sera a cena il presidente canadese chiese a quello italiano, Gianfranco Fini, quando, in quale epoca, era avvenuta «la deportazione dei romani». Aveva infatti visto e parlato e si era pure fatto fotografare con i «descendants of the aborigines». Pensava che quei centurioni fossero come gli indiani in America e i Maori in Nuova Zelanda. Fini gli disse: «Certo, le facce inquietanti ce le hanno, ma forse i soldati romani erano meglio». E difatti un aborigeno basso e di carnagione scura, con sopracciglia e baffi neri ci propone di saltare la fila, «almeno tre ore di fila»: 27 euro al posto di 12.
Il Colosseo è il sito archeologico più remunerativo d´Italia, uno dei più ricchi del mondo. La Sovrintendenza di Roma è, come quella di Pompei, autonoma. Il che vuol dire che, eccezionalmente, il danaro del Colosseo non va all´Erario. Nel 2011 dunque la Sovrintendenza ha ricavato almeno 35 milioni di euro di biglietti. Ebbene, solo l´allora commissario Roberto Cecchi, attuale sottosegretario del ministro Ornaghi (in questo caso più Ponzio che mai) seppe ben spendere i soldi anche perché procedeva in deroga alla giungla normativa degli appalti. Rifece l´ascensore, aprì la porta libitinaria e per la prima volta i relativi sotterranei. E, dopo 40 anni di chiusura al pubblico, recuperò il terzo anello. Purtroppo oggi il danaro è di nuovo fermo.
Il sindaco Alemanno, che è leghista quando gli conviene, in nome del federalismo fiscale fa il diavolo a quattro perché vuole almeno una parte del bottino. E dicono che Mario Monti, in risposta a questa velleità, gli abbia scritto un biglietto ricordandogli di fare almeno la sua parte e cioè garantire il decoro esterno di questa specie di piccolo paese tutto abusivo che è la romanità sparsa per Roma e concentrata soprattutto qui, con la sua pittoresca ma selvaggia illegalità alla quale nessuno è in grado di sottrarsi.
Le roulotte che vendono cibo, per esempio, con il loro minestrone di esseri umani, pakistani e armeni, cingalesi e quella schiuma dell´Asia che non è riuscita a farsi Tigre, thailandesi e filippini, sono quasi tutti controllati dalla famiglia Tredicine, una stirpe di venditori ambulanti, discendenti da nonno Donato che arrivò da Schiavi d´Abruzzo con un fornello sotto il braccio e un sacco di castagne in spalla. Vendeva caldarroste in via Frattina. I figli sono 4, ma Alfiero ed Ennio hanno litigato con Mario e Dino. Oggi la famiglia controlla la vendita di castagne in tutta la città e possiede più di cento camion ristoro. «Vendere cibo nei camion roulotte senza il loro consenso è praticamente impossibile» dicono le forze dell´ordine. «Tredicine? E chi è?» mi risponde un cingalese che vende davanti al Colosseo. «L´affare è enorme..., l´azienda è gestita meglio della Banca d´Italia». E infatti oggi in romanesco un bazar mobile è una "tredicina": 2,50 la bottiglietta d´acqua, 5 euro un panino immangiabile, 4 una ciambella, e poi collane di caramelle, lattine, hot dog…
Questi ristori da strada, questa gastronomia da marciapiede è autorizzata dal Comune, dove siede anche Giordano Tredicine, rissoso, fumantino e minaccioso vice capogruppo vicario del Pdl in Municipio e "onorevole", perché così si fanno chiamare tutti i consiglieri di Roma, spesso protagonisti loro malgrado del sito, più colto che populista, www.romafaschifo.com.
Anche l´intervento dei vigili urbani e l´arresto, l´altro ieri, di sei centurioni ammanettati - guardate il video su YouTube - ha qualcosa di pesante e di eccessivo. La violenza esibita non è mai un bello spettacolo anche se non è certo il caso di schierarsi dalla parte degli accattoni che l´onorevole Tredicine vorrebbe addirittura legalizzare istituendo l´albo dei centurioni, con tanto di patente perché «davanti alla gens abusiva o si abolisce la gente o la si costringe dentro una norma».
Dunque quando arriviamo è tutto un parlottare fitto, rotto da imprecazioni per «i mancati guadagni» . In via del Corso hanno fermato e frugato pure il solito finto mimo che ogni mattina si traveste da Papa, una lunga tonaca bianca, un cappello da pontefice, cerone sul viso, un ombrello rotto impugnato come tiara. Fa la parodia al camice, al lamitto, al cingolo, alla tola, a quell´indossare Cristo, in persona Christi, su cui Benedetto XVI ha tenuto dottissime lezioni di catechesi.
A Castel Sant´Angelo i centurioni non sono previsti. Si muovono in squadre e devono rispettare la zona assegnata dal racket. Se dunque vi capita di incontrare un antico romano solitario, vuol dire che sta abusando degli abusivi, i quali sono tutti parenti, come nelle cosche a Corleone.
E però oggi cercano spazio anche a Castel Sant´Angelo e dunque vengono affrontati dai mimi, dalle statue viventi: quello che finge di essere la morte e ogni tanto tocca con la falce la nuca di un passante, e quell´altro che fa il Tutankamen anche se di profilo, sotto la tunica gialla, non riesce a nascondere la pancia a pera, da vero faraone. Due legionari e una matrona arrivano «come i martiri nella fossa dei leoni» sospira uno di loro. Ma la poesia finisce subito: «Qui ci menano». Parte il primo coro: «Farabutti». Segue: «Mascalzoni». E naturalmente: «Dovrebbero mettervi in galera». Ma su tutto trionfa: «Vaff...». E, infatti, rinculano i gladiatori perché qualcuno vuole chiamare i vigili.
Al Colosseo, invece, i vigili sono sparsi nel piazzale, tutti in borghese e si capisce che vorrebbero impartire un´altra lezione di modestia ai figuranti che si lanciano occhiate inquiete e segni di intesa. Un centurione mi dice che solo grazie a loro «qui è una fiera, una festa, un´allegria» . La mattina lui e Giorgia si muovono dal Laurentino, e c´è chi viene dalla Garbatella e chi dal Prenestino, ma è dalla zona Est di Roma che riparte il sogno dell´Impero. E vogliono l´albo perché, ha detto il consigliere Tredicine, «hanno diritto alla dignità del lavoro». Del resto tre anni fa l´allora vicesindaco Mauro Cutrufo voleva coprire di tende tutto lo spazio e organizzare l´animazione in costume, una specie di Disneyland della Roma antica.
E meno male che il Colosseo resiste a tutto, è uno dei ruderi più solidi al mondo. Ma l´estetica del marasma squacquarato, il monumento che non è mai baciato dalle luci giuste, l´assedio delle bancarelle di rosari profumati e di piccoli Berlusconi di gomma, il disordine della truffa con solo quattro custodi per turno, questo carnevale che offende le vestigia, e i tubi Innocenti che chiudono il primo piano come fosse una gabbia per galline …, insomma tutto l´orribile kitsch dimostra l´eternità della pietra ma l´oltraggia peggio della demolizione.
I tubi Innocenti sono inspiegabili se non come grottesco pendant dei legionari panciuti. Stanno li, provvisori da circa trent´anni, da quando furono montati contro gli "urtisti", i venditori ambulanti che allora avevano un tale forza d´urto - perciò si chiamavano urtisti - da penetrare nell´anfiteatro. Da tre anni è pronto il progetto per la cancellata di ferro ma Sovrintendenza e Comune non sono d´accordo sul disegno, sulle proporzioni armoniche.
L´imprenditore Diego Della Valle che si è impegnato a finanziare restauro e gestione del Colosseo (25 milioni) dice di volerne fare un business moderno e una vetrina di definitiva eleganza. Per l´Italia è un esperimento, ed è una grande occasione per lui: da sola vale una vita. Il mondo intero lo aspetta. Il Colosseo è Memoria universale e chiunque dovrebbe entrarvi in punta di piedi, anche la famiglia Tredicine, il sindaco Alemanno e tutte le loro clientele di centurioni con le scope in testa.