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 2012  marzo 14 Mercoledì calendario

ALLA FIERA DEL DIGITALE ANCHE I SENZATETTO WI-FI

Non sai cosa regalare a un amico che festeggia il suo compleanno? La società Imply Labs ha creato «Give Em This», un sistema che ti aiuta nella ricerca analizzando il profilo del tuo amico su Facebook e sugli altri «social network». L’applicazione identifica una lista di possibili regali e ti indica anche quelli che, reperibili sul catalogo di Amazon, possono essere acquistati e spediti con un click. È una delle idee che in questi giorni animano South by Southwest, il festival delle «start up» tecnologiche (meglio noto con la sigla SXSW) che ogni anno si tiene ad Austin, nel Texas.
Le aziende della Silicon Valley, che alla fiera di gennaio a Las Vegas presentano i loro nuovi «gadget» elettronici, due mesi dopo vengono nella città delle università e del polo tecnologico del Texas, per presentare i loro software più innovativi. Sei anni fa è qui che ha fatto il suo esordio Twitter. E ad Austin si è presentata per la prima volta al pubblico anche Foursquare, un altro campione delle applicazioni digitali per le reti sociali che ha il suo cuore non nella celebre valle californiana ma a New York.
Anche quest’anno la fiera texana è piena di proposte e suggestioni che colpiscono la fantasia e provocano anche qualche reazione di rigetto per l’utilizzo sempre più massiccio dei dati e delle informazioni personali che circolano nelle reti sociali, con i conseguenti, inevitabili problemi di tutela della «privacy».
Ma in questi giorni i riflettori dei media, anziché sulle novità tecnologiche e sui dibattiti politici come quello sulla battaglia del «copyright» condotto da Al Gore e da Sean Parker (un ex vicepresidente degli Stati Uniti e un ex presidente di Facebook) si stanno concentrando sul caso dei 13 «homeless» trasformati in antenne wi-fi viventi dalla Bbh, una società di comunicazione e pubblicità di New York che dice di fare, in questo modo, beneficenza per i senzatetto.
Clarence, un nero di New Orleans rimasto senza casa dopo l’uragano Katrina, è diventato il testimonial dell’iniziativa sperimentata in questi giorni proprio nelle strade di Austin. Gli homeless hanno in tasca un ripetitore per comunicazioni senza fili e indossano una maglietta sulla quale, oltre al loro nome, è scritta la password necessaria per connettersi alla rete 4G. Chi ha bisogno di una connessione ad alta velocità si avvicina all’uomo-antenna, digita il codice e si connette.
Donando, se lo ritiene, qualche dollaro all’organizzazione degli homeless attraverso il sistema di pagamento digitale PayPal (tariffa consigliata: 2 dollari per una connessione di 15 minuti via smartphone, iPad o pc).
«È inaccettabile la trasformazione dell’essere umano in pura infrastruttura tecnologica», insorge sul Washington Post Susan Brooks Thistlethwaite, una studiosa di teologia che lavora come analista al Center for American Progress, celebre think tank della sinistra liberal americana.
Ma i dirigenti di Bbh, che si considerano dei filantropi oltre che dei seri professionisti, ribattono di aver varato un’iniziativa di solidarietà che proietta nell’era digitale la vecchia esperienza dei «giornali della solidarietà» come Front Step: riviste realizzate dagli homeless e distribuite sui marciapiedi per sensibilizzare l’opinione pubblica e raccogliere un po’ di soldi senza chiedere esplicitamente l’elemosina.
Impossibile, per loro, convincere la Brooks, secondo la quale Moody Roark, il senzatetto-poeta che redige e distribuisce Streetwise Chicago, non può essere paragonato all’uomo-antenna Clarence. Ma Bbh replica che i poveri hanno venduto per decenni i giornali in strada e aggiungono che, almeno per l’ambiente, è meglio distribuire servizi digitali che oggetti materiali che poi andranno smaltiti o riciclati.
Una riproposizione esasperata di un conflitto di culture che, negli stand di SXSW, fa capolino anche quando varie «start up» presentano le loro «social discovery apps»: altre applicazioni basate sui profili individuali che gli utenti creano in Facebook. Ma qui, anziché cercare il regalo ideale, si punta a obiettivi più ambiziosi: abbinate al sistema Gps di localizzazione, queste «apps» avvertono l’utente quando nello stesso ambiente o nelle vicinanze c’è una persona che, in base ai dati delle reti, sembra avere caratteri o gusti simili ai suoi.
Un’invasione della privacy che ha provocato la reazione diffidente e irritata anche di molti fan delle nuove tecnologie. Gli sviluppatori cercano di calmare gli animi promettendo discrezione e meccanismi di tutela contro gli abusi. In ogni caso, la strada sembra segnata, anche perché dietro c’è la spinta dell’interesse commerciale: «Si comincia con la compatibilità tra due persone — dice il titolare di una di queste start up — ma il passo successivo è la compatibilità tra una persona e un marchio».
Massimo Gaggi