R. Boc., Il Sole 24 Ore 13/3/2012, 13 marzo 2012
L’ISTAT CERTIFICA: ITALIA IN RECESSIONE NEL 2011
L’Istat conferma: nel quarto trimestre del 2011 il prodotto si è contratto dello 0,7% rispetto al trimestre precedente e dello 0,4% rispetto allo stesso trimestre del 2010 e poiché si tratta del secondo dato consecutivo di flessione del Pil il Paese si trova a tutti gli effetti in recessione. L’Istat ha tuttavia rivisto al rialzo la stima preliminare per il 2011: il prodotto interno lordo è cresciuto dello 0,5% (dal +0,4% previsto). La crescita acquisita per il 2012 è pari a -0,5% . L’esame di dettaglio dell’ultimo periodo del 2011 mette in evidenza che nel quarto trimestre del 2011 tutte le componenti della domanda interna sono risultate in diminuzione su base congiunturale. Le importazioni si sono ridotte del 2,5% e le esportazioni sono rimaste stazionarie. La domanda nazionale al netto delle scorte ha sottratto un punto percentuale alla crescita del Pil (-0,4 i consumi delle famiglie, -0,1 la spesa della PA e -0,5 gli investimenti fissi lordi). Anche la variazione delle scorte ha contribuito negativamente alla crescita del Pil (-0,4 punti percentuali), mentre il contributo della domanda estera netta è stato positivo per 0,7 punti percentuali. Dal lato dell’offerta, si rilevano andamenti congiunturali negativi per il valore aggiunto dell’industria (-1,7%) e dei servizi (-0,1%), mentre il valore aggiunto dell’agricoltura è aumentato dello 0,5 per cento.
Secondo gli esperti di Prometeia anche se l’effetto di trascinamento statistico sul 2012 è stato lievemente ritoccato al rialzo (nella stima flash si parlava di -0,6%, ndr) il "destino" congiunturale dell’anno in corso è stato già in qualche modo compromesso da una dinamica particolarmente infelice dei mesi di gennaio e febbraio: «Secondo i nostri calcoli – osserva infatti l’economista Stefania Tomasini – il Pil nel primo trimestre del 2012 potrebbe subire una contrazione trimestrale superiore a quella dell’ultimo scorcio del 2011 e intorno allo 0,9 per cento». Ce n’è quanto basta, insomma, per confermare quella stima della flessione del Pil pari all’1,6 per quest’anno formulata dal centro studi bolognese. «Del resto – aggiunge Tomasini – noi continuiamo a contare sulla sostanziale tenuta dell’export. Ma la domanda interna resta debole, anche perché sinora le maggiori imposte contenute nella manovra hanno inciso negativamente soltanto attraverso le aspettative. Ma nel corso dell’anno si materializzeranno e si faranno sentire sul reddito disponibile». Del resto, che la domanda sia debole e che le famiglia stiano già da tempo tirando la cinghia rendendo molto frugali i propri consumi sono in molti ad evidenziarlo. Così un report di Intesa Sanpaolo dedicato al settore agroalimentare segnala che caro-benzina, trasporti, energie e pressione fiscale limano all’osso i budget delle famiglie. E, dato che i consumi si riducono ancora, come spesa pro-capite siamo tornati ai livelli di 30 anni fa. Nel 2011, infatti, gli italiani hanno tagliato la spesa per cibi, bevande e tabacco dell’1,5%. «Si deve tornare ai primi anni ’80 per scendere sotto i 2.400 euro annui destinati al comparto agroalimentare» dice il rapporto presentato ieri a Firenze «Si tratta in parte di un trend strutturale, legato al minor consumo di alcune voci (come il tabacco) ma che segnala anche le evidenti difficoltà del consumatore italiano che, a fronte delle tensioni sul mercato del lavoro e del reddito disponibile, riduce ulteriormente gli sprechi e modera gli acquisti anche in un comparto dai bisogni poco comprimibili come l’alimentare».