Davide Colombo, Giorgio Pogliotti, Il Sole 24 Ore 13/3/2012, 13 marzo 2012
ARRIVA L’ASSICURAZIONE SOCIALE PER L’IMPIEGO, IL TETTO A 1.119 EURO
Si chiamerà assicurazione sociale per l’impiego (Aspi) il nuovo ammortizzatore sociale che il Governo introdurrà per garantire un’integrazione al reddito per tutti i lavoratori dipendenti del settore privato e per i dipendenti con contratto a termine del settore pubblico. Un sussidio unico, cui si arriverà con una gradualità molto stretta a partire dal 2013 per raggiungere il nuovo regime entro il 2015 e che manda in pensione le indennità di mobilità, gli incentivi di mobilità, la disoccupazione per apprendisti, e tutte le altre forme di indennità introdotte con il lungo regime delle deroghe.
Stando allo schema che è stato presentato ieri alle parti sociali – di cui oggi si dovrebbero conoscere maggiori dettagli – per i lavoratori fino a 39 anni a partire dal 2013 la mobilità sparirà (oggi è garantita per 12 mesi) per lasciare il posto al nuovo ammortizzatore la cui durata è iniziale sarà di 8 mesi per poi salire gradualmente a 12 mesi al 2016. I lavoratori tra 40 e 49 anni (che oggi possono contare su una mobilità di 24 mesi) mantengono 18 mesi di mobilità per il 2013 ma dal 2014 avranno l’Aspi che coprirà fino a 12 mesi nel 2016. Per i lavoratori di 50-54 anni (oggi copertura 36 mesi) si conferma la mobilità ma solo per 30 mesi (nel 2013), 24 mesi (nel 2014) e 18 mesi (nel 2015), mentre dal 2016 avranno l’Aspi per 12 mesi. Oltre 55 anni 30 mesi di mobilità (2013), che scendono a 24 mesi nel 2014 e diventano 18 mesi nel 2016. Per i lavoratori del Mezzogiorno il decalage sarà più lento.
Il nuovo ammortizzatore «universale» si affiancherà al sistema della cassa integrazione, che dovrebbe rimanere così com’è, per quanto riguarda la cassa integrazione ordinaria (per le crisi congiunturali) mentre dovrebbe restringersi per la cassa integrazione straordinaria, cui le imprese accedono per situazioni di crisi strutturale o per affrontare fasi di ristrutturazione o riconversione. Alla Cigs non saranno più ammesse le richieste per cessazione di attività e, in generale, i criteri di assegnazione diventeranno più rigorosi. In una prospettiva piuttosto breve, stando alle intenzioni del Governo, dovrebbero poi uscire di scena i pre-pensionamenti, cui in molti casi venivano collegati periodi rinnovati di cassa integrazione straordinaria e o di mobilità.
Tornando all’Aspi, essa prevede requisiti piuttosto flessibili di ammissione: per accedere al sostegno si ipotizzano due anni di anzianità assicurativa e almeno 52 settimane di lavoro nell’ultimo biennio mentre l’assegno sarebbe di circa 1.119 euro (tetto massimo), con un abbattimento del 15 per cento dopo i primi sei mesi e di un ulteriore 15 per cento dopo altri sei mesi. Stando a una prima lettura dei sindacati l’Aspi sarebbe più conveniente rispetto al sussidio di disoccupazione ma meno conveniente della mobilità, che garantisce fino al 100% della busta nei primi mesi per poi fermarsi all’80%. Infine l’aliquota contributiva: sarà dell’1,3% per i contratti a tempo determinato e flessibili cui si aggiungerà un altro 1,4 per cento (per un totale del 2,7%) per i contratti a tempo indeterminato.
Ieri il ministro del Lavoro, che ha riferito alle parti sociali la volontà del Governo di chiudere la concertazione entro la fine della prossima settimana e quella di far partire il nuovo assetto delle tutele entro il 2015, ha confermato che la base su cui reggerà il sistema resta assicurativa. Le risorse necessarie per il passaggio al nuovo modello saranno individuate e avranno fonti di finanziamento «strutturale» ma, appunto, serviranno solo per integrare un sistema che dovrà stare in piedi da solo. Solo oggi, con il documento che verrà inviato a sindacati e imprese, si avranno conferme anche sulle platee dei potenziali beneficiari del nuovo sistema di tutele; si capirà se verranno confermati i 12 milioni di lavoratori dipendenti del privato (e quale aliquota di precari) cui si aggiungono a questo punto una parte dei circa 300mila «flessibili» della Pa centrale e periferica.