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 2012  marzo 13 Martedì calendario

"Monti una persona degna e Berlusconi non ha fatto la fine del mio Caimano" – «Negli ultimi tempi qualcuno mi ha detto che con Il Caimano ho scritto in anticipo la sceneggiatura dell´Italia - racconta Nanni Moretti - ma in realtà quel film era nato dalla semplice osservazione della realtà, dalle continue offese di Berlusconi alla magistratura e da un clima terribile tra le istituzioni che ancora oggi non si capisce come il Paese abbia potuto tollerare

"Monti una persona degna e Berlusconi non ha fatto la fine del mio Caimano" – «Negli ultimi tempi qualcuno mi ha detto che con Il Caimano ho scritto in anticipo la sceneggiatura dell´Italia - racconta Nanni Moretti - ma in realtà quel film era nato dalla semplice osservazione della realtà, dalle continue offese di Berlusconi alla magistratura e da un clima terribile tra le istituzioni che ancora oggi non si capisce come il Paese abbia potuto tollerare. Insomma non sono stato un veggente, ho solo guardato con attenzione e spesso sgomento a quello che succedeva in Italia». L´uscita di scena dalla politica di Berlusconi in realtà è stata meno rumorosa di quella immaginata nel finale del Caimano, con il Palazzo di giustizia in fiamme e gli scontri di piazza. «Ma io in quella scena non immaginavo la sua uscita di scena politica, immaginavo gli effetti di una sua condanna. E quella condanna ancora non c´è stata. Però ci sono state prescrizioni, ci sono processi in corso, fu amnistiato per falsa testimonianza sulla P2. Ma questo è stato sempre dimenticato da tutti, come se nulla fosse successo. Mentre all´estero se un ministro non paga i contributi alla colf è costretto a dimettersi. E io continuo a non capire perché in Italia questo non debba accadere». Non lo capisce ma come se lo spiega? «Me lo spiego pensando che da circa vent´anni a questa parte nel Paese manca una vera opinione pubblica. Dieci anni fa iniziammo il movimento dei "girotondi", con l´idea di rivolgerci a tutti e di presidiare fisicamente dei luoghi che consideravamo sotto la minaccia del Presidente del consiglio. Dal ministero della Pubblica istruzione al Palazzo di giustizia. Però l´intento di rivolgersi a tutti, non solo alle associazioni o allo spontaneismo della sinistra, non riuscì. Non eravamo opinione pubblica, eravamo una parte. Invece negli altri Paesi, penso all´Inghilterra, alla Francia, alla Germania, se le istituzioni vengono offese o attaccate, la reazione è sempre di tutti. Ma del resto da quando Berlusconi ha iniziato a occuparsi di politica, anche il clima tra normali cittadini che votano uno a destra e l´altro a sinistra si è inquinato. Una volta tra uno della Dc e uno del Pci si discuteva, poi è stato solo odio e livore». A questa accusa Berlusconi in verità ha sempre ribattuto dicendo di essere stato demonizzato per primo. «Sì certo, ne ha dette tante, mica solo quella. L´odio per i comunisti - ammesso che nel 1994 in Italia ce ne fossero ancora molti - mi risulta se lo sia inventato lui. E comunque con Berlusconi non si sbaglia, col passare degli anni è sempre peggiorato, i suoi toni, i suoi ministri, le sue offese, un vero crescendo». Ha vissuto il cambio di governo come una liberazione? «Io posso anche non essere d´accordo con alcune scelte del governo Monti, però ora siamo rappresentati degnamente, ai ministeri ci sono donne e uomini competenti, mentre prima c´erano ministri come Bossi che invocavano l´uso dei fucili da vent´anni, o che alzavano il dito medio. Un gesto che io continuo a considerare di una violenza inaudita e del tutto inaccettabile. E che invece l´Italia ha inspiegabilmente sopportato». Considera definitivamente chiuso quello che è stato ribattezzato il ventennio berlusconiano? «No perché ancora non si può dare per scontato che Berlusconi non si ripresenti. E comunque è sbagliato definirlo ventennio perché in realtà gli anni sono stati 17 o poco più e anche perché in quegli anni per due volte al governo è andato il centrosinistra. Dimenticandosi di fare una legge sul conflitto d´interessi». La vittoria dell´Ulivo del 1996 è stata raccontata anche nel suo film Aprile, cosa resta di quella breve stagione politica? «A me resta soprattutto una sensazione di rabbia per un governo che era popolare nel Paese e che invece fu costretto a dimettersi perché da sinistra gli tolsero i voti. Bertinotti in nome dei lavoratori che diceva di rappresentare tolse la fiducia a Prodi e, secondo me, di fatto fece perdere 10 anni a questo Paese. Sono convinto che se Prodi avesse resistito poi Berlusconi non avrebbe avuto vita così facile nel riprendersi la maggioranza e il destino politico dell´Italia sarebbe stato diverso». Non si sa come sarebbe andata però si sa che Bertinotti quella scelta l´ha pagata uscendo di scena di lì a poco. «Ci mancava anche che restasse sulla scena». Giovanni Egidio