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 2012  marzo 12 Lunedì calendario

Da Andreotti al Cav, la carica dei 101 nel tritacarne per il reato che non c’è - Il «virus giudiziario» creato in laboratorio ne ha fatti di dan­ni

Da Andreotti al Cav, la carica dei 101 nel tritacarne per il reato che non c’è - Il «virus giudiziario» creato in laboratorio ne ha fatti di dan­ni. Nell’ultimo quarto di seco­lo, il concorso esterno in associa­zione mafiosa, un reato che «non esiste» (Giuliano Pisapia, novem­bre 1996), è servito solo a stronca­re carriere e isolare uomini politi­ci (Emanuele Macaluso, giugno 2000). Percentualmente più nel centrodestra, ma anche a sinistra non mancano casi eclatanti. Quelli censiti sono 101, ma la li­sta è interminabile. Tra i big Giulio Andreotti, Silvio Berlusconi, Mar­cello Dell’Utri, Calogero Manni­no, Antonio Gava (pure risarcito per ingiusta detenzione), Carme­lo Conte, Nicola Cosentino, Corra­do Carnevale, Bruno Contrada, Mario Mori e decine e decine di al­tri sono passa­ti per le for­che caudine di una legge «bastarda» da cui sem­bra quasi impossibile sfuggire. E dentro ci sono caduti tutti: politici, giu­dici, magistrati, prefetti, sbirri. Qualche esempio: oltre al Cavaliere c’è la nota vicenda del Divo Giulio a cui è andata pu­re peggio: a processo ad­dirittura per associazio­ne mafiosa, dopo l’inizia­le contestazione di con­corrente esterno. Com’è finita, lo sanno tutti. Un altro dc: Calogero Manni­no. Sbattuto in galera e, dopo un tira e molla tra appello e Cassazione, arriva la sen­tenza che lo scagiona. Un verdetto che fa scuola sul tema dei rapporti tra politica e mafia. Totò Cuffaro è invece in galera per favoreggia­mento aggravato, dopo una con­danna a sette anni, anche se l’ini­ziale accusa di concorso esterno è caduta. E don Antonio Gava? Dopo 12 anni di processi, i giudici ammet­tono: i pentiti Alfieri e Galasso han­no detto il falso. Idem per Carme­lo Conte, ex potente ministro so­cialista delle Aree urbane. Il suo compagno di partito, Giuseppe Demitry, ex sottosegretario negli anni Ottanta e Novanta, s’è visto annullare senza rinvio la condan­na dalla Cassazione solo nel 2003. Incappati incidentalmente nel concorso esterno anche l’ex sena­tore Pietro Fuda e Nino Strano. La lista delle assoluzioni e dei proscioglimenti è infinita:l’ex sot­tosegretario Santino Pagano, l’ex leader del Garofano Giacomo Mancini, l’ex presidente della Ca­labria Agazio Loiero, l’ex europar­lamentare Francesco Musotto, Pi­no Giammarinaro, David Costa, Filiberto Scalone, Gaspare Giudi­ce, l’ex sottosegretario alla Giusti­zia Salvatore Frasca, Sisinio Zito, Paolo Del Mese, l’ex sindaco di Pi­gnataro Maggiore Giorgio Ma­gliocca, il senatore Pdl Sergio De Gregorio, gli ex deputati regionali siciliani Nino Dina, Salvatore Cin­tola, Nino Amendolia, l’ex vicepre­sidente della Sicilia Bartolo Pelle­grino. Peggio è andata al defunto ex senatore Francesco Patriarca (9 anni), a Gianfranco Occhipinti (4 anni), a Franz Gorgone (7 anni, è in carcere), a Giancarlo Cito (4 anni), a Roberto Conte (4 anni) e a Vincenzo Inzerillo (5 anni e 4 me­si) e tantissimi altri consiglieri co­munali, provinciali, regionali. Posti in piedi nell’affollato lim­bo dove si aggirano quelli ancora indagati: si va dall’ex ministro Sa­verio Romano all’ex sottosegreta­rio Nicola Cosentino, al governa­tore della Sicilia Raffaele Lombar­do ( con fratello),al senatore Anto­nio D’Alì (caso folle, più unico che raro: dopo ben due richieste di ar­chiviazione i pm hanno cambiato idea, chiedendo il rinvio a giudi­zio!), all’avvocato Nino Mormino (storico difensore di Marcello Del­­l’Utri, già archiviato nel 1995), al­l’ex assessore comunale di Paler­mo Mimmo Miceli (che attende un nuovo processo d’Appello). Che dire, poi, del presidente del Senato Renato Schifani indagato secondo il settimanale l’Espresso ma non per la procura di Palermo che ha smentito l’iscrizione sul re­gistro degli indagati. E, nel mare magnum del reato che non esiste, finirono nel 1994 pure Vittorio Sgarbi e Tiziana Maiolo – all’epo­ca deputati – prosciolti in un’in­chiesta partita dalle sballate di­c­hiarazioni del pentito ’ndranghe­tista Franco Pino. A finire nel trita­carne, molto spesso, sono state an­che le toghe: di Corrado Carneva­le si sa di tutto e di più. Il giudice ammazza-sentenze s’è ripreso la sua personale rivincita dopo un decennio di fango. Ma chi ricorda Ciro Demma, Giuseppe Prinzival­li, Pasquale Barreca, Carlo Aiello, Mario Pappa, Giacomo Foti, Anto­nio Pelaggi, Giovanni Lembo? Tut­ta gente indagata e, in alcuni casi, finanche arrestata per concorso esterno. Pure il pm di Brescia Fa­bio Salamone, l’anti-Di Pietro, si ritrovò tra le mani un avviso di ga­ranzia per lo stesso genere di accu­se. E che dire degli sbirri e dei cara­binieri che, dopo aver lottato con­tro la Piovra, come ricompensa si sono ritrovati alla sbarra? La bastonata più dura è andata a un poliziotto esemplare come Bruno Contrada in tandem con quel galantuomo di vicequestore di Ignazio D’Antone. Condanna­to il primo sulla base delle parole (mai, dicasi mai, riscon­trate) dei pentiti, detenu­to a lungo il secondo a Santa Maria Capua Vete­re. Ci sono poi Mario Mo­ri k­e l’ex capo del Ros Anto­nio Subranni. Ai tempi fu processato e assolto il tenente Car­melo Canale, collabora­tore di Borsellino, cogna­to del maresciallo Lom­bardo morto suicida per le vigliacche e false insi­nuazioni sul suo conto mentre stava per riporta­re in Italia il boss Badala­menti. Le eccellenze del­l’Arma dei carabinieri sotto pro­cesso come i mafiosi cui davano la caccia. E tutto per un reato autono­mo, a cui non crede più nessuno (pg Francesco Iacoviello, marzo 2011). Va detto che il concorso esterno è stato contestato anche a Massimo Ciancimino, figlio di Vi­to, l’ex sindaco mafioso di Paler­mo jr. Il che è tutto dire.