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 2012  marzo 12 Lunedì calendario

Le «grane padane» della Lega: una crepa da Verona a Milano - Tira e molla da mesi, la chiusura delle liste per le Comu­nali di primavera si avvicina ma su Verona, al momento il più cal­do fronte bellico leghista, non c’è una decisione

Le «grane padane» della Lega: una crepa da Verona a Milano - Tira e molla da mesi, la chiusura delle liste per le Comu­nali di primavera si avvicina ma su Verona, al momento il più cal­do fronte bellico leghista, non c’è una decisione. Tosi vuole an­dare al voto con una sua civica (c’è già il logo, quello del 2007) appoggiata dalla Lega ma distin­ta, però c’è un piccolo dettaglio, Bossi non è d’accordo. Niente di nuovo, ma periodicamente la po­lemica riscoppia. E mentre nel Carroccio sono sopite (addor­mentate, non risolte) le beghe al­la Camera, grazie al distacco da Berlusconi e la battaglia contro Monti che è condivisa da tutti, lo scontro si sposta sul locale, in pri­mis il Veneto, ma subito dopo la Lombardia (mentre in Piemonte è stato rieletto segretario Rober­to Cota, senza problemi). Il nodo più urgente è quello di Tosi. Il ca­po ha ribadito la linea: «Se fa una lista sua, Tosi si mette automati­camente fuori dalla Lega». Il sin­daco di Verona vuole la lista sua non per protagonismo, ma per raccogliere - con sondaggi fatti vedere a Bossi, incontrato in via Bellerio - anche i voti dei verone­si non leghisti, dunque una ricon­ferma sicura. Il no arriva dal capo ma soprat­tutto dal suo luogotenente vene­to, Gian Paolo Gobbo, segretario della Lega veneta e nemico di To­si. Perché il capo dei leghisti ve­neti mette il veto sulla lista Tosi? Il sospetto dei maroniani e tosia­ni è che la ragione vera vada cer­cata nel congresso nazionale ve­neto che dovrà tenersi entro giu­gno, e che dovrà eleggere il nuo­vo segretario regionale («nazio­nale » in linguaggio leghista). Se Tosi dovesse stravincere le comu­nali con una lista sua, avrebbe la strada spianata anche per la se­greteria veneta, e questo non lo vuole Gobbo ma neppure Bossi, che non ama «quelli che fanno ca­sino », come disse una volta rife­rendosi proprio al veronese. Che però ha la maggioranza leghista dalla sua a Verona, dove da qual­che giorno - come racconta il quotidiano online L’indipenden­za - sono comparsi manifesti di sei metri per tre con lo slogan «Flavio Tosi, il nostro sindaco». Il veto su Tosi ha dei preceden­ti nella Lega? Secondo Luca Zaia, altro big veneto, sì, e riguarda proprio lui. Nel febbraio 2002 Za­ia ­iniziò la campagna per la presi­denza della Provincia di Treviso con una lista che si chiamava «Za­ia », ma quella lista si trasformò poi in «Forza Marca». «Perciò ­ha spiegato il governatore leghi­sta ad una tv veneta - il limite po­sto a Tosi nel nostro movimento non è una novità». Come dire, se non l’hanno fatta fare a me la civi­ca, Tosi si metta l’anima in pa­ce... E nel frattempo non si è tro­vata ancora una data per il con­gresso nazionale, ma solo per i provinciali. Bobo Maroni sta con Tosi, e l’ex ministro è attivissimo in que­sti ultime settimane, con una me­dia di incontri pubblici da mara­toneta. Anche se, tra gli stessi ma­roniani, il dichiarazionismo di Maroni (su Facebook ma non so­lo) ha fatto storcere qual­che naso. «Commenta tutto, anche troppo - sussurra un ma­ronita al cento per cento - perché parlare sulla Tav? Lo lasci fare al governo. E so­prattutto chi gliel’ha fatto fare di spendersi per Davide Boni (il pre­sidente del consiglio lombardo, indagato, ndr )? Metti che poi si scopre qualcosa per davvero?». Il distacco da Berlusconi ha placato le guerre interne, che ruo­tavano spesso attorno all’allean­za difficile con il Pdl. Ma Bossi e Maroni restano orientati diversa­mente su molti dossier leghisti. Uno di questi riguarda l’«uso» di Tremonti, che è amico di Bossi e che il capo guarda come ad un fu­turo «ministro dell’Economia» leghista, da spendere anche in Europa dove la Lega ha poco ap­peal. Ma Maroni non è dello stesso avviso, anche perché non vuole un altro galletto nel pollaio leghi­sta (e la maggio­ranza dei militan­ti la pensa come lui su Tremonti). Progetti comun­que non a breve sca­denza, mentre le date ravvicinate sono altre, le am­ministrative soprattutto. Nella Lega sono convinti di non aver bi­sogno del Pdl, anche se Bossi si ri­serva la possibilità di decidere «eccezioni» alla corsa solitaria, e probabilmente non saranno po­che. L’altra scadenza è il congresso della Lega in Lombardia, fissato per il 3 giugno. Il segretario uscente, Giancarlo Giorget­ti, al secondo manda­to, non è interessato alla riconferma. I nomi in ballo so­no due: l’eurode­putato Matteo Salvini e Andrea Gibelli, vicepresi­dente della Regio­ne Lombardia. Altri tre nomi circolano per quella carica: Davide Capari­ni, Gianni Fava e Giacomo Stuc­chi ( Bergamo). Ma i voti dei dele­gati provinciali, che si stanno eleggendo in questi giorni e al­l’ 80 per cento sono maroniani, dovrebbero convergere sulla sfi­da Gibelli-Salvini. Il secondo è molto popolare e «barbaro so­gnante » (maroniano), mentre Gi­belli è un calderoliano, quindi né «barbaro sognante» né «cerchi­sta » (il famoso «cerchio magico» di consiglieri del capo, invisi alla base...). E proprio questa «neu­tralità » potrebbe risultare un as­so nella manica per l’elezione al­la carica (molto influente) di se­gretario della Lega lombarda.