Sergio Rizzo, CorrierEconomia 12/03/2012, 12 marzo 2012
GIUSTIZIA. UN RISARCIMENTO CHE SI E’ MOLTIPLICATO PER 25
Fosse un’azienda, correrebbe il rischio di dover portare i libri in tribunale. Ma quello che potrebbe accadere alla Provincia di Catania è già abbastanza grave.
Il presidente Giuseppe Castiglione è un politico di lungo corso: consigliere comunale a Bronte, consigliere e assessore regionale, Parlamento europeo e infine giunta provinciale. E nel centro dello schieramento politico italiano le ha provate quasi tutte: dalla Democrazia cristiana al Cdu di Rocco Buttiglione, all’Udeur di Clemente Mastella, per finire a Forza Italia e ora al Popolo della Libertà di Silvio Berlusconi e di Angelino Alfano. Una cosa del genere, però, non l’aveva mai vista.
Tuffo nel passato
Il 2 marzo un ufficiale giudiziario si è presentato nel suo ufficio per notificargli un atto di pignoramento per 23 milioni 285.682 euro e 39 centesimi. Lui è rimasto impietrito. Poi ha cominciato a fare i conti, arrivando alla conclusione che se dovesse pagare quella cifra, la Provincia sarebbe fuori da qualunque parametro di sostenibilità economica. Figuriamoci che fine farebbe il famigerato patto di stabilità…
Per dire come funziona la giustizia italiana, questa mazzata è la conseguenza di una storia cominciata addirittura quarant’anni fa, nel 1972. Così lontano che si fa fatica perfino a ricordare i volti dei personaggi che ne furono protagonisti. Il 16 ottobre di quell’anno, una settimana dopo che l’ultima 500 era uscita da una catena di montaggio della Fiat che l’avrebbe rimpiazzata con la 126, e giusto nove giorni prima che il campione del ciclismo Eddy Merckx battesse a Città del Messico il record dell’ora, l’assessore «all’economato e al patrimonio» (allora si chiamava così) della Provincia di Catania sottoscrisse un accordo con una società finanziaria, l’Istituto finanziario italiano (Ifi), che si era impegnato a concedere piccoli prestiti ai dipendenti dell’amministrazione provinciale, la quale avrebbe poi dovuto riversare allo stesso Ifi le trattenute sugli stipendi.
Nemmeno due anni dopo, nel maggio del 1974, saltò fuori che dei 1.318 prestiti che erano stati concessi, soltanto 187 erano veri. Gli altri 1.131 riguardavano persone inesistenti o dipendenti reali, ma che non avevano mai presentato la domanda. Una clamorosa truffa, della quale vennero riconosciuti responsabili due dipendenti della Provincia: la sentenza definitiva arrivò soltanto all’inizio degli anni Novanta. Intanto, era il 1984, l’Ifi aveva provveduto a citare per danni quei due signori in solido con la Provincia, per la somma allora ragguardevole di un miliardo 828 milioni 50 mila lire.
In ordine sparso
Nel 1991 la Provincia fu condannata in primo grado al pagamento di quei soldi. Ma cinque anni più tardi la Corte d’appello ribaltò la decisione. La Cassazione sconfessò nel 2000 parte della sentenza di secondo grado, rinviando di nuovo tutto alla Corte d’Appello. Che nel 2008 riformava la sua decisione di otto anni prima, stabilendo che toccava alla Provincia, in quanto contrattualmente responsabile, a corrispondere l’equivalente in euro di un miliardo 828.050 mila lire, rivalutata con gli interessi legali dal 1974. Altro ricorso in Cassazione, e a fine agosto del 2011 la parola fine anche da parte della Suprema corte. La Provincia deve pagare all’Ifi 23,3 milioni. Dopo 37 anni e un delirio di cause nelle quali sono stati tirati in ballo tutti, compresi gli eredi dei truffatori. I commissari dell’Istituto finanziario italiano, nel frattempo fallito, brindano. Per Castiglione, invece, cominciano i guai.
Sergio Rizzo