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 2012  marzo 12 Lunedì calendario

EURO. 500 MILIARDI AGITANO LA BUNDESBANK

Anche con una certa dose di ironia, Mario Draghi ha tenuto bassi i toni, giovedì scorso, durante la conferenza stampa della Banca centrale europea (Bce). Il contrasto con la Bundesbank e con il suo presidente Jens Weidmann, però, è ormai alla luce del sole e costituisce un problema che, se non risolto, potrebbe avere conseguenze serie per tutta l’Eurozona. Portare avanti la politica monetaria in una situazione di crisi grave e con l’opposizione della maggiore banca centrale dell’Eurosistema sarebbe pericolosissimo, soprattutto per le conseguenze che avrebbe: la Bundesbank è un pilastro portante della costruzione politico-amministrativa della Germana post-bellica, è molto rispettata e, se la vedesse isolata all’interno della Bce, l’opinione pubblica tedesca sicuramente reagirebbe male.
Diplomazia
Per questo, Draghi giovedì ha sostenuto di non ritenere la Bundesbank isolata e che, anche quando nella Bce sono venute alla luce opinioni diverse, non è mai stato un caso «di Bundesbank contro gli altri». Il fatto è che, di recente, le divergenze di opinione tra le due banche centrali che hanno sede a Francoforte si sono moltiplicate. E sono venute alla luce in una lettera dello stesso Weidmann a Draghi, pubblicata dal quotidiano Frankfurter Allgemeine Zeitung. Alcune sono ben conosciute: ad esempio il fatto che, secondo Weidmann, la Bce abbia accettato titoli di scarsa qualità come collaterali quando ha effettuato la seconda immissione di liquidità, per oltre 500 miliardi, nel sistema bancario europeo. Un’altra divergenza, però, è meno nota, è molto complicata ed è oggetto di discussione tra gli esperti: va sotto il nome di Target 2. Il fatto che ha sorpreso tutti è che Weidmann l’abbia citata nella lettera a Draghi, dal momento che, finora, la Bundesbank aveva sostenuto che non costituiva un problema.
Il Target 2 è la piattaforma tecnica di pagamento dell’Eurozona utilizzata per regolare le transazioni in euro tra le banche centrali nazionali. Dallo scoppio della crisi finanziaria, nel 2007, è successo che la Bundesbank ha accumulato, nel Target 2, 498 miliardi di crediti, la quasi totalità dei quali verso le banche centrali dei Paesi in difficoltà. Nel complesso, nel sistema si sarebbe creato uno sbilancio di circa 800 miliardi, di cui la gran parte è costituito da crediti della Germania e il resto da crediti di Paesi del Nord Europa: debitori, sono soprattutto i Paesi mediterranei (600 miliardi tra Italia, Spagna, Portogallo, Grecia e Irlanda). All’origine di questi sbilanci, i deficit dei conti correnti dei Paesi deboli con la Germania, il rimpatrio di fondi dai Paesi periferici effettuato dalle banche tedesche, una certa uscita di capitali dai Paesi mediterranei.
Studi
A portare alla luce questa situazione è stato, più di un anno fa, un importante economista tedesco, Hans-Werner Sinn. Messo sulla pista dall’ex presidente della Bundesbank Helmut Schlesinger, Sinn iniziò a studiare un numero che si trovava nelle statistiche della Bundesbank: in quel periodo indicava circa 300 miliardi, ma pochi erano in grado di spiegare di cosa si trattasse. Sinn studiò a fondo e alla fine lanciò l’allarme sullo sbilancio che si stava accumulando all’interno del Target 2 (da allora, il credito della Germania è salito a sfiorare i 500 miliardi). A quel punto iniziò un duro dibattito tra specialisti, tra gli altri la Bce e la stessa Bundesbank a sostenere che Sinn non aveva capito i termini della questione e che, in realtà, quel numero era solo un fatto contabile senza conseguenze nella realtà. In particolare, la gran parte degli esperti spiegava che non stava in piedi il caso avanzato da Sinn, cioè che se l’euro si fosse frantumato la Germania si sarebbe trovata con un credito inesigibile gigantesco, in quanto l’Eurosistema delle 17 banche centrali sarebbe saltato.
Fino alla settimana scorsa, però, la questione non aveva assunto una rilevanza pubblica e men che meno politica. È stato il fatto che Weidmann l’abbia sollevata a renderla improvvisamente di attualità. Da molti, sui mercati, il cambiamento di approccio del presidente della Bundesbank su una questione così controversa è stato interpretato come il desiderio di segnalare in modo sempre più forte la propria insoddisfazione per la politica condotta dalla Bce. Insoddisfazione che la Bundesbank aveva già espresso con le dimissioni del suo presidente Axel Weber la scorsa primavera e con le dimissioni di un suo uomo, Jürgen Stark, dal direttorio della Bce.
Ad aggiungere tensione al rapporto tra le due banche centrali di Francoforte, inoltre, c’è il problema del costo del denaro. Alcuni economisti tedeschi temono che la politica di bassi tassi d’interesse della Bce stia diventando pericolosa per la Germania. Nei giorni scorsi ha fatto rumore la vendita di appartamenti nella zona di Mitte a Berlino per 15 mila euro al metro quadro, cifra inimmaginabile fino a poche settimane fa per la capitale low-cost della Germania. Il timore è che in tutto il Paese il denaro a buon mercato stia creando bolle destinate prima o poi a scoppiare.
Il contrasto tra Weidmann e Draghi non è a 360 gradi. Ma dovrà essere tenuto sotto controllo. Una Bundesbank isolata sarebbe inaccettabile per una Germania già oggi poco entusiasta dell’euro.
Danilo Taino