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 2012  marzo 12 Lunedì calendario

2 articoli – LA «BRUSCA NOTTE» DI FRUTTERO - Lungo la linea di minor resistenza/ siamo in marcia da gran tempo, stanchi/ ormai, ingobbiti e tuttavia grati, nell’insieme

2 articoli – LA «BRUSCA NOTTE» DI FRUTTERO - Lungo la linea di minor resistenza/ siamo in marcia da gran tempo, stanchi/ ormai, ingobbiti e tuttavia grati, nell’insieme./ Di noi nessuno, credo, più ricorda quando cominciò, / né di dove, esattamente; un piccolo scarto forse,/ una prima deviazione a evitare vampe lontane,/ un tronco di abete o faggio a riparo, un muricciolo di pietre,/ la breve spada per tre quarti nel fodero, l’occhio attento,/ l’orecchio ben spalancato al fragore della battaglia/ laggiù. Non sempre era facile seguirla, la linea./ Spariva oltre un torrente ringhioso, si perdeva nell’incavo di fossi cari/ al crescione e a limacciose lumache senza guscio. O perché/ cadeva brusca la notte. Che fare adesso? Stavamo lì/ attorno a magri fuochi di sterpi, malamente accampati,/ inquieti, la paura come rugiada sui nostri mantelli./ L’alba svelava molteplici insidie/ ovvie a chiunque. Quel bosco troppo fitto troppo buio,/ quella gola tortuosa fra pareti di roccia, quel ponticello nudo e sottile/ sui risucchi del fiume, la palizzata sbilenca dall’aria indifesa,/ un convergere di uccelli neri sulla radura a oriente,/ l’ululìo di grossi cani tra ruderi anneriti…/ Avevamo imparato, ci tenevamo a distanza avanzando a ginocchi piegati,/ schiena curva, in silenzio. Ma la linea di minor resistenza…/ …ci sarebbe servita soprattutto nello smeraldo di un prato/ prima di metter piede su dolcissime chiazze/ di mughetti, di primule. Finalmente! Lo slancio/ era invincibile, ci lasciavamo cadere su quel manto a braccia aperte,/ lo sguardo ozioso, socchiuso, scivoloso/ su vaghe ramaglie musicali in un accenno di vento./ Api, anche. E una libellula incerta nel battito d’ali trasparenti./ Non sembra vero, diceva qualcuno. E infatti/ non lo era. In mezzo a noi languidi/ — appena un fruscio, un taglio nel bisso —/ precipitava il primo giavellotto. Il nemico era lì/ tutto attorno. Bisognava fuggire, ritirarsi, più di una volta/ combattere sopprimendo il tremito, richiamando l’impigrito furore/ a denti stretti, l’urlo pronto a scoppiare, il braccio/ mulinante a caso nella mischia. Belve, tutti. Carlo Fruttero IL BILANCIO DI UNA VITA DETTATO ALLA FIGLIA - Che cosa fosse veramente quella «linea di minor resistenza» che aveva in mente da anni, Carlo Fruttero l’ha capito solo negli ultimi tempi. Ce lo aveva raccontato due estati fa, nell’ultima intervista, sotto il portico della sua casa nella pineta di Roccamare. «Molti anni fa mi era venuta l’idea di questo titolo. Mi piaceva molto, avevo anche buttato giù tre o quattro versi, poi non seppi più che cosa volevo dire. Improvvisamente, un mese fa, senza ricordarmi più niente di allora, l’ho scritta. Insomma, ho capito che cos’è "la linea di minor resistenza". Credo, a questo punto, che rimarrà il mio ultimo scritto». E così è stato. Dettato d’un fiato alla figlia Carlotta, «in quaranta minuti» una mattina di maggio, il poemetto sulla vita e sulla morte di Carlo Fruttero esce a metà settimana dall’editore Gallucci, postumo, come aveva chiesto esplicitamente a Carlotta. Fruttero è scomparso il 15 gennaio scorso, a 85 anni, ma le riflessione sulla morte lo accompagnavano ormai da tempo, da quando aveva perso prima il suo compagno di scrittura, Franco Lucentini, con cui aveva lavorato per quasi quarant’anni, poi la moglie. I problemi di salute avevano cominciato a farsi sentire, a limitarne i movimenti e l’autonomia, senza tuttavia togliergli quello sguardo sul mondo che sapeva essere allo stesso tempo tagliente e leggero. «Quando mi disse: "Carlottina, vieni qui, porta il tuo strumento", non sapevo che cosa aveva in mente, pensavo a una lettera o a un articolo di costume, ma quando cominciò capii che si trattava di ben altro — ricorda la figlia —. Le parole gli uscivano rapide, una dietro l’altra, senza pause, senza incertezze. E via via prendeva forma una ballata lunga una vita, la sua vita». Poi le aveva spiegato: «Non ero mai riuscito a scriverlo, forse perché non era ancora il momento. Però mi devi promettere una cosa: lo farai pubblicare solo dopo la mia morte». Carlotta ha mantenuto la promessa, ma, spiega «per me era importante che lui vedesse come sarebbe venuto. E così è stato: papà ha visto, e approvato, tutto: l’impaginazione, gli acquerelli di Giuliano Della Casa». Leggendo questo testo, di cui qui accanto pubblichiamo le prime pagine, si capisce perché Fruttero abbia voluto che uscisse solo dopo la sua morte. Quella marcia che «dura da gran tempo», che ci vede «stanchi ormai, ingobbiti e tuttavia grati, nell’insieme» è la marcia dell’umanità, ma è soprattutto la sua, una lunga vita di battaglie, abbandoni, piaceri seguendo una direzione che spesso spariva, si perdeva. E pazienza se quella linea non esiste, se è solo un’invenzione, perché alla fine «non ha più molta importanza capire come ci siamo veramente arrivati, allo stagno color piombo là dietro». Allo stagno color piombo Fruttero è arrivato a modo suo, stanco e ingobbito e tuttavia «grato nell’insieme». Dopo aver dettato i modi del «funeral party» (niente fiori ma panini, spumante e i libri amati: Pinocchio, I promessi sposi e Le fiabe italiane di Calvino) ha dettato i tempi del suo ultimo scritto che, non è un caso, lo riporta là dove aveva cominciato: alla forma del poemetto. Nel ’71 era uscito il primo libro di F&L, L’idraulico non verrà: una quindicina di poesie, per lo più pop, scritte da Fruttero accanto a un poema didascalico di Franco Lucentini. Perché la linea di minor resistenza, in fondo, è circolare. Cristina Taglietti