Arturo Zampaglione, Affari & Finanza 12/3/2012, 12 marzo 2012
StarbucksNespresso, guerra all’ultima tazzina – I piani di battaglia sono stati definiti ad Amsterdam in occasione di un incontro top secret con 350 manager europei
StarbucksNespresso, guerra all’ultima tazzina – I piani di battaglia sono stati definiti ad Amsterdam in occasione di un incontro top secret con 350 manager europei. "Il nostro obiettivo è di accelerare la globalizzazione del gruppo", ha spiegato loro Howard Schultz, 58 anni, chief executive e maggiore azionista di Starbucks, la catena di caffè numero uno in America e nel mondo, "Vogliamo che il business all’estero passi dal 30 al 50% per cento del nostro fatturato". Come fare? Quali sono i piani di Schultz? Innanzitutto vuole aprire nuovi locali, in aggiunta ai 19mila già esistenti, con particolare enfasi sulla Cina e l’India ma anche sull’Europa. Punta sulle specificità nazionali di gusti e di cultura, senza imporre a tutti in modo indiscriminato il modello americano. E soprattutto intende sfidare apertamente la Nestlé, la più grande multinazionale dell’alimentazione: la Starbucks lancerà in autunno la "Verismo", la nuova macchina per le sue cialde Kcup, in concorrenza con la "Essenza" e le altre macchine a cialde della Nespresso, la consociata del gruppo svizzero. "Si aprirà una nuova era", promette Schultz, senza dilungarsi sulla dichiarazione di guerra contro la Nestlé. E non è un caso che la controffensiva parta proprio dall’Europa, dove la tradizione del caffè è più antica (basta pensare a Pietro Verri e alla rivista Il caffè lanciata alla fine del Settecento) e da dove è partita la rivoluzione delle cialde, ovvero del "caffè porzionato", che rappresenta l’aspetto più dinamico e promettente del mercato, soprattutto per i suoi margini molto più elevati. Una capsula con cinque grammi di caffè viene infatti venduta a cinque volte il prezzo di una quantità equivalente di caffè macinato. Schultz ha sempre avuto una particolare attenzione per l’Europa. Fu proprio durante un viaggio di lavoro a Milano nel 1983 che, sorseggiando un espresso in un bar, e rimanendone incantato, si convinse che gli americani erano pronti ad abbracciare un altro modo di consumare la bevanda. Così, rilevata la catena Starbucks di Seattle da Jerry Baldwin, che l’aveva fondata, moltiplicò il numero di locali, dotandoli di wifi, di quotidiani, di comode poltrone, in modo da rendere più invitante l’esperienza del caffè. Il successo fu immediato, a dispetto della qualità dei caffè che non è mai stata certo quella italiana. Mentre il fatturato cresceva e così anche le quotazioni a Wall Street, Schultz diventava ricco: l’ultima classifica dei miliardari pubblicata la settimana scorsa dalla rivista Forbes gli attribuisce un patrimonio di 1,5 miliardi. Ma invece di godersi questi soldi, saltellando tra la sua villa negli Hamptons e l’appartamento da 40 milioni a New York, continua a porsi nuovi traguardi, specie da quando nel 2008, dopo cinque anni di pausa, ha ripreso in mano la guida dell’azienda. E adesso nel suo mirino è finita la Nespresso. Leader incontrastata nel mercato del caffè solubile (Nescafé), la Nestlé imboccò quasi per caso la strada delle cialde. Fu un suo dipendente, Eric Favre, a inventare e brevettare per primo il sistema della porzione per singola tazza. Nel 1988 un altro manager, JeanPaul Gaillard, lanciò il mercato delle cialde che da allora, anche grazie a un’intensa azione promozionale e agli spot di George Clooney, è diventato uno dei settori più promettenti del business del caffè, dove rappresenta dal 20 al 40% dell’intero fatturato europeo del comparto (17 miliardi di dollari). Dal 2000 in poi la Nestlé, ora guidata dal fiammingo Paul Bulke, ha venduto 20 miliardi di cialde, conquistandosi una base di consumatori fedeli, pronti a pagare prezzi più alti della media pur di bere a casa un espresso decente. L’anno scorso la Nespresso ha avuto un fatturato di 3,8 miliardi di dollari, con un aumento del 20 per cento rispetto all’anno procedente. Ma inevitabilmente il boom della casa svizzera ha stimolato la concorrenza: tutti vogliono conquistare una fetta di un mercato in ampliamento, che vale già 8 miliardi di dollari all’anno. Alcune industrie e catene di distribuzione hanno cominciato a produrre cialde più economiche di quelle della Nestlé. Così ha fatto la Sara Lee, un altro grande gruppo alimentare americano. E così lo stesso JeanPaul Gaillard, che dopo aver gestito per dieci anni la Nespresso, si è messo in proprio lanciando Ethical coffee company, una società che vende capsule compatibili con le macchine della Nestlé, ma meno inquinanti: sono infatti biogradabili e non di alluminio. Finora Bulke e gli altri dirigenti della Nestlé di Vevey, in Svizzera, hanno risposto agli attacchi attraverso le vie legali. La multinazionale ha in mano 1700 brevetti in difesa del suo Nespresso e li ha fatti valere nei tribunali: prevalendo in quasi tutti i processi, ma senza assestare un colpo decisivo ai concorrenti. I quali continuano a sostenere che le loro cialde sono ben diverse dalle Nespresso: quelle della Douwe Egberts, una consociata olandese della Sara Lee, disponibili nei supermercati francesi, olandesi e belgi, sono costruite di plastica perforata, non di alluminio, e dal luglio scorso ne sono state vendute 30milioni. E’ chiaro che con l’imminente arrivo di Starbucks la guerra delle cialde subirà un’escalation, non fosse altro per l’esperienza degli americani, i mezzi a loro disposizione e le capacità di marketing. Schultz ha già introdotto nel novembre scorso le capsule Kcup negli Stati Uniti, dove sono state accolte con entusiasmo. In due mesi ne ha vendute più di 100 milioni. Finora venivano usate per gli apparecchi della Green mountain coffee roaster, l’azienda leader americana (4,2 milioni di "caffettiere" per cialde nell’ultimo trimestre). Ma giovedì scorso la Starbucks ha annunciato che venderà con il suo marchio nuove macchine prodotte dalla tedesca Krueger. Il traguardo? Diventare un "leader globale" nella categoria delle cialde. I titoli della Green Mountain sono crollati subito dopo l’annuncio. Ma come reagirà la NestléNespresso all’offensiva di Seattle? In parte cercherà di giocare d’attacco, senza restare sulla difensiva. I suoi prodotti sono già venduti da Bed Bath & Beyond e da altre catene commerciali americane. L’apertura di una quarantina di nuovi caffèboutique, come uno a Regent Street, nel centro di Londra, servirà a promuovere l’eccellenza del marchio. L’inaugurazione di un altro locale a San Francisco porterà la battaglia vicino alla Starbucks. Ma la guerra – secondo gli esperti – sarà lunga e cruenta. E chi spera che i consumatori possano avvantaggiarsene grazie a una flessione dei prezzi, rimarrà deluso. La battaglia della cialda avviene, infatti, in una situazione che vede i consumi in crescita, nonostante la crisi economica, e la produzione di caffè arabico in declino, anche per effetto dei cambiamenti ambientali. E lo scompenso tra domanda e offerta rischia di far ulteriormente lievitare i costi della tazzina. Arturo Zampaglione