Paolo Conti, Corriere della Sera 13/3/2012, 13 marzo 2012
ROMA —
Proprio nelle ore in cui i leader del Pdl e del Pd duellano apertamente sulla Rai, a Viale Mazzini il consiglio di amministrazione (uscente) tira un sospiro di sollievo: il giudice del Lavoro di Roma ha rigettato il ricorso d’urgenza presentato da Augusto Minzolini per il reintegro alla direzione del Tg1 dopo l’esonero di dicembre 2011. Ciò significa che il cda presieduto da Paolo Garimberti, e quindi il direttore generale Lorenza Lei, non dovranno affrontare la spinosa prospettiva (politica) di restituirgli il tg ammiraglio, ora nelle mani di Alberto Maccari.
E sono le stesse ore in cui l’universo Rai (11 mila e più dipendenti) attende segnali sul proprio futuro. Il ministro per lo Sviluppo Corrado Passera esclude che ormai ci siano «i tempi e i modi per arrivare a nuovi vertici Rai con una diversa governance. Alle nomine del nuovo Consiglio, tra un mese, si arriverà per definizione con l’attuale governance. Dopodiché sarà il presidente del Consiglio a decidere».
Le posizioni politiche, soprattutto dopo il duro confronto Alfano-Bersani, sono chiare. Il Pdl intende procedere al ricambio di Viale Mazzini seguendo la legge Gasparri. Il Pd insiste: se non cambiano i criteri, non parteciperemo alle nomine. Impossibile immaginare, al momento, un punto di contatto. Ma il tempo stringe. Alla fine di marzo, con ogni probabilità, il bilancio 2011 verrà approvato e sarà pronto per il varo definitivo da parte dell’Assemblea dei soci (Rai al 99,9% più la minima quota Siae). Compiuta questa formalità, ogni momento sarà buono per permettere all’azionista Rai (il ministero dell’Economia, quindi lo stesso Monti) di avviare le procedure perché la commissione di Vigilanza voti i suoi 7 consiglieri, perché lo stesso dicastero indichi il suo e designi un presidente da sottoporre al voto della Vigilanza. Poi sarà la volta del direttore generale, anche lui designato dall’Economia.
Ma come fare se il Partito democratico non si presenterà in Vigilanza? Maurizio Gasparri, capogruppo del Pdl al Senato e padre della legge che porta il suo nome, ironizza (ma non troppo?): «Vorrà dire che noi del Pdl ci presenteremo in commissione, voteremo i nostri consiglieri e indicheremo anche quelli di altre aree politiche. Mi rendo conto che è un paradosso, ma molte sentenze della Corte costituzionale affidano al Parlamento il potere di indicare il governo della Rai e non vedo perché non dovrebbe democraticamente esercitarlo. Antonio Di Pietro straparla di commissariamento, ma la situazione della Rai, tutt’altro che un’azienda allo sbando, non può permetterlo».
Dal Pd replica un altro ex ministro delle Comunicazioni, Paolo Gentiloni: «Non credo che basti una piccola frase del ministro Passera per annullare un impegno preso da Monti, di fronte a milioni di telespettatori, ospite di Fabio Fazio. Il Pd si aspetta un intervento per modificare le regole della governance e non accetterà la proroga dell’attuale cda».
Ed eccoci al punto: se il muro contro muro si protrarrà, l’unica prospettiva (a norma di Codice civile) è la proroga dell’attuale cda e, quindi, della direzione generale di Lorenza Lei. Lo scorso Consiglio, presieduto da Claudio Petruccioli, lavorò in proroga per otto mesi. Meglio la proroga — con Lorenza Lei e una maggioranza di centrodestra — o partecipare al voto in Vigilanza, visto anche ciò che ha detto Passera? Questo sarà l’interrogativo per il Pd nei prossimi giorni.
Paolo Conti