ALAIN ELKANN, La Stampa 11/3/2012, 11 marzo 2012
“La felicità assoluta? Scrivere un romanzo” - Pietro Citati, è vero che lei ha recensito con entusiasmo il nuovo libro di Orhan Pamuk «Romanzieri ingenui e sentimentali» edito da Einaudi? «È un libro che mi ha interessato e Pamuk è uno scrittore che mi piace molto»
“La felicità assoluta? Scrivere un romanzo” - Pietro Citati, è vero che lei ha recensito con entusiasmo il nuovo libro di Orhan Pamuk «Romanzieri ingenui e sentimentali» edito da Einaudi? «È un libro che mi ha interessato e Pamuk è uno scrittore che mi piace molto». Cosa pensa del romanzo? «Ne penso benissimo: i romanzi sono infiniti, il primo fu l’Odissea. Come dice Pamuk il bello della metamorfosi è l’incessante trasformazione: mentre viviamo il nostro quotidiano leggiamo un romanzo e siamo trasportati nella mente del romanziere». Pamuk nel suo libro parla del grande romanzo di Tolstoj «Anna Karenina», meno dei romanzi contemporanei... «Mi sembra giusto. Pamuk ha scritto un libro meraviglioso. “Il mio nome è Rosso” è uno dei romanzi più belli che ho letto per il gioco, la fantasia e il rapporto tra oriente e occidente». Quali sono i grandi romanzi che lei ha letto? «Soprattutto quelli antichi: tra poco ad esempio dovrò scrivere del grande romanzo di 1500 pagine dello scrittore giapponese Murasaki che sarà tradotto per la prima volta in italiano direttamente dal giapponese». E i suoi romanzi più cari? «“Dombey e figlio” di Dickens, “Anna Karenina”, “I demoni”, Bouvard et Pécuchet di Flaubert». Secondo lei Bouvard et Pécuchet può essere definito un romanzo comico? «Direi di sì, anche perché alla fine lui dimostra l’insensatezza di qualsiasi cosa». Lei ha scritto su Kafka e su Proust... «Sì, e nei miei testi cito spesso i loro capolavori, in particolare la “Recherche” di Proust e “Il Castello” e “Il processo” di Kafka». Lei, Citati, un po’ come Pamuk, ha passato la sua vita a leggere e a rileggere molti romanzi... «Sì, l’ho fatto per mestiere, ma lui è più fortunato perché ha scritto anche dei romanzi». Ma è così bello scriverli? «Si, scrivere un grande romanzo è la felicità assoluta». Per lei è una gioia scoprire nuovi libri? «In quest’ultimo periodo mi dedico soprattutto alla rilettura, tanto che presto scriverò un libro su Don Chisciotte». È uno dei grandissimi romanzi dell’umanità? «Sì, uno dei pilastri, un libro straordinario. Direi che il romanzo moderno nasce da lì». E Joyce? «Mi piace un po’ meno: mi sembra che “Ulisse” sia un libro molto presuntuoso». Cosa pensa di Mann? «Non lo amo tanto, i suoi romanzi mi paiono talvolta raccolte di chiacchiere non di grande qualità e spesso contengono pensieri mediocri». Anche lei condivide con Pamuk l’idea che «Il Rosso e il Nero» di Stendhal sia un grande romanzo? «Sì, è un romanzo molto importante». E tra gli scrittori italiani? «Manzoni, che considero un meraviglioso romanziere di avventure». E il racconto? «È più facile scrivere un romanzo. Il racconto ha tanti vuoti e pochi pieni». Chi sono i più bravi scrittori di racconti? «Credo James e Stevenson». E tra i racconti italiani? «Quelli di Gadda e di Calvino». Recentemente ha parlato bene del libro di Emanuele Trevi in cui si parla di Pasolini, del suo «Petrolio» e di Laura Betti, anche se lei dice di non aver letto il romanzo. «E non lo leggerò. Non credo nella bellezza dei romanzi di Pasolini. Trovo invece molto divertente e feroce il ritratto che Trevi fa di Laura Betti». Come sceglie i libri che legge? «Come viene. Arrivano, li guardo e poi scelgo». Si considera un critico militante? «Lo ero da giovane, quando recensivo tutti i libri che uscivano, adesso non leggo e non recensisco i libri in uscita. Ma se Don Chisciotte è un libro contemporaneo, allora mi considero ancora un critico militante». Per quale motivo ha cambiato giornale? «Per ragioni di spazio. Faccio più o meno quello che facevo su Repubblica, dove negli ultimi tempi gli spazi si erano troppo ristretti, una cosa che non sopportavo». Di quante cartelle sono i suoi articoli? «Da tre a quindici, dipende. Quando parlerò del romanzo di 1500 pagine di Murasaki, meravigliosissimo e stupendo, ne chiederò di più». In che modo scrive? «Di solito a mano e poi ho imparato a riscrivere sull’orribile computer. Non detto i miei articoli perché ho bisogno di vedere il testo». E per scrivere un libro quanto tempo ci mette? «Per scrivere quello su Goethe ho impiegato 10 anni di lavoro, lettura e di rilettura». Dei romanzieri di oggi cosa pensa? «Non li conosco, e se devo scrivere un libro su Don Chisciotte o su Leopardi non mi avanza molto tempo». Tra i critici quali sono i suoi preferiti? «C’è ne uno che seguo, Roberto Calasso che è molto bravo. Ha scritto libri molto colti, scritti bene e con idee originali».