MATTIA B. BAGNOLI, La Stampa 11/3/2012, 11 marzo 2012
“Trucidati in bagno su ordine del capo” - Trascinati in bagno e uccisi con colpi di arma da fuoco sparati a bruciapelo
“Trucidati in bagno su ordine del capo” - Trascinati in bagno e uccisi con colpi di arma da fuoco sparati a bruciapelo. La tragica morte di Chris McManus e Franco Lamolinara si consuma in pochi secondi mentre nella sala principale della villetta di Madera, quartiere meridionale di Sokoto, si scatena il delirio. I proiettili fischiano come frecce, i vetri vanno in frantumi, i rapitori imbracciano i mitra e rispondono all’attacco lanciato dalle forze speciali di sua maestà: due membri della gang che ha rapito gli ingegneri europei restano a terra morti. Ma non basta. Qualcuno ha già diligentemente eseguito l’ordine ultimo, il più inutile e cinico. Eliminare gli ostaggi in caso di attacco, alla prima difficoltà. La testimone Hauwa ha 31 anni ed è la moglie di uno degli sgherri che tenevano d’occhio gli ostaggi. A parte quelli della banda è l’ultima ad aver visto vivi McManus e Lamolinara. «Si trovavano nel salone del compound quando le mura sono state scosse da un’esplosione - racconta al Times -. Due dei rapitori sono rimasti uccisi dai proiettili entrati nella stanza. È stato tremendo; lo scontro a fuoco si intensificava e due degli uomini hanno spinto gli ostaggi nel bagno. Ho sentito dei colpi di arma da fuoco e sono scappata. Non so come sono sopravvissuta». Il marito di Hauwa invece non ce l’ha fatta ed è stato falciato da una raffica delle teste di cuoio. «Fino a quel momento era stata una mattina tranquilla», dice ancora la donna. Poi il suo ricordo si sofferma sui due ingegneri. «Credo che abbiano capito che li avrebbero ammazzati. Ma è successo tutto talmente in fretta che non sono riusciti a opporre resistenza: sono stati spinti in bagno e uccisi». La telefonata A mettere in allarme i rapitori potrebbe essere stata una telefonata effettuata dall’uomo che, stando alle prime ricostruzioni, sarebbe il capo della banda. Ovvero Abu Muhammad, arrestato martedì scorso insieme ad altri quattro leader del gruppo in seguito a un violento scontro con le forze di sicurezza nigeriane. «Stiamo verificando questa ipotesi», ha detto una «fonte affidabile» al giornale nigeriano The Nation. Uno degli arrestati sarebbe stato scelto per portare le forze speciali nella villetta di Sokoto, gialla coma la sabbia del Sahara. Secondo la fonte è però possibile che, durante la battaglia, uno degli assediati «abbia telefonato» ai complici di Sokoto: «È una teoria in corso di verifiche per appurare se ci sia stata veramente o no». Stando a quanto dichiarato dalla gola profonda del quotidiano africano è plausibile che la telefonata «abbia reso i sequestratori disperati e li abbia indotti a uccidere gli ostaggi». La banda Il gruppo di uomini che ha sequestrato Chris McManus e Franco Lamolinara, benché collegato in qualche modo ad altre fazioni terroristiche nigeriane, potrebbe avere agito in autonomia. Compiendo così il passo più lungo della mitraglietta. È una delle ipotesi che sta prendendo piede sulla stampa britannica. Secondo il Daily Telegraph, infatti, i rapitori potrebbero essersi col tempo lasciati travolgere dalla «frustrazione» per non essere stati capaci di «formulare delle coerenti richieste di riscatto». Se sulle prime la banda sembrava collegata alla setta islamista del Boko Haram, fazione affiliata ad Al Qaeda in the Islamic Maghreb (Aqim), col passare delle ore si fa invece largo l’idea che il capo dei sequestratori - per alcune fonti lo stesso Muhammad, per altre un’altra persona la cui identità non è stata ancora rivelata - abbia litigato con figure di spicco del gruppo e abbia deciso di agire per conto proprio. Sempre stando al quotidiano vicino ai conservatori, l’uomo sarebbe lo stesso che nel 2010 ha organizzato il rapimento di cinque cittadini francesi - tra loro figurava un alto dirigente dell’Areva accompagnato dalla moglie. «I problemi sono iniziati quando i rapitori hanno contattato l’Aqim chiedendo l’intermediazione per il riscatto», ha detto una fonte al Telegraph. «Ma la richiesta è stata declinata visto che il rapimento non era stato concordato e autorizzato». A quel punto all’interno della banda sono iniziate le divisioni e i litigi. L’ordine Uccidete gli ostaggi se arriva la polizia. È questo l’ordine impartito dal boss della gang ai suoi manovali pochi giorni prima del blitz. «Avevamo l’ordine di uccidere immediatamente gli ostaggi se ci fossimo accorti che le forze di sicurezza stavano circondando lo stabile», ha raccontato uno degli otto arrestati. Il gruppo, a ogni modo, era ormai sull’orlo del collasso. Temendo che l’arrivo delle forze speciali fosse ormai imminente avevano infatti progettato di sbarazzarsi degli ostaggi, vendendoli a un altra fazione o, se necessario, ammazzandoli. «I rapitori - scrive il Telegraph - temevano che sarebbero stati arrestati e che avrebbero fatto meglio a riparare in Niger. Erano pronti a muoversi giovedì mattina. Sarebbero passati oltre il confine, avrebbero ucciso gli ostaggi, scaricato i corpi e sarebbero scappati nel deserto».