Aldo Grasso, Corriere della Sera 11/03/2012, 11 marzo 2012
I RAPPER SI SFIDANO A COLPI DI RIME
Ogni venerdì sera, in una sorta di gabbia d’acciaio circondata dal pubblico in studio, quattro giovani artisti si sfidano a colpi di rime. È il meccanismo alla base di «Spit»: dodici rapper emergenti si confrontano per nove puntate di fronte a una giuria di esperti composta dal rapper J-Ax (quello che ha accusato il Pdl di aver plagiato un suo pezzo per comporre il nuovo inno), dal dominus dell’hip-hop Mastafive e dal cantautore Nicolò Agliardi, il più eccentrico rispetto al genere musicale raccontato dal programma (Mtv, ore 21.10).
L’abilità richiesta ai partecipanti è quella di saper improvvisare su una base musicale un freestyle di pochi minuti, cioè una catena di rime incrociate su un tema di stretta attualità proposto dalla produzione stessa. Questo forse è il maggiore limite del programma, costringere la creatività dei giovani rapper in una dimensione «social», tra immigrazione e disagio sociale.
«Spit» è un esperimento interessante sotto diversi punti di vista: in primo luogo perché cerca di mescolare i linguaggi di un genere musicale indipendente, di nicchia e da sempre ai margini della scena mainstream come il rap, con quelli del talent show alla «Amici», un genere a forte vocazione generalista.
Per fortuna a ispirare la trasmissione è stato più il modello performativo delle rap battles americane, tipo quelle viste nel film di Eminem Eight Mile, che l’accademia della De Filippi: tutto è molto «tamarro», ma i partecipanti dimostrano un vero talento creativo nell’uso della lingua italiana in tutte le sue forme (anche quelle più eccessive), che li rende spesso più originali delle parole scontate del pop.
Alla guida di «Spit» c’è il rapper Marracash, «Marra» per gli amici della Barona e per i seguaci di Twitter (dove si è umilmente autoproclamato «king del rap»), che rivela inaspettate doti di conduttore.
Aldo Grasso