M. Antonietta Calabrò, Corriere della Sera 11/03/2012, 11 marzo 2012
INGROIA: SU DELL’UTRI DEMOLITA LA CULTURA DI FALCONE — «C’è
chi ha avuto come maestro Corrado Carnevale, chi invece Falcone e Borsellino. Non posso dirmi sorpreso della decisione della Cassazione, però sono preoccupato. Ho la sensazione che l’ultima sentenza della Corte su Marcello Dell’Utri e il dibattito che strumentalmente ne sta scaturendo rientrino in quel processo di continua demolizione della cultura della giurisdizione e della prova che erano del pool di Falcone e Borsellino». È stato il commento del procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia. «Se il procuratore generale della Cassazione ha espresso forti perplessità sul reato di concorso esterno contestato a Dell’Utri», Ingroia ricorda che nella sentenza-ordinanza del maxiprocesso Ter Falcone e Borsellino «scrivono che la figura del concorso esterno è la più idonea per colpire l’area grigia della cosiddetta contiguità mafiosa. Dunque il concorso esterno non è un’invenzione della Procura di Palermo, ma un insegnamento di Falcone e Borsellino».
Il dibattito innescato dalla decisione della Suprema Corte però va ben al di là del significato processuale dell’annullamento della condanna nei confronti di Marcello Dell’Utri. Sostiene Maurizio Gasparri, capogruppo Pdl al Senato. «Dopo la sentenza della Cassazione su Dell’Utri, rilanceremo la nostra offensiva di verità sulle vicende riguardanti la mafia». E ancora: «La trattativa Stato-mafia è attribuibile alla fase ’92-’93, quando al vertice delle istituzioni c’erano Ciampi, Scalfaro, Mancino, Conso e altri. È stato sotto il loro comando che sono stati cancellati centinaia di provvedimenti sul carcere duro, il 41bis». Il capogruppo alla Camera Fabrizio Cicchitto rilancia sulla stessa linea, citando quanto ricostruito dall’ex Guardasigilli Alfano. Cicchitto elenca una serie di fatti: «Il 15 maggio 1993, 127 provvedimenti sul 41 bis (cioè il carcere duro per i mafiosi), cosiddetti «delegati» cioè firmati non dal ministro ma dai vertici dell’amministrazione penitenziaria, vennero revocati proprio dal Dap. Vennero inoltre fatti scadere 334 provvedimenti di 41 bis delegati a carico di altrettanti esponenti mafiosi. In sintesi: tra annullamenti della sorveglianza, revoche d’ufficio e scadenze senza ulteriore proroga vennero meno in questo modo tutti i provvedimenti 41bis delegati per un totale di 574 detenuti».
«Le sentenze vanno rispettate sempre, ma non possono essere stiracchiate per fargli dire quello che fa comodo» ha scritto sul suo blog il leader dell’Italia dei Valori, Antonio Di Pietro. «Ci rifiutiamo di credere che la sentenza della Cassazione sarà la pietra tombale per tutta la storia d’Italia di questi ultimi 19 anni, fondata sulla strage di Via dei Georgofili del 27 Maggio 1993», ha affermato il presidente dell’Associazione tra i familiari delle vittime, Giovanna Maggiani Chelli.
M. Antonietta Calabrò