Franco Bechis, Libero 11/3/2012, 11 marzo 2012
UNA PATRIMONIALE SU PARTITI E SINDACATI
La cifra in cassa era di circa 511 milioni di euro alla fine del 2010. Ma è probabile che a questa data si veleggi sopra i 600 milioni di euro. È la liquidità in mano ai tesorieri dei partiti politici italiani, a cui si aggiunge altra ricchezza ancora più impressionante: circa due miliardi di euro di immobili (più di un miliardo quelli del pci-pds-ds, quasi 400 milioni quelli di msi-An, in più ci sono quelli di Lega e molta parte della sinistra non parlamentare). Una ricchezza sproporzionata, ottenuta sulla carta un po’tassando gli italiani e un po’ attraverso prelievi forzosi su propri iscritti e militanti. Ma forse non sono bastati nemmeno quei fondi in chiaro, ed è probabile che in quel patrimonio ci siano soprattutto fondi neri che in vario modo nella storia di Italia è confluita nelle casse dei partiti politici italiani e travasata nelle sigle politiche che ne hanno ottenuto l’eredità.
Una ricchezza che servirà anche a garantirsi gli spaghettini al caviale comparsi in una ricevuta-scandalo del tesoriere della Margherita, Luigi Lusi, ma che soprattutto è di contrasto evidente con la povertà che volente o nolente gran parte di Italia è costretta a vivere in questi anni. Il contrasto è profondo ancora più perché gran parte della ricchezza dei partiti è esentasse, mentre gli italiani onesti vengono di mese in mese torchiati dalle tasse che proprio gli eletti di quei partiti votano.
Due miliardi e mezzo di ricchezza alla luce del sole dovrebbero essere un bocconcino invitante per gli esattori di Equitalia, eppure sono il tesoretto più protetto che ci sia nel paese. Basterebbe fare partecipare parte di quella ricchezza alla cura lacrime e sangue varata da Mario Monti per alleggerire in modo non soltanto simbolico il peso attuale sui contribuenti italiani. I partiti hanno abbastanza liquidità in cassa e fondi accantonati (ad esempio quelli assolutamente inutili che dovrebbero servire ad aumentare il peso delle donne in politica, visto che una campagna elettorale di un maschio o di una femmina ha lo stesso identico costo) da potersi pagare una bella patrimonialona sui possedimenti finanziari e immobiliari da loro detenuti. Se poi si considera che grazie anche alla legge sui falsi rimborsi elettorali (grazie a cui si spendono 10 euro e in cambio se ne ricevono almeno 40) l’avanzo patrimoniale storico dei partiti politici ancora esistenti ammonta a 368 milioni di euro, basterebbe restituirli ai contribuenti per evitare di fare pagare loro in questo 2012 una parte del rincaro Iva attualmente previsto (dal 21 al 23 e dal 10 al 12 nel prossimo autunno). Se davvero avesse coraggio, il governo dei tecnici, il primo esecutivo della storia repubblicana che non dipende direttamente dai partiti politici, giocherebbe questa carta. Tanto più in un momento in cui anche grazie allo schifo che sta emergendo dall’inchiesta sulla gestione dei fondi della Margherita, quella tassa sui partiti verrebbe accolta da assoluto favore popolare.
Chiedere indietro ai vari partiti quel che non avevano diritto di prendersi è anche un problema di evidente equità. Siano rimborsate alle forze politiche le spese delle campagna elettorali effettivamente sostenute e non gli spaghettini al caviale, che se vogliono possono pagare di tasca loro (si fa per dire, visto che sono tutti mantenuti di Stato). Siano tassati senza pietà i frutti dei loro fondi neri. Anche questa è una questione di equità e di evitare facce di tolla. Guardate ad esempio come gli ex comunisti sono stati in prima linea, facendone una questione morale (e lo è), quando si è trattato di studiare una patrimoniale sugli scudati. Quanti dei loro immobili di cui oggi possono godere però sono stati acquistati più che coni soldi dei militanti, con i rubli di Mosca che per anni hanno foraggiato le finanze del Pci? Quei fondi non sono stati nemmeno scudati, non hanno pagato nemmeno quella cifra simbolica chiesta agli altri italiani che per vari motivi anche in quegli anni dei flussi fra Mosca e il pci hanno portato i loro soldi all’estero. Vogliamo fare pagare loro almeno quella patrimoniale che invocano per tutti gli altri gli eredi dei rubli? O il destino dell’Italia resterà sempre quello dei poveri pirla che debbono pagare e dei furbetti che la scampano sempre, mettendosi naturalmente poi in prima linea a moraleggiare sugli altri?
Restituiscano i partiti quello che hanno in cassa. È l’unico modo per non fare scoppiare altri casi Margherita. E per avere una politica migliore, e più attenta alle vere esigenze dei cittadini. Quando ci sono tanti soldi così che girano, la politica degenera. Più soldi le dai, più il loro palato prende gusto e li butta via dalla finestra. Guardate cosa è accaduto nella seconda repubblica: fra movimenti, componenti, piccole leadership locali e regionali, gruppetti e così via ci sono oggi molte più correnti di quelle che esistevano all’epoca di dc-psi-pci e partiti laici. Il Pd è un’assemblea di mille capetti, ognuno con la sua componente, la sua segreteria, i suoi staff, le sue spese necessarie a fare le guerre interne all’altro leader dello stesso partito. Così è diventato anche il Pdl, e il vizio si allarga e diffonde anche in partiti un tempo monolitici come la Lega Nord e l’Italia dei valori o di dimensioni comunque contenute come Udc e Fli. Perché è vero che fanno scandalo spaghettini al caviale e viaggi a sbafo di Lusi, ma fa non poca impressione anche la gestione globale dei “fondi politici” della Margherita. Tutto sembra normale: Enzo Bianco ha confermato senza problemi i pagamenti di Lusi nel 2011 (quattro anni dopo la fine della Margherita e la nascita del Pd) a una società di Catania che a sua volta pagava gli stipendi dello staff locale di Bianco. Sarà regolare e penalmente irrilevante, ma politicamente non è affatto normale che un esponente del Pd che viene dalla Margherita fondi una sua componente nel partito per gareggiare con gli altri esponenti del partito e poi si faccia pagare non solo le spese sostenute con l’abito del margheritino divenuto Pd, ma pure quelle sostenute vestendo l’abito da capo-corrente. Tralasciando il fatto che quei contributi dovrebbero essere dichiarati alla tesoreria della Camera (e questo non è avvenuto), è evidente che con questa logica la politica continua a divorare soldi pubblici alimentando le spese in modo artificioso. Riprendiamoci il maltolto, e chi vuole fondare correnti, moltiplicare rivistine di area, staff, segreterie e convegni ha un meraviglioso modo per farlo: pagarseli. O farseli pagare da amici e tifosi.
Franco Bechis