Paolo G. Brera (e vari), la Repubblica 11/3/2012, 11 marzo 2012
GLI OSTAGGI
I servizi segreti italiani ci lavorano notte e giorno da mesi: sono nove, e bisogna riportali a casa senza un graffio. Sono gli italiani catturati all´estero come merce preziosa da rivendere in cambio di soldi, di aiuti concreti o di un bottino politico da spendere in loco. Che si tratti di marinai a bordo di una nave arrembata, di turisti fai-da-te o di cooperanti giovani e già esperti, per chi li ha catturati come per chi cerca di liberarli non fa alcuna differenza. Si lavora sotto traccia e nel massimo riserbo, sempre sul posto e «sempre in collaborazione» con i governi locali, tentando di stringere contatti via via più diretti con i rapitori. Pronti ad agire con la forza, se occorre, ma solo come scelta ultima ed estrema. Perché mentre si professa il mantra del silenzio e del «nessuna concessione», la linea di Roma è chiara: le partite, anche le più difficili, si vincono trattando.
La turista col "mal d´Africa" catturata 13 mesi fa in Algeria -
Era pericoloso, sì, ma al mal d´Africa Maria Sandra Mariani non sa resistere. Nel Sahara ci tornava tutti gli anni con un borsone pieno di medicine e regali, un rito iniziato col marito e proseguito dopo la separazione. Preparava per mesi quell´appuntamento fisso con l´avventura, prima di lasciare San Casciano in Val di Pesa dove da più di un anno la aspettano gli anziani genitori, Lido e Fiammetta, e il suo unico figlio, Alessio, 37 anni. Nessun altro, tra i nove italiani rapiti nel mondo, vive da così tanto tempo l´inferno della prigionia: l´hanno catturata il 2 febbraio 2011 durante un´escursione nel deserto algerino, nel bivacco allestito per trascorrere la notte a sud di Djanet, non lontano dal Niger e dal Mali in cui prospera Al-Qaeda nel Maghreb. Guida, autista e accompagnatore sono stati subito liberati, ma lei era merce preziosa agli occhi dei quindici uomini che le hanno spianato contro i fari dei pick-up. Non si sa più nemmeno in quale Stato si trovi: qui i confini sono idee disegnate sulla sabbia, e le bande a caccia di ostaggi occidentali hanno una geografia che si estende in tutto il Sahel. Il suo rapimento è stato rivendicato da Al-Qaeda in un video con la sua voce su Al Arabiya. Poi più nulla.
Maria Sandra Mariani
Silenzio dopo le smentite per l´amica dei saharawi –
Lei ci è riuscita. Rossella Urru ha 29 anni, una laurea e un lavoro interessante e appassionante proprio nel settore per il quale ha studiato, quello della Cooperazione internazionale. Non era a caccia di emozioni pericolose ma da due anni si faceva in quattro per i rifugiati saharawi nel campo profughi di Rabboni, nell´estremo occidente del deserto algerino. Era lì come capo progetto del Comitato internazionale per lo sviluppo dei popoli, è preparata e esperta ma non le è bastato a cavarsela dai rapitori. L´anno presa 180 giorni fa, la notte del 22 ottobre, insieme a due colleghi spagnoli. La Farnesina aveva subito calato il sipario del silenzio, lavorare senza clamore è la regola e l´auspicio ma non ha dato frutti. I riflettori sul caso di Rossella li ha riaccesi Geppi Cucciari dalla platea del Festival di Sanremo. Dopo la grande delusione per la notizia falsa della sua liberazione, ieri a Samugheo - in provincia di Oristano, dove vivono i genitori e i fratelli - si sono riaccese le luci della speranza: il gendarme algerino rapito dagli uomini di Al-Qaeda nel Maghreb, quello che si era detto (e poi smentito) fosse stato liberato insieme a lei, a casa ci è tornato per davvero.
Rossella Urru
L´equipaggio della Enrico Ievoli
Da dicembre in mano ai pirati l´assalto nel golfo dell´Oman –
Con la "Enrico Ievoli" i pirati hanno giocato d´astuzia: l´hanno presa d´assalto poche miglia prima che incrociasse il convoglio, scortato dalle navi da guerra, con cui avrebbe dovuto solcare in sicurezza i mari proibiti infestati dai bucanieri somali. La petroliera italiana dell´armatore napoletano Marnavi navigava nel golfo dell´Oman con 18 marinai a bordo, sei dei quali italiani, quando il solito barchino apparentemente innocuo ha puntato dritto al centro della murata, abbordando e arrembando la nave. Inutile, a quel punto, il tentativo di una nave da guerra turca della flotta Nato di seguire la petroliera battente ormai bandiera nera. Il messaggio lanciato era chiaro: se attaccate uccidiamo gli ostaggi. Era il 27 dicembre 2011, sono passati più di due mesi: non molti, non abbastanza per chiudere le complesse trattative che scatena un sequestro. Per la Savina Caylin dell’armatore napoletano Fratelli D´Amato - lo stesso della Enrica Lexie sequestrata in India per il caso dei due marò - ce ne vollero dieci, di mesi. Anche qui la consegna è quella del silenzio assoluto, con la consapevolezza dell´alta percentuale di successo che di solito corona questo genere di trattative.
L´equipaggio della Enrico Ievoli
In Pakistan dopo l´alluvione per dare un tetto agli sfollati–
Professione "logista". La stessa di Francesco Azzarà, il cooperante di Emergency rapito in Darfur e liberato dopo 124 giorni di prigionia: gestire gli acquisti e gli spostamenti di merce e persone in zone disastrate. Giovanni Lo Porto, 38 anni, palermitano, è sparito nel nulla il 21 gennaio scorso a Multan, nel Punjab pakistano. Era in Pakistan da ottobre, era lì per costruire case di prima accoglienza dopo le alluvioni devastanti che hanno ucciso più di mille persone, lasciandone decine di milioni senza casa. Lavorava come project manager per la ong tedesca Welthungerhilfe. Il suo curriculum vitae è già lungo e autorevole: formazione universitaria alla London Metropolitan University e alla Thames Valley University, poi assistente alla logistica per la Croce Rossa e per diverse altre ong. Lo hanno preso in quattro, incappucciati a armati: l´hanno infilato in un´auto insieme al suo direttore locale, il 45enne olandese Bernd Johannes. È l´ultimo del plotone italiano dei rapiti, e l´unico in questo quadrante di mondo in cui il terreno è minato dalla corruzione. Tra denaro, religione e politica è delicatissimo impostare una trattativa vincente.
Giovanni Lo Porto