VARIE 10/3/2012, 10 marzo 2012
APPUNTI PER GAZZETTA. A UN ANNO DA FUKUSHIMA
REPUBBLICA.IT
GIAMPAOLO VISETTI
FUKUSHIMA - "Perché autorità, politici e padroni della centrale atomica non sono venuti qui, dove 19 mila persone sono state inghiottite dall’oceano, nei villaggi spazzati via, o tra i reattori che giurano di avere spento? Hanno paura dei sopravvissuti, delle radiazioni, oppure si vergognano?". Yasuo Matsumoto, nel deserto invaso di macerie davanti alla scuola di Rikuzen-takata, pone infine la domanda che a un anno dallo tsunami divide oggi in due il Giappone. L’11 marzo 2011 il Paese si unì per cercare di resistere al terremoto più violento degli ultimi mille anni e all’esplosione nucleare più devastante dopo quelle di Hiroshima e Nagasaki. L’11 marzo 2012 la nazione si scopre invece spaccata come mai prima tra una classe dirigente isolata, inaffidabile e disprezzata, e una popolazione arrabbiata, impaurita e sfiduciata. Il giorno sacro dell’anniversario assume così il profilo di un nuovo sisma personale e sociale, e l’incapacità del potere di ricostruire una fede interna alla popolazione emerge come un’accusa ancora più infamante dell’incapacità di ricostruire case e sicurezza, prima che la gente muoia di vecchiaia.
Da una parte oggi va in onda la cerimonia ufficiale, ribattezzata "lo show dei funzionari". In un caldo palazzo blindato nel centro di Tokyo parlano, pregano, cantano, promettono, chiedono scusa e lanciano appelli il premier Noda, i presidenti delle Camere e i governatori delle prefetture devastate, oltre che i vertici della Tepco, gestore della centrale di Fukushima. Ci sarà e prenderà la parola anche, evento straordinario, l’imperatore Akihito, 78 anni, appena dimesso dopo un intervento al cuore malandato. Quasi tre ore di diretta in tivù, diffusa da sei emittenti nazionali su otto. L’èlite della terza economia del mondo, decisa a commuoversi per autoassolversi, si scopre però abbandonata dal suo popolo e costretta ad una messinscena chiusa, ad uso esclusivo dei media globali, dei mercati e dei telespettaori della domenica, come se vivesse ormai su un pianeta diverso e lontano. Perché la gente, migliaia di sopravvissuti e i milioni di giapponesi che da un anno soffrono assieme a loro e chiedono di non sprecare la lezione di Fukushima, sono invece tutti da un’altra parte e nemmeno si sognano di sedersi davanti al maxi-comizio televisivo dello Stato.
Da ieri le vittime della natura e degli affari sono tornate qui, nei luoghi freddi del disastro coperti di neve, e oggi faranno suonare un’altra volta le sirene degli allarmi, vani come un anno fa, quando il mare decise di trasferirsi sulla terra. Nelle città e nei villaggi travolti nel Nordest dell’Honshu, è l’ora dei riti buddisti e scintoisti in onore dei defunti e dei dispersi. Migliaia di altari improvvisati, nelle prefetture di Fukushima, Miyagi e Iwate, sorgono tra montagne di macerie tossiche e deserti di fango, che hanno preso il posto delle case. Il ricordo del primo anno è il più importante. I sacrari semplici dei profughi, come la palestra di Takata dove morirono a centinaia, sono invasi di fragole, mandarini, crisantemi, bottiglie per dissetare le anime, giocattoli e origami colorati a forma di gru, l’uccello della fortuna e della longevità. I defunti, secondo il rito buddista hanno acquisito un’identità nuova per l’aldilà e su foreste di steli in legno oltre 15 mila nomi nuovi, scelti dai monaci, sono stati verniciati con il nero.
Star della musica e attori, poeti e campioni dello sport, animano mercati artigiani, di verdura e di pesce: per la prima volta l’idea della vita si affaccia in chi è consumato dalla colpa di non essere morto con i famigliari e con gli amici. Vicino a Ofunato si onora anche un pino, l’unico ad essere rimasto in piedi lungo quasi 600 chilometri di costa, divenuto simbolo nazionale della voglia di sconfiggere lo tsunami un’altra volta. "Ma dobbiamo resistere da soli - dice Masami Tachibana, ex pescatore di Kessenuma -. Non ricordiamo una sola cosa concreta che politica ed economia, in dodici mesi, hanno fatto per noi". Come se Tokyo regnasse su un altro Giappone, fatto di banche e di rapporti tecnici censurati sul rischio di nuove crisi nucleari, e si fosse scordata dei protagonisti reali della catastrofe. Primi fra tutti gli operai della Tepco, costretti un anno fa a lottare senza protezioni contro i reattori atomici di Daiichi. I giapponesi li chiamano i "50 eroi dimenticati di Fukushima" e la maggioranza di essi è rimasta senza nome e senza volto. "I capi ci garantirono che non era successo niente di grave - dice Koichi Nakagava - che la fuga radioattiva era modesta. Da una parte dieci mesi di stipendio per una settimana di lavoro, dall’altra il licenziamento: non abbiamo avuto scelta. Solo quattro giorni dopo l’esplosione del reattore numero 3, un vigile del fuoco mi vide con una tuta di cotone e mi chiese se fossi impazzito".
Un anno dopo nessuno ufficialmente oggi ringrazia i cinquanta uomini che, per povertà più che per coraggio, hanno salvato il Paese e forse il mondo. Secondo le autorità la centrale, da dicembre, è spenta: chi ci lavora testimonia invece di concentrazioni radioattive ancora insopportabili, di 93 milioni di tonnellate di liquido contaminato stivate nell’impianto, di 500 tonnellate al giorno scaricate nel Pacifico e di un pericolo incombente per almeno trent’anni. Nell’area interdetta di Fukushima oggi i tremila liquidatori Tepco non si fermeranno dunque nemmeno per il minuto di silenzio, dopo l’inno nazionale. Una dimostrazione di solidarietà verso i quasi 700 mila evacuati di tre prefetture, rimasti senza casa, senza lavoro, indebitati e soli, e verso una civiltà di contadini e di pescatori sull’orlo dell’estinzione. Icona della protesta, mentre politici e imprenditori a Tokyo discutono su quando e come annunciare il riavvio graduale delle 54 centrali nucleari spente per "manutenzione", è un ventenne di Minami-soma, la città fantasma a pochi chilometri da Daiichi. Un anno fa la polizia lo costrinse a scappare per non lasciarlo morire per la radioattività. Dopo mesi di disoccupazione, preso per fame, lavora ora proprio nella zona a rischio da cui era stato cacciato, "decontaminatore" di casa propria per conto della Tepco.
Il Giappone sconvolto, che oggi si ferma a pensare se in queste condizioni può avere un futuro, lo ha eletto a specchio della propria condanna a quelli che chiama "i soldi atomici". Per quarant’anni hanno pagato il silenzio, ora comprano la vita e anche la popolazione più disciplinata del pianeta comincia a non accettarlo più. A Tacata, proprio alla vigilia dell’anniversario, si sono ribellati. Il governo aveva ordinato di abbattere in extremis il liceo della strage degli studenti, per non rovinare le riprese televisive che oggi devono mostrare al contrario "la ripresa prodigiosa". Vecchi e sopravvissuti hanno difeso le rovine con il corpo, affinché tutto il mondo le veda ancora, almeno una volta. Adesso guardano in silenzio i quaderni sporchi dei loro ragazzi. Non ce l’hanno con le prime rondini: nonstante i fiocchi di neve sono tornate a costruire nidi negli angoli dei solai rovesciati e volano.
(10 marzo 2012)
ASCA
ASCA) - Roma, 10 mar - Tremava la terra, il mare si sollevava ad altezze innaturali: il Giappone precipitava nella tragedia. Era l’11 marzo del 2011, le 14:46 ora locale, le 7:26 di mattina in Italia, quando un terremoto di magnitudo 9 e un successivo potentissimo tsunami si abbattevano in poche ore sulle coste settentrionali del Paese asiatico, lasciando circa 19mila morti e provocando la piu’ grave crisi nucleare della storia del mondo dopo Chernobyl, a causa della fusione dei noccioli dei reattori 1, 2 e 3 della centrale nucleare di Fukushima. Ad un anno di distanza, il Giappone ricorda le sue vittime, i suoi dispersi, la distruzione, fermandosi per un minuto, con le bandiere a mezz’asta e con una cerimonia al Teatro nazionale di Tokyo a cui parteciperanno l’imperatore Akihito e il premier Yoshihiko Noda. A Fukushima sara’ il governatore Yuhei Sato a guidare gli eventi commemorativi nell’area. Tokyo ricorda, perche’ non puo’ dimenticare, in primo luogo, le conseguenze della contaminazione radioattiva. La riduzione della radioattivita’ e’ infatti l’obiettivo considerato ancora oggi ’indispensabile’ per evitare il bando dei prodotti agricoli e la fuga dei residenti. Secondo un rapporto di ’Save the Children’ ’’la catastrofe ha messo i piu’ piccoli e le loro famiglie in una condizione estremamente difficile. In tutto il Giappone sono 25 mila i bambini che hanno dovuto abbandonare la propria casa’’. Ma Tokyo ricorda anche il cordoglio e l’assistenza umanitaria della comunita’ internazionale. Stime delle Nazioni Unite riferiscono che circa 45 Stati in tutto il mondo si offrirono di inviare squadre di ricerca e salvataggio in seguito al disastro. La Nuova Zelanda spedi’ degli operatori specializzati per setacciare le macerie lasciate dal terremoto di Christchurch. L’Australia mobilito’ la fregata HMAS Sydney e la nave da sbarco pesante HMAS Tobruk cariche di elicotteri, ingegneri dell’esercito e squadre mediche. Gli Stati Uniti dislocarono delle unita’ navali, inclusa la portaerei Ronald Reagan. La Germania invio’ specialisti di ricerca e salvataggio del Technisches Hilfswerk. La Cina, colpita solo un giorno prima del Giappone dal terremoto dello Yunnan, erogo’ una prima donazione di 167.000 dollari, oltre ad attivare una squadra di salvataggio di 15 membri partita da Pechino il 13 marzo. rba/vlm
ANSA
11 marzo 2011. La terra trema e il mare si solleva. Il Giappone precipita nella tragedia. A un anno dal terremoto e dallo tsunami che hanno ucciso 20mila persone, distrutto la centrale atomica di Fukushima e messo in ginocchio il sistema energetico, il Paese nipponico prova a rialzarsi.
L’ANSA pochi giorni fa e’ stata la prima testata italiana a visitare il sito di Fukushima (IL REPORTAGE DI ANTONIO FATIGUSO). Il ’mostro’ fa meno paura. Almeno all’apparenza. ’’La situazione e’ molto diversa rispetto a un anno fa, ora e’ piuttosto stabile’’, cerca di rassicurare Takeshi Takahashi, il manager della Tepco a capo della disastrata centrale. Ma i segni della forza distruttrice dello tsunami sono visibili ovunque (lamiere, detriti e auto accartocciate) e la strada da fare e’ ancora tanta.
SAVE CHILDREN, 25MILA BAMBINI ANCORA IN DIFFICOLTA’ - "La catastrofe che si è abbattuta sul Giappone l’anno scorso ha messo i più piccoli e le loro famiglie in una condizione estremamente difficile. In tutto il Giappone sono 25 mila i bambini che hanno dovuto abbandonare la propria casa, adattarsi ad una nuova città, uno spazio domestico non familiare, una nuova scuola e nuovi amici, vivendo disagi che per molti si sommavano alla perdita di persone care". Lo rende noto Save the Children. La sfida della ricostruzione, informa l’organizzazione, "é enorme, soprattutto nella regione colpita dal disastro nucleare, dove sono al collasso i settori agricolo e ittico, che costituiscono i due principali comparti economici del Paese. Le infrastrutture necessitano interventi a lungo termine, e oltre 300 mila persone vivono ancora nei rifugi temporanei, o dipendono dai sussidi governativi per potersi permettere una casa". La maggior parte dei genitori incontrati da Save the Children, viene ricordato, hanno sperimentato come migliaia di persone un improvviso stato di precarietà, la necessità di doversi reinventare un lavoro magari in una nuova città. Oltre 7 mila scuole e asili nido sono andati distrutti, comportando un terribile vuoto nella formazione dei bambini. "Questi bambini - afferma Valerio Neri, direttore generale di Save the Children Italia - hanno raccontato ai nostri operatori di aver perso case, amici, luoghi, affetti, e di provare uno stato d’ansia per il timore che un altro disastro nucleare possa nuovamente sconvolgere una quotidianità che stenta a riprendere. L’impossibilità di giocare all’aria aperta, tornare fra i banchi di scuola o al mare, un elemento tanto familiare quanto vitale per il popolo giapponese, ha fatto maturare nei bambini un forte senso di frustrazione e di alterazione della realtà, frutto dei numerosi impedimenti cui sono costretti". Save the Children ha dunque deciso di dar voce ai bambini del doppio disastro attraverso una lunga indagine che ha coinvolto anche le loro famiglie. A tal fine, una delegazione ristretta e rappresentativa delle migliaia di minori incontrati dall’Organizzazione negli ultimi 12 mesi ha portato al governo giapponese una proposta di ricostruzione del Paese ’a misura di bambino’, presentata al Ministro per la Ricostruzione
ANSA DEL 6 MARZO
CENTRALE DI FUKUSHIMA - ’’La situazione e’ molto diversa rispetto a un anno fa, ora e’ piuttosto stabile’’. E’ il commento riassuntivo di Takeshi Takahashi, manager della Tepco a capo della disastrata centrale di Fukushima, incontrando nel bunker antisismico dell’impianto un pool di media stranieri, tra cui l’ANSA, prima testata italiana a visitare il sito. Sul mantenimento dell’impianto, duramente colpito dal sisma/tsunami dell’11 marzo 2011, nello stato di ’arresto a freddo’, come dichiarato lo scorso dicembre dal governo nipponico, Takahashi ha ammesso che "non è possibile dire che se le nostre attuali apparecchiature sono al riparo da rischi". L’incognita principale resta quella dell’evento catastrofale, "come terremoto e maremoto", mentre il livello di attenzione, per altro verso, non deve mai diminuire.
A 1 ANNO DAL DISASTRO L’ANSA IN CENTRALE - La centrale nucleare di Fukushima è oggi ’aperta’ ai media per la terza volta in assoluto, ma questa volta in modo pressoché esclusivo a favore di quelli stranieri, tra cui l’ANSA, prima testata italiana a poter visionare gli sforzi del gestore Tepco e del governo per portare sotto controllo la crisi nucleare più grave dopo Cernobyl. A quasi un anno di distanza dal sisma/tsunami che l’11 marzo 2011 devastò il nordest del Giappone, la regione del Tohoku, la situazione della struttura che ha fatto trattenere il fiato al mondo intero è lontana dall’essere risolta, pur tra i progressi descritti dall’Aiea, l’Agenzia atomica che fa capo all’Onu. Dopo la dichiarazione di stato compatibile con ’l’arresto a freddò decisa a dicembre dal governo nipponico grazie alla temperatura nei reattori danneggiati ’stabilmente’ ben al di sotto degli 80 gradi, è stata autorizzata da ultimo l’apertura dello spazio aereo fino a 3 km dall’impianto, la distanza ora considerata di sicurezza, molto meno della ’no-fly zone’ precedente del raggio di 20 km, pari alla zona di evacuazione totale a livello di superficie per il rischio contaminazione.
I problemi all’interno della struttura - i reattori n.1-3 hanno subito la fusione parziale del nocciolo e il n.4 è stato seriamente danneggiato dalla forza dell’onda anomala di almeno 15 metri - non sono affatto finiti. L’Agenzia per la sicurezza nucleare nipponica (Nisa) ha infatti rilevato, dopo un’accurata verifica dell’impianto di Fukushima, di aver trovato una decina di errori fatti dall’operatore Tepco che spaziano dalle modalità per le attività da svolgere in sicurezza fino alla sorveglianza delle condizioni di esercizio nello stabilimento.
L’ispezione, di 19 giorni e la prima fatta sul capo dallo scoppio della crisi, ha preso di mira il sistema di circolazione dell’acqua di raffreddamento dei reattori, incluso un termometro rivelatosi difettoso e responsabile di apprensioni inutili all’unità 2 viste le temperature segnalate erroneamente al rialzo. Resta sempre difficile la situazione per i 3.000 ingegneri, tecnici e operai che lavorano senza sosta a Fukushima, malgrado l’allentamento della rigidità dei turni. La morte per infarto avvenuta lo scorso maggio di un uomo di 60 anni, dipendente di una società edile subappaltatrice, è da collegare al super lavoro (il cosiddetto ’karoshi’) svolto presso la centrale, ha scritto la stampa nipponica. E’ la prima volta, secondo il ministero del Welfare, che è stato riconosciuto il decesso di un lavoratore coinvolto nella crisi nucleare come risultato dello stress accumulato. Nel percorso di avvicinamento al J-Village, ’la Coverciano del Giappone’ diventata base di coordinamento delle operazioni nella crisi di Fukushima, ai limiti dell’area off-limits, la prima tappa con tre colleghi tedeschi è a Hitachi, città di 200.000 abitanti nella prefettura di Ibaraki, una novantina di km dal punto di ritrovo.
E’ qui che nel 1910 il visionario Namihei Odaira fondò la Hitachi, la conglomerata ora tra i colossi mondiali del nucleare e che ha realizzato negli Anni ’70 il reattore n.4 di Fukushima.
NATIONAL GEOGRAPHIC
1 marzo 2011. La terra trema e il mare si solleva. Il Giappone precipita nella tragedia. Ad un anno dal terremoto e dallo tsunami che hanno devastato il Paese nipponico e ne hanno messo in ginocchio il sistema energetico, National Geographic Channel (canale 403 di Sky) propone FUKUSHIMA: INCUBO NUCLEARE, in onda mercoledì 7 marzo alle 20:55. Esperti internazionali ricostruiscono cosa accadde nell’impianto nucleare di Fukushima e cercano di spiegare cosa poteva essere fatto per evitare il disastro.
Quel giorno di marzo si scatena il terremoto più potente mai registrato in Giappone - di magnitudo 9.0 della scala Richter.
Ha il suo epicentro in mare, a 130 chilometri dalla costa; ben 5 degli impianti nucleari giapponesi si trovano nella zona colpita: tra questi Fukushima è il più grande e fornisce energia a Tokio.
Poco dopo il terremoto un allarme tsunami viene diffuso nel paese e tutto il Pacifico settentrionale è in stato d’allerta, compresa la centrale nucleare. Le telecamere delle TV riprendono immagini delle onde che si abbattono sul litorale e la centrale di Fukushima viene investita in pieno.
Due operai che stanno controllando i danni nel sotterraneo vengono uccisi all’istante e le sale di controllo piombano nell’oscurità. In pochi secondi diventa impossibile monitorare la pressione e la temperatura.
Il governo giapponese invita l’agenzia di controllo nucleare delle Nazioni Unite a visitare il sito. Alla guida del comitato internazionale è il fisico nucleare Mike Weightman, che trova alcune falle cruciali nel disegno originale della centrale e sospetta che i progettisti fossero troppo preoccupati dai terremoti e troppo poco dagli tsunami.
I reattori dal numero 1 al 4 sono stati costruiti direttamente sul basamento roccioso per impedire il crollo durante un terremoto, ma il livello del terreno è troppo basso per un eventuale tsunami. Sono state erette delle dighe marittime in grado di respingere onde alte quasi 6 metri. Quel giorno però le onde dello tsunami hanno superato i 14 metri di altezza.
Weightman crede inoltre che la progettazione degli stessi reattori abbia avuto un ruolo cruciale nelle esplosioni che hanno coinvolto la centrale. In particolare le cosiddette “barre” contenenti tonnellate di “carburante” nucleare erano rivestite da un sottile strato di un metallo raro, lo zirconio, per proteggerle dal calore eccessivo. Ma al crescere della temperatura, lo zirconio diventa altamente reattivo. L’idrogeno scaturito a causa della reazione dello zirconio con il vapore ha provocato l’esplosione dei reattori 1,2 e 3 e un devastante incendio al 4.