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 2012  marzo 09 Venerdì calendario

IL CONCERTO ARPE-MENEGUZZO E IL CONTRASTO CON GENERALI - L’

Isvap ha notificato a Sator e Palladio Finanziaria che considera il loro patto di consultazione su Fonsai equivalente a un concerto. Le finanziarie guidate da Matteo Arpe e Roberto Meneguzzo, che hanno rastrellato il 3%e il 5% della compagnia fiorentina, non hanno ancora presentato controdeduzioni. Interpellate ieri dal Corriere, si limitano a dire che vedranno più avanti. Del resto, ieri il focus era su Premafin, la holding che detiene il 35% di Fonsai e che ha lasciato passare l’ultimo giorno utile (prima della proroga dell’offerta) senza rispondere alla proposta di Sator e Palladio.
La mossa dell’Autorità presieduta da Giancarlo Giannini, tuttavia, può avere un suo rilievo nel caso il fronte Premafin si chiuda per gli scalatori. L’idea originaria prevedeva infatti una Palladio e una Sator capaci di arrivare ciascuna al 9,99% di Fonsai senza scoprire le carte con l’Isvap, che può attivarsi solo quando un soggetto superi il 10% di una compagnia. Con il 20% e qualche amico sparso, Arpe e Meneguzzo potrebbero condizionare le mosse di Unipol e Mediobanca, e magari bloccarle in assemblea straordinaria dove le fusioni si decidono a maggioranza qualificata. Ma con il concerto le partecipazioni si sommano, e dunque Palladio e Sator dovrebbero presentare tutte le loro carte all’Isvap qualora aggiungessero anche solo un 2% all’8% che già possiedono.
In questo esame, l’Isvap verificherebbe la professionalità, il piano industriale e la solidità finanziaria degli azionisti che si accingono a diventare rilevanti. A questo proposito va ricordato che, mentre il 27 febbraio Unipol ha presentato all’Isvap il progetto che parte da Premafin e arriva a coinvolgere Fonsai, Milano e Unipol Assicurazioni, Sator e Palladio non hanno ancora depositato nulla oltre al patto di consultazione.
Dalla Palladio, tuttavia, filtrano alcune spiegazioni circa le consistenze patrimoniali e l’azionariato. Il bilancio 2011 verrà approvato a fine mese, ma già ora, ragionando sui conti del 2010, da Vicenza chiariscono che l’attivo liquidabile comprende azioni per 19 milioni, quote di fondi di private equity tra cui il Real Venice specializzato sulle fonti energetiche rinnovabili per 65 milioni e strumenti di liquidità per 125 milioni. Le minusvalenze teoriche sui pacchetti Generali, detenuti dalla società partecipata Ferak, verranno registrate. Quanto alla quota del 40% di Palladio che era in mano alla banca inglese Hsbc, si precisa che è ora intestato a Veneto Banca e Banco Popolare e a imprenditori veneti.
Sempre da Vicenza si conferma che Roberto Meneguzzo e Giorgio Drago, i due gerenti di Palladio, hanno informato dei loro progetti su Fonsai e Premafin i partner del fondo Vei Capital, che ha ancora circa 300 milioni da investire anche nelle assicurazioni se in una logica di private equity. Il partner più importante, le Generali, presenti con 150 milioni, recalcitra. Fonti vicine alla compagnia triestina ricordano che ciascun sottoscrittore di Vei Capital è libero di avere le sue opinioni. Il che, decodificato, vuol dire che Generali remerà contro, ma Palladio fa sapere di poter decidere comunque.
Prende tempo, invece, la Consob sulla richiesta di esenzione dall’Opa su Premafin e, a cascata, su Fonsai e Milano, presentata da Unipol in quanto la sua offerta si configurerebbe come un salvataggio aziendale, corredato da due aumenti di capitale da 1,1 miliardi, l’uno in capo a Fonsai e l’altro a Unipol gruppo finanziario. La commissione di controllo sulla Borsa, presieduta da Giuseppe Vegas, non ha ancora esaminato il quesito perché non è ancora pronto, nero su bianco e in via definitiva, l’intero piano di salvataggio. Sul quale l’Isvap ha 60 giorni di tempo per esprimersi.
Il piano Unipol farebbe confluire nella nuova Uni-Fonsai 1,5-1,6 miliardi, al netto dei debiti Premafin e degli oneri dell’eventuale recesso. Sator e Palladio sottolineano come la loro proposta (aumento di capitale di 450 milioni in Premafin a supporto di quello da 1,1 deliberato da Fonsai ma senza fusioni) non scarichi i debiti della holding sulla compagnia. L’Isvap, tuttavia, misura sì l’indice di solvibilità della compagnia, ma, quando questa è controllata da una holding, considera anche un indice consolidato che tiene conto anche dei debiti dell’azionista.
Massimo Mucchetti