Andrea Pasqualetto, Corriere della Sera 09/03/2012, 9 marzo 2012
FRANCO, L’«AFRICANO» COL CUORE IN ITALIA PARTITO CON UNA PROMESSA: TORNO PRESTO
Era partito per la Nigeria dieci anni fa con una promessa: «Torno presto». E Franco Lamolinara, 47 anni, ingegnere di Gattinara (Vercelli), appena i cantieri africani lo consentivano riprendeva sempre l’aereo per l’Italia. Laggiù, verso il confine con il Niger, progettava edifici per una società di costruzioni edili, la Stabilini Visinoni limited. L’ultimo cantiere era quello della Banca centrale, rimasto per lui solo sulla carta, visto che nella notte fra il 12 e il 13 maggio è stato rapito da un gruppo armato.
In Nigeria viveva a Birnin Kebbi, la capitale dello Stato di Kebbi, nel nord-ovest del Paese, in una foresteria messa a disposizione dalla società ai dipendenti, diventati la sua seconda famiglia. Il cuore era però rimasto in Italia, dalla moglie Anna e dai suoi figli, Nicole e Mattia, di 18 e 16 anni. Nonostante i lunghi periodi di assenza, a Gattinara l’ingegnere era molto conosciuto e benvoluto. Per la sua giovialità, per gli impegni sociali, come la festa dell’uva di settembre alla quale cercava di non mancare mai dietro il bancone, o come l’aiuto che dava ai centri estivi organizzati dalla parrocchia e a quella sportiva del palazzetto dove lavora pure la moglie.
Alla notizia della morte del marito, Anna è stata colta da malore. Poi ha ripetuto come un refrain tre parole: «Lo dovevano liberare». L’ha detto al sindaco, Daniele Baglione, amico di famiglia, e l’ha ripetuto a don Renzo Del Corno, il parroco che subito dopo il rapimento aveva organizzato una fiaccolata molto partecipata per Franco: «In questi mesi di assenza era cresciuta la speranza, ora sappiamo che era stata solo un’illusione. Oggi non ci resta che attendere la salma».
I parenti avevano scelto la linea del silenzio per non pregiudicare la trattativa con i rapitori. Lo scorso anno il commando aveva fatto pervenire un video all’agenzia di stampa France Presse di Abidjan, in Costa d’Avorio. Era agosto e per Anna quelle immagini furono un sollievo, anche se il suo Franco diceva, insieme con il suo collega britannico Christopher McManus, pure lui ostaggio, di essere finito nelle mani di Al Qaeda.
Da allora parenti e amici di famiglia si sono chiusi in uno stretto riserbo, cercando invece la massima collaborazione con la Farnesina, che li ha più volte tranquillizzati. «Dicevano che l’esito poteva essere felice, che bisognava avere solo un po’ di pazienza — riferisce il sindaco —. Ho appena visto la moglie e i figli, sono distrutti, anche perché impreparati a questa tragica fine. Io li ho frequentati in questi mesi e ho vissuto con loro l’inquietudine ma anche l’ottimismo che arrivava dai loro contatti. Questa è una grossa perdita non solo per la famiglia ma anche per il paese. Perché su Franco si poteva sempre contare quando c’era. Ho ancora davanti agli occhi la sua foto con Anna, sorridenti, all’ultima sagra».
Da Birnin Kebbi ha parlato Gerardo Ferrara, uno dei responsabili della Stabilini Visinoni: «Siamo distrutti dal dolore. Non conosciamo la dinamica dei fatti, sappiamo solo di aver perso un membro della nostra famiglia».
Il prefetto di Vercelli, Salvatore Malfi, conferma la sorpresa per l’improvvisa svolta negativa della vicenda: «Nessuno si aspettava questo epilogo e ora il dolore è immenso». Gattinara proclama oggi il lutto cittadino per il suo ingegnere «africano».
Andrea Pasqualetto