Filippo Facci, Libero 9/3/2012, 9 marzo 2012
SEGRETI E SPIFFERI: LA «STRANA» INCHIESTA
C’è qualche stranezza. I verbali dell’indagine sul leghista Davide Boni, per cominciare, sono stati secretati e ciò nonostante il Fatto e Repubblica non li hanno ancora pubblicati: sconcertante. Il dato, battute a parte, è interessante per più ragioni. Una di queste suggerisce che le cronache giudiziarie, anche senza verbali e intercettazioni e insomma virgolettati, a quanto pare si possono fare lo stesso senza che tuttavia manchino le notizie. È anche vero che il caso di Michele Ugliola, l’accusatore del presidente del consiglio regionale lombardo, è particolare: le sue dichiarazioni e i suoi verbali si trovano nel crocevia di due diverse indagini milanesi, motivo forse di qualche discrezione addirittura tra procura e procura. Il segreto investigativo, ergo, ogni tanto regge.
L’abbondanza di carte segretate e interrogatori disseminati di omissis, d’altro canto, evidenzia che su mere testimonianze si regge più o meno tutta l’indagine («sarà un processo di parole», scriveva ieri il Corriere) e appalesa che riscontri e pezze d’appoggio sono quanto i magistrati vanno cercando con le perquisizioni di questi giorni, forse un po’ tardive considerando che le voci sull’inchiesta corrono dall’estate scorsa. Non siamo più alla prima Mani pulite – a dispetto di qualche protagonista – e il verbalino riproposto in aula non basterà più, ogni accusa dovrà essere validata e confermata nell’oralità di un dibattimento: l’assenza di altre pezze d’appoggio – anche se si parla di qualche sporadica intercettazione – potrebbe perciò complicare le cose. Per essere franchi: gli accordi corruttivi alla Regione Lombardia appaiono anche probabili e veritieri, ma dimostrarli sarà un altro paio di maniche.
Perquisizioni tardive, si diceva. L’accusatore Michele Ugliola finì in galera nella primavera scorsa (una tangente per sbloccare una pratica a Cassano d’Adda) e da allora si mormorava che avesse messo la Lega nel mirino. Davide Boni e il collaboratore Dario Ghezzi avranno avuto modo di pensarci su, e così pure i componenti di quello che gli inquirenti hanno già definito un «sistema delle tangenti che coinvolgerebbe almeno una decina di esponenti politici di Lega e Pdl e altrettanti imprenditori». E qui si può notare un’altra bizzarria: da una parte segretazioni e discrezioni esemplari, appunto, dall’altra ecco che gli stessi magistrati scolpiscono direttamente le responsabilità politiche di Lega e Pdl: peraltro ovvie, visto che in Regione governano loro. Una sentenzina anticipata, diciamo così, a dispetto di scenari corruttivi che hanno pure una plausibilità - opinione nostra - ma che dimostrare in aula, ripetiamo, potrebbe non essere semplice. Lo dimostra un dettaglio non da poco: Michele Ugliola è lo stesso personaggio che nel 1998 accusò l’esponente di Forza Italia Giovanni Terzi (che restò in galera per tre mesi) il quale – a proposito di dichiarazioni e mancati riscontri – per quelle accuse fu tuttavia assolto in Appello a metà del 2005. Il quadro indiziario disegnato da Ugliola nell’occasione fu definito ««vago, generico e per nulla circostanziato», nonché connotato da certa «particolare ambiguità espressiva». Tra le ipotesi per cui fu pure indagato l’anno scorso, Ugliola, c’erano alcune false fatturazioni con l’immobiliarista Luigi Zunino (poi coinvolto nell’indagine su Boni) in relazione all’ex area Falck di Sesto San Giovanni, noto feudo di sinistra e improbabile appannaggio, quindi, del sodalizio corruttivo Lega-Pdl che i pm milanesi hanno esclusivamente citato. Ma forse non hanno nominato il Pd perché gli atti di quell’inchiesta sono finiti a Monza.
Filippo Facci