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 2012  marzo 10 Sabato calendario

ZUCCHERO SEMPRE PIU’ AMARO

Lo zucchero è sempre più dolce in Asia e sempre più amaro in Europa. È questa la conclusio­ne alla quale si arriva osservando l’andamento dei mercati e delle pro­duzioni di uno dei più importanti prodotti alimentari al mondo, che in Italia conta 10mila agricoltori e 500mila tonnellate prodotte contro un fabbisogno di 1,6 milioni. A fare il punto sul comparto ci ha pensato Confagricoltura riportando le ultime analisi di Rabobank, l’istituzione fi­nanziaria olandese specializzata nel settore agro-industriale. A conti fat­ti, i mercati dello zucchero crescono in Estremo Oriente, trainati dall’au­mento della popolazione e dei red­diti. In particolare, sale la domanda proveniente da Cina e Indonesia. Certo, viene precisato, si tratta di mercati instabili e, storicamente, la prospettiva di forti oscillazioni dei prezzi è stata spesso di ostacolo agli investimenti m l’evoluzione dei mer­cati dei co-prodotti e l’energia verde a base di zucchero, permettono di at­tutire l’impatto della volatilità delle quotazioni, facendo crescere la com­petizione per il commercio di questo prodotto nell’area del Pacifico asia­tico.

La conseguenza di tutto questo? In Estremo Oriente la produzione di zucchero sta aumentando. In Cina, «l’industria dello zucchero – spiega Confagri – continuerà a consolidar­si, spinta dall’aumento dei consumi. In Indonesia, secondo Paese consu­matore di zucchero in Asia orienta­le, l’industria è cresciuta rapidamen­te ». Tutto senza contare la Thailan­dia, principale fornitore del mercato orientale, che ha aumentato di oltre il 30% l’area coltivata a canna da zuc­chero, rispetto ad un aumento del 7% di quella a riso. E nel gioco turbino­so dei mercati asiatici ci si è messa anche l’Australia che da sola forni­sce il 16% dei volumi scambiati al­l’interno della regione, ed è supera­ta solo dalla Thailandia. Intanto, fan­no notare sempre gli imprenditori a­gricoli, multinazionali dello zucche­ro, tra cui Wilmar International, Mi­tr Phol e COFCO, «hanno recente­mente investito nell’industria au­straliana, per soddisfare la domanda dell’Estremo oriente. Quattro dei cin­que più grandi zuccherifici in Au­stralia (in termini di produzione), so­no ora di proprietà di società estere». Insomma, l’esplosione dei mercati a­siatici dello zucchero andrebbe ca­valcata, ma in Europa e in Italia è tut­ta un’altra storia. «L’Europa – dice in­fatti Confagricoltura – ha spinto i Pae­si mediterranei come l’Italia a di­smettere l’attività produttiva in un settore che resta strategico». Per que­sto, se l’Italia è fortemente deficitaria di zucchero, anche l’Europa non è da meno con una autosufficienza del 75% pur producendone 20 milioni. Così, anche se recuperare la produ­zione perduta è adesso molto diffici­le, Confagri lancia un appello: «La quota produttiva residua e gli stabi­limenti di trasformazione vanno pre­servati anche perché non sono state presentate valide alternative coltu­rali o di filiera, mentre crescono e­normemente i consumi mondiali di zucchero».