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 2012  marzo 09 Venerdì calendario

Caro direttore ti scrivo, strafalcioni inclusi – Domenica 11 marzo a Bolzano la giuria di «Caro direttore», presieduta da Lella Costa, sceglierà, dopo una selezione fatta da una rete di lettori che ha vagliato qualcosa come 100 mila scritti, la lettera più significativa del 2011

Caro direttore ti scrivo, strafalcioni inclusi – Domenica 11 marzo a Bolzano la giuria di «Caro direttore», presieduta da Lella Costa, sceglierà, dopo una selezione fatta da una rete di lettori che ha vagliato qualcosa come 100 mila scritti, la lettera più significativa del 2011. Ma come se la cavano gli italiani con le lettere? Il congiuntivo? Morto e sepolto. Del futuro anteriore non c’è traccia e la punteggiatura, ormai, è un’opinione, le virgole si mettono a caso, il punto e virgola nessuno sa che cosa sia, in compenso c’è una pletora di punti esclamativi. Della sintassi meglio non parlare e anche l’ortografia lascia parecchio a desiderare. Insomma, l’italiano, inteso come lingua, non se la passa proprio bene. Lo si sospettava perché l’italiano parlato è sempre più violentato e immiserito, ma restavano briciole di speranza perché almeno quello scritto riuscisse a cavarsela. Invece no, non c’è proprio differenza, nell’immiserimento dell’italiano, tra parlato e scritto. Le prove sono al di sopra di ogni sospetto: le lettere che gli italiani mandano ai giornali, scritti che ieri finivano in una busta indirizzata a questo o a quel direttore e che oggi, in grandissima parte, sono e-mail. Può darsi che questo sistema di comunicazione abbia, per la sua stessa natura che più veloce non si può, inciso sulla corruzione e lo svilimento dell’italiano, fatto sta che le lettere ai giornali oggi pitturano un popolo al quale non mancano le idee ma che fa una gran fatica a esporle come si deve o, almeno, in un modo corretto. È la prima sensazione dalla quale si è toccati sfogliando, sul web, le pagine di «Caro direttore» (www.carodirettore.eu), un sito che, firmato dall’Azienda di soggiorno e turismo di Bolzano, ha regalato e regala protagonismo alle lettere apparse sui giornali, selezionando ogni giorno le più interessanti, escluse quelle su problemi e questioni sentimentali che formicolano sui femminili. Di lettere ne arrivano ai giornali, i quotidiani soprattutto, migliaia e migliaia al giorno, i grafomani, quelli che si ritengono non riconosciuti maître à penser, non sono pochi, molto insistenti e onnipresenti, non si accontentano di un giornale e scrivono in contemporanea a tre quattro cinque testate, cambiando naturalmente nome: c’è qualcuno, tra gli onnipresenti, con decine di pseudonimi. Ma i più scrivono ai giornali convinti e lo fanno per raccontare e per raccontarsi, per denunciare, per contestare, per proporre e spesso danno notizie. Che sui Freccia Rossa, per esempio, il bar fosse vietato ai passeggeri delle classi inferiori sono stati i lettori a denunciarlo, i giornalisti che, perlopiù, non degnano di un’occhiata la pagina o le pagine (addirittura quattro sul Gazzettino) delle lettere sono arrivati molto dopo. E tra i tanti che scrivono convinti delle loro idee e dello strumento che utilizzano, le lettere al direttore, spiccano nomi illustri: Victor Uckmar, in particolare, abituato a «esternare» sul Corriere della Sera e citato per un suo scritto dal presidente del consiglio Mario Monti; e Alberto Arbasino che scrive, con quel suo stile quasi barocco, un po’ dappertutto, Repubblica, Stampa, Corriere della Sera. Se con Uckmar, Arbasino e pochi altri, la scrittura è quasi accademica, la media di chi si rivolge ai giornali è, a essere comprensivi, molto naïf, esprimendo una lingua che, senza gridare allo scandalo, è poi quella di oggi, un po’ sgangherata. E lo è tal punto che su «Caro direttore» in ognuna delle pagine dedicate alle lettere si pubblica, in piede, questa precisazione: «Ci sono stati rimproverati errori di vario tipo, in particolare di grammatica e di sintassi, nelle lettere che sono state selezionate per il sito. La colpa non è nostra. Le abbiamo trascritte tali e quali dai giornali che evidentemente, a loro volta, rispettando completamente i lettori che scrivono, hanno deciso di pubblicarle così come a loro sono arrivate». È un modo, elegante, per giustificare i tanti strafalcioni. Ma è forte il sospetto che chi, in redazione, ha «passato» le lettere degli errori, di grammatica, di sintassi o peggio, non se ne sia proprio accorto.