Federico Rampini, la Repubblica 9/3/2012, 9 marzo 2012
Siria, caccia al tesoro del regime in fuga all’estero i capitali delle élite – NEW YORK - È la prima defezione di alto rango che colpisce il regime di Bashar al-Assad
Siria, caccia al tesoro del regime in fuga all’estero i capitali delle élite – NEW YORK - È la prima defezione di alto rango che colpisce il regime di Bashar al-Assad. Ieri il viceministro del petrolio siriano ha annunciato di essere passato dalla parte dell’opposizione. L’alto dignitario, Abdo Husameddine, ha affidato a un video su YouTube la sua dichiarazione, denunciando «la brutale repressione» e lanciando un appello perché altri esponenti del governo lo seguano. Il viceministro ha detto di volersi «unire alla rivoluzione di un popolo pieno di dignità». "Sono stato al governo per 33 anni - ha dichiarato Husameddine - e non voglio servire la mia carriera al servizio dei crimini di questo regime. Preferisco fare ciò che ritengo sia giusto, anche se so che questo regime distruggerà la mia casa e perseguiterà la mia famiglia». La notizia è stata accolta con interesse e cautela negli Stati Uniti. Si tratterebbe del primo esponente del governo di Assad che passa all’opposizione, ha sottolineato il deputato repubblicano Mike Rogers che presiede il comitato della Camera sui servizi segreti. La notizia arriva in una fase in cui l’ intelligence americana è a caccia di notizie sulle fughe dei capitali siriani all’estero. La Cia e il Pentagono hanno ricostruito l’uscita di milioni di dollari da Damasco, finiti per lo più in conti offshore a Dubai e in Libano. I servizi americani sono certi che si tratta di capitali che appartengono all’oligarchia del regime, a personaggi molto vicini allo stesso Assad. Resta aperto però un interrogativo cruciale: queste fughe di capitali sono i sintomi che l’élite si sta disintegrando e che i notabili si preparano alla caduta di Assad? Oppure si tratta di una semplice precauzione, come spesso accade nei regimi autoritari e corrotti, i cui oligarchi si costruiscono delle "polizze assicurative" parcheggiando patrimoni all’estero? Quale delle due risposte sia giusta, è fondamentale per la Casa Bianca. Da tempo ormai Obama ha incaricato il Pentagono di mettere a punto piani dettagliati per un intervento militare in Siria. Anche se il presidente è molto riluttante ad aprire un nuovo conflitto, vuole che tutte le opzioni siano sul suo tavolo. Ma l’eventualità di un’azione militare è legata alla credibilità, alla forza e alla compattezza dell’opposizione siriana. Nonché alle probabilità di decomposizione del regime di Assad. Washington ha bisogno di capire anche in quale misura le sanzioni economiche imposte sulla Siria, da parte dell’Occidente e della Lega araba, stiano davvero "mordendo" negli interessi delle élite. È noto che Assad ha consolidato il suo potere in diversi modi: da una parte con la repressione militare degli avversari e di ogni protesta popolare; d’altra parte anche garantendo opportunità di arricchimento alla cerchia dei suoi alleati, in particolare i membri della religione alawita che è il nocciolo duro del consenso al regime. «Il collante che tiene insieme il sistema di potere a Damasco - ha dichiarato al Washington Post l’esperto Andre Tabler del Washington Institute for Near East Policy - è il fatto che quella vasta cerchia guadagna milioni di dollari all’anno. Hanno un investimento personale nella sopravvivenza del regime. Il problema è che ancora non riusciamo a capire dove sta il punto di rottura nelle relazioni che li legano». L’ intelligence americana tende a interpretare le fughe di capitali a Dubai e in Libano come dei sintomi di crisi nell’entourage di Assad. Il deputato Rogers teme che si tratti solo di «gente che preferisce avere una forma di copertura dal rischio». La Cia e il Pentagono hanno coinvolto anche gli esperti del Dipartimento del Tesoro, per avere un’idea più chiara di quei flussi finanziari. Se si confermasse che le uscite di fondi segnalano uno sfrangiamento nel cuore del regime, allora anche l’ipotesi di un’azione militare in appoggio all’opposizione diventerebbe meno rischiosa. La defezione del viceministro del petrolio aggiunge un tassello all’interpretazione più ottimista, di chi considera imminente un fuggi fuggi dal regime di Assad sul modello di quel che avvenne in Libia nelle ultime settimane di Gheddafi.