Antonella Rampino La Stampa 10/3/2012, 10 marzo 2012
Comunque, quello che conta, ora, è cominciare. Dare il via ai lavori e condurli in porto, velocemente
Comunque, quello che conta, ora, è cominciare. Dare il via ai lavori e condurli in porto, velocemente. Imbrigliare quelle acque. Trasportare la loro forza idraulica a grandi distanze... Sono queste le vere opere di pace, di una pace duratura... Speriamo...». Il Mezzogiorno arde di sete, siamo nel 1921, e il presidente del Consiglio è reduce da un giro in auto con l’amministratore della società pubblica che deve costruire serbatoi e impianti per la produzione di energia elettrica nella Sila. E’ un’urgenza febbrile, quella di Francesco Saverio Nitti. Per l’acqua nel suo Mezzogiorno, per le elezioni politiche di lì a poco, «per il quadro cupo dell’Italia e dell’Europa, della grave crisi». Ma è anche contento di essere nel luogo «dove finalmente compirà un balzo il sogno dell’elettrificazione». O almeno, così Fabrizio Barca descrive di proprio pugno il politico radicale, «inventore» dell’Ilva di Bagnoli, ministro dell’Agricoltura per Giolitti e poi del Tesoro per Orlando, fondatore dell’Istituto per il cambio con l’estero e primo sodale di Beneduce, e poi presidente del Consiglio. Il primo a sottovalutare nel ‘22 Mussolini, ma anche il primo a votargli la sfiducia al momento del grido «farò di questo Parlamento un bivacco per i miei manipoli!» (Giolitti, Orlando, de Gasperi e Facta invece la fiducia gliela diedero), e avendone in cambio la casa distrutta proprio da quei manipoli, e l’esilio. Francesco Saverio Nitti fu anzitutto un meridionale e un meridionalista, e in queste non limitate vesti ha letteralmente stregato Fabrizio Barca, discendente da una stirpe che aveva casa a Botteghe Oscure, giovane e brillante collaboratore di Ciampi, addetto al Mezzogiorno per il Tesoro e, oggi, infine ministro per la Coesione Territoriale del governo Monti. Stregato al punto che il neoministro ha preso carta e penna e, con la collega d’accademia Leandra D’Antone (che pure ha una forte vena meridionalistica, celebre il suo pamphlet sulla lunga storia della Salerno-Reggio Calabria come paradigma dell’assurdo in materia di investimenti pubblici) ha scritto addirittura un testo teatrale. «Paradossi nella vicende della mia vita», si intitola, e va in scena a Maratea sabato prossimo, dove la Fondazione Nitti di cui Barca è consigliere per conto del Tesoro inaugura nella restaurata Villa Nitti la prima vera scuola di alta formazione del Mezzogiorno. «Barca ha dedicato buona parte della sua vita di studi al tema dello sviluppo nel Mezzogiorno, e Nitti è il maggior interpreta nel ‘900 di quella cultura pubblica che, invece del binomio assistenza e controllo, sceglie produzione e sviluppo», dice il professor Stefano Rolando che della Fondazione Nitti è presidente. Nitti - come Crispi, Menichella, Sturzo e Di Vittorio raccontati prima anche in un libro del 2007 per Laterza, «Il Sud che ha fatto l’Italia» disegnò e attuò «forme originali di intervento dello Stato», forme tali da sfuggire «a ogni povera schematizzazione statalista o liberista».