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 2012  marzo 10 Sabato calendario

Centinaia di condivisioni tra Twitter e Facebook, numerose «riprese» sui blog, un’infinità di commenti, e soprattutto la risposta in diretta di Giorgio Faletti, ieri sera alle «Invasioni barbariche» di Daria Bignardi su La7

Centinaia di condivisioni tra Twitter e Facebook, numerose «riprese» sui blog, un’infinità di commenti, e soprattutto la risposta in diretta di Giorgio Faletti, ieri sera alle «Invasioni barbariche» di Daria Bignardi su La7. Fa discutere, insomma, l’articolo di Pietro Citati uscito ieri sul «Corriere della Sera», Dan Brown, Coelho, Faletti: bestseller da non leggere, in poche ore balzato al secondo posto tra i più letti su Corriere.it. Nell’articolo Citati attaccava proprio Faletti e i bestseller, rei di rendere la lettura «una specie di orgia, dove ciò che conta è la volgarità dell’immaginazione, la banalità della trama e la mediocrità dello stile. Credo che sia molto meglio non leggere affatto, piuttosto che leggere Dan Brown, Giorgio Faletti e Paulo Coelho». «Ho scoperto oggi l’esistenza di Citati — ha esordito ironico in trasmissione Faletti —, mentre Dan Brown e Coelho li conoscevo già». Incalzato dalla Bignardi, ha affermato: «Rispondo con un bisillabo: Totò. Anche Totò fu massacrato, disintegrato dalla critica, mentre oggi è considerato un genio». Lo scrittore ha poi citato Giovanni Paolo II («Se perfino il Papa ha chiesto scusa per gli errori della Chiesa, penso che anche i critici dovrebbero farlo per le cantonate madornali che hanno preso») per paragonarsi infine a Scott, Dumas e Mark Twain, «distrutti dalla critica del loro tempo». Proprio sul tema dei bestseller, invece, il pubblico dei blog e dei social network si è diviso. Mentre un lettore su Ilpost.it si chiede «Dov’era Citati mentre la cultura italiana si imbarbariva?», sulla pagina Facebook di Corriere.it una commentatrice scrive: «La maggior parte dei libri apprezzati dai critici sono delle "palle uniche"!». C’è chi dà ragione a Citati e riferendosi ai bestseller «non spenderebbe 50 centesimi, per simile spazzatura», e chi invece taglia corto (commentando il passaggio dell’articolo sulla «generazione che pubblicava i propri libri attorno al 1960-70», definita da Citati «la più ricca e feconda apparsa da secoli»): «Spazzatura ne usciva tantissima anche allora». Sul fronte degli editori, le opinioni sono più omogenee, in difesa dei bestseller e della lettura. «In generale — risponde Elisabetta Sgarbi, direttore editoriale di Bompiani, che pubblica Paulo Coelho — non credo sia meglio non leggere che leggere gli autori che Citati non ama». E prosegue: «È meglio leggere con assoluta libertà, cercando di essere consapevoli di quello che si legge (come ogni lettore naturalmente sa). Condivido la preoccupazione di Citati relativamente alla scomparsa dei classici. Ma è un discorso diverso e complesso e starei comunque attenta — per amore delle librerie e dei libri — a puntare sul taglio del prezzo come propone Citati». «La narrativa di intrattenimento — aggiunge Stefano Mauri, presidente e amministratore delegato di Gems — non ha alcuna pretesa di spostare l’opinione della gente: se ai lettori piace il bestseller sono liberi di farselo piacere. Anzi, acquistandolo aiutano i librai». E anche Alessandro Dalai, che pubblicò nel 2002 il primo thriller di Faletti, difende i bestseller: «In realtà Citati sbaglia a tentare di paragonare tre libri o autori così diversi: hanno un solo punto in comune, quello di essere bestseller. Ma che essere bestseller sia una colpa, è un’opinione di Citati. Il quale però non mi convince: è uno che conosce troppo l’editoria per non sapere che il grande successo è quello che rimane e questi sono scrittori che rimangono. Certo, sono libri che hanno una costante di intrattenimento innegabile. Ma resistono da 13-15 anni: una stagione lunga. Pensiamo ai grandi scrittori popolari: quando arrivavano i libri di Dickens in America, le navi erano assaltate dal pubblico dei lettori. Che ne pensa Citati: Dickens è o no un grande scrittore?». Sul punto insiste anche Paolo Repetti, direttore editoriale insieme a Severino Cesari di Einaudi Stile libero, che pubblica il nuovo romanzo di Faletti: «Questa distinzione che Citati fa, con una provocazione che si può permettere, è eccessiva, non la condivido. La lettura di un libro è un atto che implica sempre una posizione individuale, un atteggiamento esistenziale che è rischiosissimo perdere, specie per chi è impegnato nel surf continuo online. I ragazzi devono leggere anche per imparare a essere soli con se stessi, svolgendo un’attività non immediatamente gratificante. E poi nell’editoria hanno sempre convissuto qualità e mercato, Walter Scott e Keats, Twain e James. Faletti? Appartiene ai narratori popolari di qualità, non aiuta nella prospettiva storica considerarlo un pericolo». Quanto alla contestata legge Levi, il sito Chicago-blog.it pubblica un intervento dal titolo «Abolire la legge sul prezzo dei libri, lo dice anche Pietro Citati». Divise anche le posizioni degli editori. «In un Paese in cui il 46 per cento degli abitanti è analfabeta di ritorno — dice Dalai —, speriamo che il libro diventi un bene di largo consumo. Qui invece si limita la libertà d’impresa, ma c’è un mercato che chiede in tutti i settori liberalizzazioni». Dissente Paolo Pisanti, presidente dell’Associazione librai: «È una dichiarazione piuttosto semplicistica quella di Citati, su una legge votata all’unanimità in Parlamento, da guardare con rispetto. Bisogna invece augurarsi che la gente legga di più». Conclude Mauri: «Io penso che una legge così si giudichi nei 2-3 anni, anche perché è frutto di un lungo percorso, certo concluso nel momento sbagliato. Con una crisi così è difficile mantenere il sangue freddo. Ma questa legge vuole tutelare i piccoli operatori, librai ed editori, e chi investe soltanto sul libro». Mauri spiega però anche un effetto secondario che rischia di indebolire la nuova regolamentazione: «Certo, paradossalmente è passato l’uso di dare lo sconto su altri beni, invece che sui libri. Un fatto che finisce per svantaggiare chi vende solo libri e favorire gli altri. Come dice l’adagio: "Fatta la legge, gabbato lo santo"».