Federico Rampini, la Repubblica 10/3/2012, 10 marzo 2012
dal nostro corrispondente NEW YORK - L´effetto-Fukushima è già finito. A livello mondiale è stato una parentesi, breve ed effimera
dal nostro corrispondente NEW YORK - L´effetto-Fukushima è già finito. A livello mondiale è stato una parentesi, breve ed effimera. La riscossa dell´atomo è in atto: questo rivelano i dati della World Nuclear Association. Attualmente sono in costruzione ben 60 nuove centrali nucleari. Altri 163 reattori per la produzione di energia sono stati ordinati alle aziende che li producono, o hanno comunque superato lo stadio di approvazione e finanziamento da parte dei rispettivi governi. Fukushima, il più grave disastro dopo quello di Chernobyl nel 1986, è dunque passato senza lasciare traccia? In realtà il rapporto della World Nuclear Association rivela due mondi completamente divaricati tra loro: da una parte i paesi ricchi ad antica industrializzazione (Occidente più Giappone), dall´altra le potenze emergenti. Il «primo mondo» ha bloccato quasi completamente il nucleare, con parziali eccezioni in Francia e Stati Uniti. La riscossa dell´atomo si concentra tutta nel «secondo mondo», cioè i Bric e altre nazioni in ascesa. La Rosatom, azienda di Stato russa che produce ed esporta reattori nucleari, ha annunciato al Wall Street Journal di «non aver perso una sola commessa in seguito all´incidente di Fukushima». La stragrande maggioranza delle nuove centrali sta vedendo la luce in Asia: la parte del leone la fa la Cina, seguita dall´India. Ma l´atomo va forte anche in altri paesi in corso di rapida industrializzazione, i cui consumi energetici salgono in misura esponenziale per lo sviluppo di settori "energivori" come l´acciaio e l´alluminio: per esempio in Vietnam. S´inserisce nella stessa tendenza filo-nucleare perfino la Corea del Sud, che pure ha caratteristiche più simili al Giappone in quanto ha già raggiunto un elevato livello di sviluppo, e inoltre è una democrazia pluralista. Ma più del colore dei sistemi politici, contano le proiezioni sui consumi di energia, per determinare dove si fa a meno dell´atomo e dove invece questa fonte di energia continuerà a svolgere un ruolo. L´Agenzia internazionale dell´energia (Aie) prevede che i consumi di elettricità cresceranno del 2,4% all´anno mediamente per i prossimi due decenni. Nel 2035 il mondo consumerà l´80% di corrente in più rispetto ad oggi. Ma questa media è la risultante di tendenze ben diverse: il fabbisogno di energia sempre secondo le stime Aie crescerà del 5,4% annuo in India, del 4% all´anno in Cina, contro l´1% negli Stati Uniti e lo 0,9% nell´Unione europea. Risultato: il 53% di tutte le nuove centrali elettriche che verranno costruite da oggi al 2020 (e non solo quelle atomiche, anche le centrali termoelettriche a gas o carbone) nasceranno nell´area dell´Asia-Pacifico. Di tutta quella crescita ben più della metà avverrà in Cina. Infatti la Repubblica Popolare da sola costruirà il 38% delle nuove centrali elettriche che sorgeranno nel mondo intero in questi otto anni. Il parco-centrali aggiuntivo che la Cina sta costruendo ogni anno equivale alla totalità delle centrali elettriche esistenti in una grande nazione europea come la Francia o l´Inghilterra. Dunque, dov´è l´effetto Fukushima? E´ tutto concentrato in una manciata di paesi. Il Giappone, che nel 2010 ricavava il 30% della sua corrente elettrica dall´atomo, ha mantenuto in funzione solo due reattori su 54. Germania, Italia e Svizzera hanno bloccato l´atomo in tutto o in parte. Perfino la super-nuclearizzata Francia ha qualche ripensamento, almeno nella piattaforma elettorale del candidato socialista alle presidenziali, François Hollande. Negli Stati Uniti i programmi di costruzione di nuove centrali sono rallentati - Barack Obama ne ha autorizzate solo due in Georgia - per una convergenza di ragioni: l´inasprimento dei controlli di sicurezza, ma anche i forti dubbi sulla redditività economica di questa forma di energia rispetto agli enormi investimenti richiesti. Il problema della redditività si pone in modo assai meno stringente nelle potenze emergenti come Cina e Russia dove l´energia è in mano ad aziende di Stato. Pechino a dire il vero ha messo "sotto esame" la sicurezza delle sue centrali dopo Fukushima, e tuttavia mentre l´esame continua non si registra un rallentamento significativo nei piani di costruzione. India e Corea del Sud, per la natura democratica, hanno avuto delle forti proteste da parte degli ambientalisti dopo Fukushima. Ma anche in quei paesi, l´imperativo della "fame energetica" finora continua a fare premio