Leonardo Maisano, Il Sole 24 Ore 8/3/2012, 8 marzo 2012
NELLE SPESE PER LA DIFESA L’ASIA SORPASSA L’EUROPA
«La sfida per il mondo occidentale consiste nel riuscire a mantenere, in epoca di austerità, l’efficienza militare sviluppata in un decennio di operazioni multilaterali ora in via di conclusione». L’Istituto internazionale di studi strategici (Iiss) di Londra nel diffondere il Military Balance, valutazione globale degli equilibri della difesa planetaria, solleva dei dubbi sulla tenuta del «fronte occidentale».
La coincidenza di decisi tagli alla difesa con la fine imminente di importanti missioni nel mondo, mettono a dura prova il fronte euro-americano. Soprattutto quello europeo che per la prima volta nella storia ha stanziamenti complessivi inferiori a quelli del cotè orientale, non più l’ex Urss, per decenni metro di paragone, ma l’Asia nel suo complesso. «In termini nominali - scrivono gli esperti dell’Istituto britannico - nel corso del 2012 molto probabilmente la spesa per la difesa del blocco del Far East risulterà essere superiore a quella europea». Fra il 2008 e il 2010 sedici Paesi dell’Unione e membri della Nato hanno ridotto i propri budget in taluni casi fino al 10%, mentre gli stessi capitoli di spesa nell’area asiatica sono cresciuti complessivamente del 3,15 per cento. La Cina, colosso planetario anche su questo fronte, nel corso del 2012, secondo fonti di Pechino, aumenterà gli stanziamenti di un ulteriore 11,5 per cento.
Ciononostante, a parere del direttore generale dell’Istituto di studi strategici, John Chipman, il progresso tecnologico cinese «è più modesto di quanto si voglia far credere». Cina, India, Giappone, Corea del Sud, Australia contribuiscono all’80% del bilancio globale della spesa militare nel Far East. Pechino ha, però, aumentato del 30% la sua quota nel complesso del budget della regione. Progressione preoccupante forse, certamente inevitabile essendo riflesso di una dinamica globale che vede lo sviluppo economico a Est a fronte di una dolorosa contrazione a Ovest. Almeno nell’Ovest europeo. «Anche gli Usa - scrivono gli analisti dell’International institute of strategic studies - hanno cominciato a ridurre la spesa militare dopo un periodo di espansione» ma, precisano, il bilancio cinese del settore è ancora un ottavo di quello americano. Ci vorranno almeno quindici anni perché Pechino possa raggiungere un livello simile a quello di Washington.
Al contrario il trend europeo è destinato a proseguire nel segno dell’austerità. Non si scorge nessuna inversione di tendenza come suggerisce il diffuso disavanzo delle finanze pubbliche dell’Unione. E le conseguenze sono già evidenti. «Ci sono poche possibilità che la stretta ai bilanci sia allentata presto», sostengono gli esperti militari inglesi ricordando che la campagna in Libia ha svelato buchi nelle performance alleate sia sul fronte delle azioni aeree sia nelle operazioni di intelligence. Scenario che spingerà i Paesi europei, secondo Iiss, a condividere sempre di più strumenti militari, in linea con il concetto di "smart defence" proposto dal segretario generale della Nato Anders Fogh Rasmussen. Un processo che, secondo la tesi del Military Balance, crea un problema di dipendenza reciproca e che potrebbe essere pericolosamente dirottato da esigenze finanziarie o anche di semplice opportunità politica. «Per questo - a dare retta alla tesi britannica espressa dagli esperti strategici - dovrà essere la Nato» a dettare il cammino verso una crescente condivisione della capacità militare.