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 2012  marzo 08 Giovedì calendario

La riserva indiana d’Italia invisibili, stakanovisti e innamorati della terra - Un mondo in un Paese

La riserva indiana d’Italia invisibili, stakanovisti e innamorati della terra - Un mondo in un Paese. Un mondo che, nel nostro Paese, ha trovato lavoro, e vive, in piena li­bertà, le proprie feste, le proprie tradizioni, rinnova e festeggia le proprie ricorrenze religiose. Una comunità, o meglio, un arcipela­go di comunità che trova ampio spazio e ospitalità in quasi quat­tromila delle nostre città, dove può organizzare tutto e più di tut­to: dai tornei di calcio alle rasse­gne cinematografiche. E spesso con il patrocinio e il contributo delle pubbliche amministrazio­ni. Dieci volte più piccola dell’In­dia, l’Italia è diventata, infatti, in questi anni, quasi una grande In­dia, se si considera che mentre al­l­a fine del 2002 gli indiani residen­ti in Italia erano 34.080, al 31 Di­cembre 2010, dati Istat alla mano, e dopo le più recenti regolarizza­zioni, risultavano essere 121.036, spalmati in ben 3595 Comuni. Una popolazione in gran parte ma­schile (60,7 per cento), che ha regi­strato il boom di crescita nel 2008, con un incremento del 18 per cen­to delle presenze. Sulla scorta del­le ultime statistiche la comunità indiana è la dodicesima in Italia, numericamente parlando, ma an­che una delle più attive e integrate nel nostro Paese. Le regioni dove gli indiani sono più diffusi sono la Lombardia (46.372), l’Emilia Ro­magna (16.123), il Veneto (14.746) e il Lazio (14.586) men­tre, per quanto riguarda le città le sorprese nella graduatoria non mancano, perché i Comuni con la maggior presenza di indiani sono Roma (6.921), Brescia (2.045), Suzzara (1.244) e Arzignano (1.044). Milano, alla fine del 2010 era soltanto nona con una comu­nità di 879 persone, Firenze undi­cesima con 787 e Genova tredice­sima con 752. Curiosità tra le cu­riosità l’incremento maggiore in termini di percentuale si è registra­to nel 2010 a Terracina con un più 73 per cento, rispetto all’anno pre­cedente, che ha fatto diventare la città laziale, il Comune uno fra i più popolati dagli indiani in Italia con 936 residenti. Ma che cosa fanno e chi sono gli indiani che vivono in Italia? Preva­lentemente svolgono lavori dome­stici, ma molti sono anche coloro che hanno trovato occupazione in alberghi o ristoranti. Vivono presso i datori di lavoro o da soli o con la loro stessa famiglia. In Italia ci sono già una dozzina di centri per indiani. A Roma la comunità indiana, nata dieci anni fa, ogni domenica celebra la Messa in rito siro-malabarese, mentre l’asso­ciazione «Kmayaya Catholic Asso­ciation » è animata da oltre due­cento giovani e molto legata alle tradizioni e alle festività (tra le più importanti quella di San Tomma­so apostolo, annunciatore del Vangelo in India). E se a Roma ci sono indiani che hanno abbrac­ciato la religione cattolica, è nel Mantovano che l’induismo di ca­sa nostra trova la sua massima espressione. Nell’aprile dello scorso anno è stata posta la prima pietra del nuovo tempio induista voluto dall’associazione Shri Hari Om Mandir. La complessa struttu­ra è in fase di completamento nel­la zona artigianale di Polesine, su un terreno di 4 mila metri quadri che l’associazione ha comprato dal Comune per 240 mila euro per andare incontro anche alle richie­ste delle comunità indiane di Pe­gognaga e Suzzara. In via Luther King, a Polesine, i 1360 metri qua­dri di edifici comprendono un tempio centrale, con cupola bian­ca e dorata alta 11 metri e edifici di servizio e vicino al tempio si sta ul­timando anche un ristorante che potrà ospitare fino a 500 commen­sali, costo totale intorno ai 2 milio­ni di euro. Il tempio di Polesine af­fiancherà così quello di Svami Gi­tananda Ashram nel Savonese. A Brescia nella città più popola­ta di indiani dopo Roma, il giudi­zio che si è lasciato sfuggire nei giorni scorsi Dilzan Singh, funzio­nario indiano della Cgil di Bre­scia, non ricambia certo l’affetto con cui i bresciani hanno accolto gli indiani. «I marò italiani doveva­no essere giudicati dallo Stato in­diano. Se li avessero lasciati in ma­no alle autorità italiane c’era il ri­schio che venissero giudicati con troppa indulgenza». Per il 90% di religione sikh, occupati in agricol­tura, e arrivati dal nord dell’India, in particolare dal Panjab, gli india­ni bresciani hanno potuto celebra­re in città ogni loro ricorrenza compreso il Baisakhi, la festa del raccolto del popolo Sikh che cele­bra il libro sacro (oltre 1400 pagi­ne di preghiere che rappresenta­no la parola del Guru). Nel Brescia­no e nel Mantovano si susseguo­no ogni anno tornei di calcio e va­rie sfide sportive tra gli indiani lo­cali, ma ci sono anche Bharat.it un progetto web che fornisce in­formazioni per gli indiani residen­ti in Italia, in procinto di trasferirsi in Italia o più semplicemente in vi­sita e l’Associazione Italia, orga­nizzazione che mette a confronto imprenditori, studiosi, politici ed appassionati amici dei due Paesi. A Milano particolarmente attiva l’associazione culturale che ha co­me obbiettivo principale, quello di divulgare l’ayurveda, yoga, me­ditazione e le discipline olistiche orientali, attraverso seminari, conferenze, corsi di formazione e stage. E ancora c’è chi insiste nell’ organizzare rassegne di film vaga­mente soporiferi targati Bollywo­od, in lingua originale spettacoli di danza classica indiana intitola­ti a Shiva, che non sempre hanno il successo che ha avuto il musical Bharati al Teatro degli Arcimbol­di di Milano nell’ottobre scorso.