Aldo Grasso, Corriere della Sera 08/03/2012, 8 marzo 2012
GEPPI CUCCIARI RISCHIA IL «FAZISMO»
Mi dichiaro qui ufficialmente primo supporter di Geppi Cucciari e proprio per questo mi chiedo, un po’ allarmato, se la versione extra large che le è stata confezionata sia la via giusta per conquistare ascolti. La prima sensazione, a pelle, è che la taglia Elena Mirò non faccia altro che raddoppiare i difetti della vecchia versione. Per esaltare le doti precipue di Geppi, un misto di intelligenza lesta e di sana cattiveria, ci vogliono interlocutori sconosciuti, perché, altrimenti, si tende inevitabilmente al cazzeggio, con Giovanni Floris o con Peter Gomez come con chiunque altro: sono tutti amici, fanno tutti parte della stessa compagnia di giro, non è il caso di infierire (e certe sere ci sono ospiti che meriterebbero di essere impalati, metaforicamente). Geppi ha bisogno di un format (un game show?) che le garantisca il coinvolgimento del pubblico, il ritmo e una buona dose di materiale umano su cui agire. Solo così può invitare in studio chi vuole senza la paura di smarrirsi per strada. Altrimenti rischia il fazismo, la marketta occulta.
Ho già sottolineato come l’impianto di «G Day» favorisca il pubblico di nicchia per le eccessive strizzatine d’occhio all’universo queer e per la complessa articolazione dei riferimenti. Ideali per un pubblico di seconda serata ma un po’ indigeste per il preserale. Il rischio più grande, poi, è che il programma diventi un ufficio collocamento della scuderia di Beppe Caschetto. Vogliamo parlare degli inutili collegamenti di Michele Cucuzza da casa Bohannon? O vogliamo scommettere che le pur divertenti incursioni di Francesca Senette alla lunga finiranno per apparire scontate? Certo, il programma ha alcuni punti forti, dalle notizie della gente per strada lette da Luca Bottura al felice rapporto con Matteo Bordone, dalle telefonate interrotte al domandone. Il successo si costruisce sui punti forti, non su quelli deboli.
Aldo Grasso