Francesco Bei, la Repubblica 8/3/2012, 8 marzo 2012
L´altolà del Cavaliere al premier per conquistare le frequenze tv "Ci vogliono tendere una trappola" – ROMA - L´altolà del Cavaliere arriva a diecimila metri d´altezza, dall´aereo (con l´insegna del Biscione) che lo porta in visita da Putin
L´altolà del Cavaliere al premier per conquistare le frequenze tv "Ci vogliono tendere una trappola" – ROMA - L´altolà del Cavaliere arriva a diecimila metri d´altezza, dall´aereo (con l´insegna del Biscione) che lo porta in visita da Putin. Ed è un ordine ad Angelino Alfano, perché quel vertice di maggioranza «è meglio che non si faccia: dobbiamo dare un segnale preciso al governo, far capire a Monti che siamo noi a decidere l´agenda». Un irrigidimento che non rende tranquillo il premier, anche perché ieri persino Bersani ha mostrato i muscoli con palazzo Chigi. «Un po´ di preoccupazione c´è - ha confidato Monti a un amico - ma non per la tenuta del governo. Tuttavia siamo alla vigilia di alcune votazioni importanti, come quelle sul decreto semplificazioni, e certe tensioni sarebbe meglio che non ci fossero». A far indispettire Berlusconi è stata la telefonata ricevuta poco prima da Fedele Confalonieri. Il presidente di Mediaset, uscito a mezzogiorno da palazzo Chigi dopo un´ora di faccia a faccia con Monti, gli riferisce infatti che il governo non intende affatto procedere assegnando (cioè regalando) le frequenze tv con il previsto "beauty contest". Procedura sospesa da Corrado Passera. Confalonieri è una furia, racconta che Monti non ha dato alcuna garanzia e si è limitato ad ascoltare. Berlusconi capisce che è arrivato il momento di dare uno scossone al governo. «Hanno preparato una trappola - spiega l´ex premier - e ci prendono per fessi». Oltretutto il Pdl è in grande fibrillazione almeno dal giorno prima. Niccolò Ghedini è infatti saltato sulla sedia quando ha visto che il ministro Severino aveva incontrato in gran segreto Casini e Bersani per capire come rendere più efficace il disegno di legge anticorruzione in sonno da due anni al Senato. La vicenda è oggetto di un lungo vertice segreto a palazzo Grazioli martedì notte. «Vogliono allungare la prescrizione e prevedere il reato di corruzione privata - è il sospetto che si fa strada nel vertice - per aprire una nuova stagione di caccia all´uomo contro di noi. La Lombardia è solo l´inizio». Anche la Rai è un nervo scoperto, il Pdl non intende cedere né sulla riconferma di Lorenza Lei, né sulla guida del Tg1. Non accetta nemmeno di aprire una discussione di merito: «Anche solo sederci al tavolo con Pd e Udc - spiega una fonte di via dell´Umiltà - sarebbe comunque una sconfitta. Il governo se ne tenga alla larga». Frequenze Tv, Giustizia e Rai sono già tre buoni motivi per evitare il summit "ABC" e ribaltare il tavolo. Ma ce n´è una quarta e riguarda la traballante leadership di Angelino Alfano. Il delfino designato in questi giorni sta infatti vivendo come un dramma la battuta del Cavaliere sulla sua mancanza di un «quid». Una considerazione che Berlusconi ha ripetuto in almeno due altre occasioni conviviali ad Arcore e a villa Gernetto. Alfano si lamenta di questa scarsa considerazione e ieri avrebbe persino minacciato le dimissioni se Berlusconi fosse andato a Porta a Porta al posto del «legittimo segretario» del partito. Soprattutto teme il "ritorno in campo" del Cavaliere che punta a riconquistare la scena e marginalizzare, se non liquidare, il segretario. Uno sfogo che qualcuno ha prontamente riferito all´ex premier, inducendolo a rinunciare - all´ultimo minuto e mandando in bestia Vespa - alla registrazione del programma. Ottenuto un primo risultato, Alfano si è poi intestato anche la decisione di aver fatto saltare il vertice a palazzo Chigi. Un summit che fino alle 11 del mattino (lo dimostra una sua dichiarazione su Facebook), quando Confalonieri ancora non aveva parlato con Monti, Angelino dava invece per scontato. «Il nostro segretario - spiega soddisfatto Raffaele Fitto - oggi ha dimostrato di avere due "quid" così». Nella telefonata che Monti riceve da Alfano, il segretario del Pdl, con una punta di imbarazzo, motiva in questo modo il gran rifiuto: «Per noi l´idea che certi ministri facciano incontri separati con alcuni leader e non con tutti è inaccettabile». Inoltre, si lamenta, «se avallate questo modo di agire ci fate passare per quelli che frenano su tutto, dalle liberalizzazioni alla giustizia. E questo deve finire». In ogni caso «nessuna ricaduta sul governo», assicura. Ma le convulsioni identitarie del Pdl non sono l´unica grana di cui il premier si deve far carico. Anche il Pd infatti è in sofferenza. Sulla questione della stabilizzazione degli insegnanti di sostegno, a causa del sottosegretario Gianfranco Polillo, il governo va in testacoda e il Pd minaccia persino di non votare la fiducia. I democratici si lamentano anche per Vittorio Grilli. «Non esiste - confida Massimo Vannucci - che il viceministro dell´Economia non si sia mai fatto vedere né in aula né in commissione Bilancio. Noi deputati l´abbiamo ammirato solo in televisione». La disaffezione verso il governo cresce. Così come l´insofferenza per certi comportamenti ritenuti troppo «arroganti» di certi suoi rappresentanti. Non c´è soltanto la gaffe del ministro Andrea Riccardi. Ieri ad esempio Enzo Raisi, relatore del Terzo polo in commissione industria, ha quasi aggredito il sottosegretario Claudio De Vincenti che aveva chiarito che il decreto liberalizzazioni non è modificabile dalla Camera. «Mi scusi tanto, ma noi allora che ci stiamo a fare qui?». Monti tuttavia è convinto che certe tensioni nascano dall´approssimarsi delle elezioni amministrative e siano in qualche modo «fisiologiche». «Ma sulle questioni di politica economica - ha messo in chiaro con i collaboratori - non si transige e non c´è alcuna intenzione di cedere ai veti incrociati dei partiti». Sui provvedimenti «strategici» verrà messa la fiducia «ogni qual volta lo si riterrà necessario».