Alberto Mattioli, La Stampa 9/3/2012, 9 marzo 2012
Gli italiani a Parigi si dividono in due categorie: quelli che rimproverano ai francesi di non essere abbastanza simili a loro e quelli che trovano che lo siano troppo
Gli italiani a Parigi si dividono in due categorie: quelli che rimproverano ai francesi di non essere abbastanza simili a loro e quelli che trovano che lo siano troppo. Carlo Ancelotti, allenatore del ParisSaint-Germain, rimpiange piuttosto che non siano inglesi, ma per il resto qui si trova benissimo. Carlettò ha appena finito di dirigere una partitella molto sacchiana: spazi ridottissimi pieni di gente che corre forsennatamente. Perché continuava a gridare «Simple! Simple!»? «Perché il gioco del calcio è semplice. La semplicità è efficacia. Guardi il Barcellona: è la squadra più forte del mondo, eppure gioca in maniera semplice». Che cosa le piace di più dei francesi? «Che assomigliano agli italiani. Sono creativi, a volte troppo. E allora diventano anarchici. Ma qui parla l’inglese che è in me». E cosa non le piace? «Solo il loro clima». Presentando la sua proposta di tassare al 75% i redditi superiori al milion, François Hollande ha biasimato i sei che guadagna un certo Ancelotti... «Intanto non è vero che guadagno tanto. E in ogni caso né più né meno di quel che mi pagavano il Milan e il Chelsea. Si chiama mercato. Aggiungo che ho sempre pagato le tasse del Paese in cui lavoravo. Ieri in Italia e in Inghilterra e oggi in Francia». «Riconosco due grandi qualità: sono ambiziosi e hanno i soldi all’altezza della loro ambizione» Quindi, se la toseranno al 75%, non se andrà? «Ma no. Sono uno sportivo: si tratta di battere un record!». Di Ancelotti tutti dicono che è una persona seria e in ogni caso più seria dell’ambiente in cui vive. «Beh, mi fa piacere. Però non ho merito: semplicemente, sono fatto così. Sembrerà strano per il mestiere che faccio, ma in realtà le luci della ribalta non mi piacciono». E cosa le piace? «Il gioco del calcio. Io sono un malato di calcio. E credo di dover rappresentare al meglio un ambiente che, nonostante quel che si dice, è fondamentalmente sano». Insomma, la pagano (molto bene) per fare quello che le piace. «Infatti sono un uomo felice». Chi è stato l’uomo più importante della sua carriera? «Sicuramente Arrigo Sacchi». Di Leonardo cosa le piace? «Il rapporto diretto che abbiamo. E che sia stato lui a propormi al Psg». Come sono gli sceicchi del Qatar come datori di lavoro? «Io ho contatti con dei ragazzi giovani, entusiasti e preparati. In più hanno due grandi qualità: sono ambiziosi e hanno una potenza economica all’altezza delle loro ambizioni». Insomma, dei Berlusconi con la kefiah. «Berlusconi era molto presente, diceva la sua. Gli arabi delegano di più». Le dispiace l’eclissi di Silvio? «Dal punto di vista personale, sì». E da quello politico? «Anche. Aveva a cuore gli interessi dell’Italia, non solo i suoi come si dice. Poi la storia giudicherà». Molti francesi temono che lo sbarco degli arabi e di conseguenza suo al Psg sia l’inizio della berlusconizzazione del loro calcio. «E dovrebbero essere felici, pensando a quanto ha vinto il Milan. In ogni Paese, avere delle squadre di livello mondiale fa bene a tutto il calcio». La pratica Pato è davvero chiusa? «Per il momento, sì». E più avanti, diciamo a giugno? «A giugno valuteremo diverse opportunità. Lui è una». E la povera Barbara Berlusconi? «Me lo lasci dire: problemi suoi». Di Torino che ricordo ha? «Di una bella città e di una grande società, la Juventus». Per lei non fu un’esperienza felice. «No, ho lavorato bene. La società ha diritto di cambiare allenatore e un allenatore ha diritto di essere supportato dalla società finché non viene cambiato. Bene: fino all’ultimo giorno, la Juve mi ha appoggiato». Del Piero al Psg lo porterebbe? «No, anche se conosco bene le sue qualità. Ma il Psg deve investire sul futuro». Però Beckham l’avrebbe preso. «A livello d’immagine, era un ottimo acquisto. Poi, certo, non si sarebbe potuta costruire la squadra di domani su di lui». Chi è il più grande giocatore che abbia visto? «Zidane». E il più grande in attività? «E me lo chiede? Messi». Del caso Capello cosa pensa? «Che è stato scavalcato, provocato e insomma un po’ costretto ad andarsene». Al suo posto, lei cosa avrebbe fatto? «Quello che ha fatto lui». Sono peggio i giornalisti francesi o quelli italiani? «Peggio degli italiani non c’è nessuno. È una polemica infinita». Appunto: della lotta continua fra Milan e Juve che pensa? «Che sono riusciti a rovinare la vigilia di un grande evento com’è Milan-Juventus». Fra dieci anni dove e come si vede? «E che ne so. Ho iniziato ad allenare nel ‘95 dicendo: lo farò per cinque anni. Come vede, sono ancora qui. Però sarò sicuramente nel calcio, perché mi piace troppo». Presidente, allora. «Presidente, mai». Perché? «Perché è quello che tira fuori i soldi».