Andrea Scaglia, Libero 8/3/2012, 8 marzo 2012
CHI CI GUADAGNA NELLA RETE DELLE MAZZETTE
Milano brucia sì, ma di vergogna. Ogni giorno un’inchiesta, un indagato più o meno eccellente, un partito costretto a imbarazzati distinguo. Che poi uno fa un passo indietro, tanto per avere una visione d’insieme. Mette in fila le vicende più clamorose,dalle torbide speculazioni immobiliari dell’ex Falck di Sesto San Giovanni al buco economico-finanziario del San Raffaele, dall’incomprensibile compravendita di azioni della società Milano-Serravalle ai pasticci sull’area Rogoredo-Santa Giulia, e poi le discariche di rifiuti, le concessioni edilizie, le bustarelle direttamente consegnate nella sede della Regione. E il quadro che ne emerge è certo impressionante. Stesse situazioni, stesse modalità. Stessi nomi, addirittura. Tutto collegato, in una sorta di domino politico-affaristico con sottostanti mazzette – e però tutte accuse che ancora devono passare al vaglio processuale, questo è bene precisarlo. In ogni caso, anche al di là delle rilevanze penali da accertare, una ragnatela che si dipana dal Duomo e abbraccia Pirelloni e ospedali, municipi e centri direzionali. Tanto che, se nelle diverse corrispondenze s’è parlato di volta in volta di “sistema Verzé” o “sistema Penati” o “sistema Pirellone”, ecco, forse andrebbe tutto rubricato sotto l’etichetta “sistema Milano”.
IL PERSONAGGIO CHIAVE
Per dire, partiamo dalla notizia di giornata: l’indagine che ipotizza tangenti incassate da Davide Boni, presidente del Consiglio regionale lombardo nonché colonna storica della Lega locale – peraltro i magistrati lavorano sull’ipotesi che ci fosse un legame con gli episodi che hanno portato all’arresto, sempre per corruzione, dell’ex vicepresidente del consiglio del Pdl Franco Nicoli Cristiani. Personaggio chiave della vicenda Boni, colui che avrebbe mediato fra imprenditori a caccia di concessioni e i politici, e anzi svelato ai magistrati d’aver fisicamente consegnato il denaro illecitamente raccolto nelle mani del collaboratore di Boni, è tal Michele Ugliola, architetto pugliese. Uno di quelli che incontra, media, mette in contatto, capace di muoversi bene nella zona grigia fra politica e impresa. Ecco: lo stesso Ugliola ottenne nella seconda metà degli anni Duemila una consulenza a Sesto San Giovanni, con l’incarico di coordinare i professionisti che avevano partecipato alla messa a punto del piano per ottenere concessioni necessarie a costruire centri commerciali nell’area ex Falck. Area, questa, che com’è noto è al centro dell’inchiesta della Procura di Monza, secondo cui i politici sestesi - in primis Filippo Penati, esponente di spicco del Pd, ex sindaco di Sesto e poi presidente della Provincia di Milano dal 2004 al 2009 - avrebbero per l’appunto scambiato permessi con mazzette, planimetrie con consulenze farlocche. Tanto che i magistrati brianzoli hanno chiesto gli atti relativi a Ugliola ai colleghi milanesi.
Il nome di Ugliola viene per la prima volta annotato in un fascicolo giudiziario nell’ambito dell’inchiesta sulle bonifiche dell’imprenditore Giuseppe Grossi (ora deceduto) nell’area milanese di Santa Giulia. Area nel cui sfruttamento immobiliare è coinvolto anche l’immobiliarista Luigi Zunino – e proprio da alcune strane fatture relative a questa vicenda sarebbe poi partita l’indagine sulla ex Falck. Zunino è dunque indagato per le vicende di Santa Giulia, per quelle di Sesto sulla ex Falck e, guarda il caso, figura anche fra gli imprenditori (indagati) che avrebbero per l’appunto pagato sottobanco il leghista Boni tramite Ugliola – che se decidesse di parlare, Zunino, l’impressione è che ne avrebbe davvero parecchie da raccontare, sul “sistema Milano”.
Comunque, proseguiamo nella ricostruzione della ragnatela. Partendo dalla vicenda Boni, attraverso Ugliola, siamo atterrati a Santa Giulia e poi alla ex Falck. In quest’ultima vicenda una delle figure considerate importanti dagli inquirenti è Renato Sarno, anch’egli architetto e anch’egli pugliese e anch’egli considerato molto abile nel tenere i collegamenti fra le diverse parti in commedia. Sarno è una sorta di catalizzatore: vicinissimo a Penati, è con lui indagato anche nella porzione d’indagine relativa alle presunte tangenti legate alla compravendita delle azioni della società Milano-Serravalle, di cui la Provincia allora guidata da Penati acquisì la maggioranza assoluta – in particolare, i giudici stanno approfondendo le consulenze milionarie a lui assegnate dalla stessa società negli anni in cui Penati era presidente provinciale, in sostanza ipotizzando fosse un “suo” uomo, circostanza che entrambi negano.
MILLE INTRECCI
Lo stesso Sarno, tanto per passare a un’altra vicenda davvero clamorosa (in cui non è indagato), ha lavorato e molto anche per il San Raffaele di don Verzé, titolare di progetti ambiziosi come quello dell’Ospedale del Benessere che avrebbe dovuto sorgere vicino a Verona, 150 milioni il costo stimato. Non solo: sempre Sarno, ancora per conto del San Raffaele, ha fra le altre cose progettato e diretto i lavori di un complesso immobiliare a Cologno Monzese, valore complessivo oltre 30 milioni di euro, costruito dall’azienda di Piero e Gianluca Zammarchi, costruttori e titolari di moltissimi lavori per conto di società facenti capo alla galassia affaristico- sanitaria creata da don Verzé. Proprio gli Zammarchi, indagati nell’inchiesta sul buco economico-finanziario della struttura, hanno svelato ai magistrati di come i loro lavori fossero pagati in parte regolarmente e in parte “in nero”, così da poter permettere al San Raffaele l’accumulo di fondi nascosti. Dichiarazioni che hanno fra l’altro portato all’arresto di Piero Daccò, altro mediatore d’affari considerato molto vicino a Comunione e Liberazione. Infine, tanto per aggiungere un paio di ulteriori tasselli, ché si potrebbe continuare a lungo: al San Raffaele fu affidata dalla Milano-Serravalle – nel 2006, dunque in piena “era Penati” – l’appalto per il servizio di elisoccorso sulle tangenziali milanesi e sulla Milano-Genova, e anche su questo i pm stanno indagando. E a una società in joint-venture fra San Raffaele e Giuseppe Grossi – l’imprenditore come detto indagato per l’area Santa Giulia e l’ex Falck – è stato a suo tempo affidato l’appalto per la vendita di elettricità all’ospedale, con tanto di costosissima centrale dedicata.
Sempre gli stessi nomi, dunque. Situazioni che davvero, consapevolmente o meno, sembrano organiche a un unico grande sistema. È il “sistema Milano”, per l’appunto. E tanti saluti alla capitale morale.
Andrea Scaglia