VARIE, 8/3/2012, 8 marzo 2012
APPUNTI PER GAZZETTA. LA MORTE DELL’INGEGNER FRANCO LAMOLINARA
ROMA - L’operazione militare decisa dagli inglesi e dalle autorità nigeriane non è servita a salvare la vita dei due ostaggi, uno italiano e l’altro britannico, che sono stati uccisi dai loro sequestratori. Franco Lamolinara 1 e Christopher McManus erano stati sequestrati il 12 maggio 2011 2 a Birnin Kebbi. La notizia è stata data dal primo ministro britannico David Cameron al presidente del Consiglio Mario Monti mentre era sull’aereo di ritorno da Belgrado. L’operazione militare era stata autorizzata proprio oggi dal primo ministro inglese.
"Cameron - si legge in una nota di Palazzo Chigi - ha espresso a Monti profondo cordoglio per la vittima italiana, rammaricandosi del drammatico esito dell’iniziativa militare decisa dalle autorità nigeriane e britanniche nella convinzione che questa fosse l’ultima finestra di opportunità per salvare la vita degli ostaggi. Dal momento del sequestro le autorità italiane avevano seguito la vicenda in stretto collegamento con quelle britanniche. Nelle ultime ore si è verificata un’accelerazione imprevista e, nel timore di un imminente pericolo di vita per gli ostaggi, l’operazione è stata avviata autonomamente dalle autorità nigeriane con il sostegno britannico, informandone le autorità
italiane solo a operazione avviata. Il Presidente del Consiglio, anche a nome del governo, esprime commossa partecipazione al generale cordoglio e sentimenti di profonda solidarietà ai famigliari per la tragica scomparsa dell’ingegner Franco Lamolinara".
Franco Lamolinara era un tecnico di Gattinara (Vercelli) di 47 anni e viveva in Nigeria da circa dieci anni, dove lavorava per la società di costruzioni ’Stabilini Visinoni Limited’. Negli ultimi tempi era impegnato nella costruzione di un edificio della Banca centrale a Birnin Kebbi, capitale dello stato nell’estremo nord-ovest della Nigeria, vicino al confine con il Niger. Era stato rapito a maggio insieme all’ingegnere britannico che lavorava per la stessa società e la notizia era stata diffusa dalla polizia locale.
Secondo il racconto delle forze dell’ordine i rapitori avevano fatto irruzione nell’appartamento dove vivevano Lamolinara e il suo collega e non avevano prelevato "un’importante somma di denaro in contanti" che si trovava nell’edificio. Nel sequestro erano stati coinvolti anche un ingegnere nigeriano, rimasto ferito da colpi di arma da fuoco e un collega di nazionalità tedesca, riuscito a fuggire scavalcando una rete metallica situata all’esterno.
Ad agosto era stato diffuso un video che mostrava i due ostaggi, inginocchiati e bendati, con tre uomini armati alle spalle. Il sequestro, avvenuto a a Birnin Kebbi, la capitale dello Stato nord occidentale del Kebbi, al confine con il Niger, era stato rivendicato da Al Qaeda nel Maghreb islamico. Il 5 dicembre scorso la stessa organizzazione terroristica aveva lanciato un ultimatum al governo britannico, dando alle autorità di Londra due settimane di tempo per rispondere alle loro richieste e minacciando di uccidere Christopher McManus.
(08 marzo 2012)
PEZZO DI REPUBBLICA.IT REDAZIONE DI TORINO DEL 14/5/2011
Ore di apprensione a Gattinara, paese di ottomila abitanti in provincia di Vercelli, dove vive la famiglia di Franco Lamolinara, il tecnico italiano di 47 anni, rapito giovedì sera nel Nord Ovest della Nigeria, vicino al confine col Niger.
A Gattinara vive la sua famiglia, la moglie Anna, impegnata nell’Accademia dello sport, e i figli, oltre al fratello Bruno.
"Sono in attesa di notizie e non so nulla", si è limitato a dire quest’ultimo, raggiunto al telefono. Da quanto si è saputo, il tecnico era stato a casa abbastanza di recente.
Lamolinara, in Nigeria da circa dieci anni, lavorava per la società di costruzioni ’Stabilini Visinoni Limited’ ed era impegnato nella costruzione di un edificio della Banca centrale a Birnin Kebbi, capitale dello Stato di Kebbi. E’ stato rapito insieme a un ingegnere britannico che lavorava per la stessa società. Dopo il loro rapimento - ha riferito ieri il ministro degli Esteri, Franco Frattini - non vi sono state rivendicazioni o richieste.
La notizia del rapimento è stata diffusa dalla Polizia locale che ha raccontato che i rapitori hanno fatto irruzione nell’appartamento dove vivevano Lamolinara e il suo collega e li ha sequestrati. I rapitori - secondo il racconto della Polizia dello Stato di Kebbi - non ha prelevato "un’importante somma di denaro in contanti" che si trovava nell’edificio. Nel sequestro sono stati coinvolti anche un ingegnere nigeriano, rimasto ferito da colpi di arma da fuoco e un collega di nazionalità tedesca, riuscito a fuggire scavalcando una rete metallica situata all’esterno.
La rappresentanza diplomatica ad Abuja è in costante contatto con le autorità locali. E il ministro degli Esteri Franco Frattini ha assicurato che sarà seguita "la tattica di sempre, cioè quella di lavorare in silenzio", assicurando di "aver attivato tutti i canali".
CORRIERE.IT
MILANO - L’ostaggio italiano Franco Lamolinara è morto durante un blitz delle teste di cuoio britanniche. Con lui è rimasto ucciso anche un altro ostaggio britannico, Cristopher Mc Manus. È successo in Nigeria, dove l’ingegnere italiano era stato sequestrato il 12 maggio 2011. Il Presidente del Consiglio Mario Monti ne è stato informato sull’aereo che lo riportava a Roma da Belgrado da una telefonata del Primo Ministro britannico David Cameron. Il quale ha precisato che ad uccidere i due ostaggi sono stati gli stessi sequestratori.
L’OSTAGGIO - Lamolinara, tecnico italiano di 48 anni, lavorava in Nigeria da circa undici anni. Era uno degli ingegneri di maggiore esperienza della società di costruzioni Stabilini Visinoni Limited ed era impegnato nella costruzione di un edificio della Banca centrale a Birnin Kebbi, capitale dello Stato di Kebbi, nell’estremo nord-ovest della Nigeria, vicino al confine con il Niger. Era stato rapito insieme a Mc Manus, ingegnere britannico che lavorava per la stessa società.
IL RAPIMENTO - I rapitori avevano fatto irruzione nell’appartamento dove vivevano Lamolinara e il suo collega e li aveva sequestrati. E non si erano neppure accorti di «un’importante somma di denaro in contanti» che si trovava nell’edificio. Nel sequestro erano stati coinvolti anche un ingegnere nigeriano, rimasto ferito da colpi di arma da fuoco e un collega di nazionalità tedesca, riuscito a fuggire scavalcando una rete metallica situata all’esterno.
LUTTO A GATTINARA - Lamolinara era originario di Gattinara, in provincia di Vercelli. Nel paesino, circa ottomila abitanti, vive la sua famiglia, la moglie Anna, impegnata nell’Accademia dello sport, e i figli, oltre al fratello Bruno.
CORRIERE.IT GLI ALTRI OTTO SEQUESTRATI
MILANO - Dopo la tragica fine di Franco Lamolinara, mentre per Rossella Urru si va verso una soluzione, restano ancora incerti i casi degli altri otto italiani ancora in mano ai sequestratori, in diverse parti del mondo. Il cooperante siciliano Giovanni Lo Porto, rapito lo scorso 19 gennaio con un collega tedesco in Pakistan nella località di Multan (Punjab), è stato l’ultimo ad essere catturato. Sarebbe prigioniero del gruppo talebano Tehrik-e-Taliban Pakistan, capeggiato da Hakimullah Mehsud.
RECORD - L’ostaggio da più tempo nelle mani dei rapitori è la turista fiorentina Maria Sandra Mariani, 53 anni, rapita all’inizio di febbraio 2011 nel sud dell’Algeria. Nella stessa regione era stata sequestrata nell’ottobre 2011 la stessa Urru. Il gruppo dei sequestratori farebbe capo ad Al Qaida per il Maghreb islamico (Aqmi), la rete integralista che controlla l’immensa fascia desertica che va dall’Algeria alla Mauritania, dal Mali al Niger, al Ciad fino al Sudan. Sono sempre prigionieri dei pirati i sei italiani della nave Enrico Ievoli sequestrata il 27 dicembre scorso al largo delle coste dell’Oman e che sarebbe alla fonda al largo delle coste somale.
Redazione Online
CORRIERE.IT FRANCESCO BATTISTINI SULLA MARIANI IL 4 MAGGIO 2011 (4/5/2011)
IL CAIRO - Un messaggio a Berlusconi. L’ultima apparizione di Maria Sandra Mariani, la fiorentina che il 2 febbraio stava nel deserto algerino e da allora è nelle mani di Al Qaeda, probabilmente nel Mali, è qualcosa di più dell’ennesimo video di rivendicazione. Qualcosa di più d’una semplice prova in vita. Lo dice la polizia maliana. Lo scrive una testata online araba, Echorouk: «I rapitori della turista italiana vogliono negoziare con Berlusconi». Una richiesta di riscatto: «Noi siamo Aqim, Al Qaeda nel Maghreb islamico, brigata Tarq Ibn Riyadh - scandisce una voce maschile, prima che si senta quella dell’ostaggio -. Parlo a nome di Abdul Hamid Abu Zayd. Questa donna chiede di trasmettere questo messaggio, cosicché il presidente del suo Paese lo ascolti...». Soldi? Pedaggi politici? Non si sa se scenda nei dettagli, Maria Sandra, oltre a presentarsi, a ripetere il nome di Abu Zayd e a chiedere, cortesemente, «di diffondere questo messaggio, grazie».
Oggi la Farnesina convocherà Alessio e Mariangela, il figlio e la sorella, e forse spiegherà: «Del video non sappiamo nulla, non l’abbiamo visto - è perplesso il vecchio papà, Lido, attaccato al telefono nell’agriturismo di famiglia a San Casciano -. Qualcuno m’ha detto che vogliono il ritiro delle truppe francesi dall’Afghanistan. Qualcun altro, che non è da prendere sul serio. È una situazione piena di dubbi. Che c’entrano i francesi, dico io? I soldati in Afghanistan, li si ha pure noi italiani! Mah, speriamo bene...».
Sperare, sì. E tanto. Perché Maria Sandra era un ostaggio silenziato. Quasi dimenticato. E dalla sua prigione nel Sahara è ricomparsa il giorno peggiore. Quello dell’uccisione di Bin Laden. Un incrocio fatale di due storie: la morte del più grande impresario del terrore, la sorte dell’ultima sua terrorizzata preda.
Giovedì scorso i qaedisti del Maghreb - salafiti irregolari che in passato non si son fatti problemi a uccidere un ostaggio inglese - avevano spedito l’allegato a un giornalista di Al Arabiya, la tv satellitare che da Dubai fa concorrenza ai qatarioti di Al Jazeera. In testa la sigla del Gspc, il Gruppo salafita per la predicazione e il combattimento, poi suoni e immagini. Con una sola raccomandazione: rendere noto il nuovo comunicato, il secondo del genere, non prima del 2 maggio. A tre mesi esatti dal sequestro. Perché dieci anni di jihad hanno insegnato che così funzionano i media. I rapitori non potevano immaginare che cosa sarebbe successo, il 2 maggio. E che il prezzo di Maria Sandra, d’improvviso, sarebbe salito al fixing internazionale dei jihadisti: «Questa faccenda del Bin Laden ammazzato ci fa paura», dice papà Lido. «Temo che i rischi per gli ostaggi adesso aumentino - avverte Geoff Porter, esperto inglese di terrorismo nordafricano -. Il loro destino sta virando».
L’unica certezza è che è viva. I qaedisti dell’Aqim e del Gspc sono fra le tante sigle in franchising nate dal terrorismo islamico di questi anni Zero. Guidata da un amico personale di Osama, Abdel Malek Droukdel, la jihad sahariana è erede diretta del sanguinario Gia, il Gruppo islamico armato che negli anni Novanta massacrò migliaia d’algerini e dal quale perfino Bin Laden, dopo aver garantito armi e finanziamenti, prese spaventato le distanze. Di solito, l’Aqim ramazza ostaggi da bande di contrabbandieri e a suon di comunicati e video gestisce il negoziato: a Sarkozy, hanno appena chiesto (inutilmente) 90 milioni di euro in cambio di quattro turisti francesi. Un riscatto, sostengono diplomatici magrebini, fu pagato un anno e mezzo fa anche per la salvezza dell’ostaggio italiano Sergio Cicala e di sua moglie.
Maria Sandra forse è stata tradita dalle sue guide. Di sicuro, dalla passione per il deserto che la faceva partire ogni anno, la spingeva a ospitare gli amici tuareg anche nell’agriturismo, le attirava qualche critica: «Lasciatela laggiù, che se la tengano, così impara certa gente ad andare a rischiare in quei posti!», urlò su una radio locale, senza vergogna, un deejay toscano in cerca di pubblicità. Maria Sandra fu caricata su un gippone da 14 armati «con accento mauritano». S’era allontanata dal gruppo per fare alcuni acquisti, le mancavano due giorni per rientrare in Italia. Per tutti questi mesi, la famiglia l’ha aspettata tacendo: le fly davanti a casa non facilitano i rilasci. Che tanto silenzio sia servito. E che il 2 maggio, in fondo, sia solo una data.
CORRIERE.IT - SUI SEI MARINAI DELLA ENRICO IEVOLI (DAL CORRIERE DEL MEZZOGIORNO DEL 30/12/2011)
NAPOLI - Il comandante rassicura: «Siamo ancorati al largo delle coste somale e l’equipaggio sta bene». A parlare è il catanese Agostino Musumeci, al comando della petroliera «Enrico Ievoli», nave dell’armatore Marnavi di Napoli finita in mano ai pirati nel golfo dell’Oman, tre giorni fa. A riferire il contenuto del primo contatto con l’equipaggio è Gennaro Ievoli, vicepresidente della Marnavi. Ma il giudizio resta sospeso: sarebbe ancora impossibile al momento stabilire se il dettaglio sulla posizione dell’imbarcazione costituisca un fatto positivo.
ERA DIRETTA NEL MEDITERRANEO - La nave trasporta circa 15.750 tonnellate di soda caustica. Il materiale, definito dal l’armatore Marnavi, di scarso valore e difficile da sottrarre. L’estorsione resta la pista più accreditata, visti i precedenti. Per la Savina Caylyn e relativo equipaggio, ad esempio, sono stati pagati 11 milioni di dollari di riscatto. La «Enrico Ievoli» era partita da Fujairah, negli Emirati Arabi, direzione Mediterraneo. A bordo della petroliera ci sono diciotto persone, di cui sei italiani, tutti siciliani. Con loro cinque marinai ucraini e sette indiani. Affranta, e comprensibilmente polemica, fin dal primo istante Rita Gianfriddo, moglie del comandante Musumeci. «Tu Stato ti prendi metà dello stipendio di mio marito e di tutti i marittimi e non fai nulla per loro? - disse a caldo ai cronisti -Dovrebbero vergognarsi. Non è che mi senta abbandonata dallo Stato: non devono aiutare me ma darsi una mossa per garantire i marittimi e la loro sicurezza, mettendo sulle navi i militari».
«SOLDATI» A BORDO - Ipotesi quest’ultima suffragata dallo stesso ministro della Difesa Giampaolo Di Paola: i pirati, in sintesi, potrebbero essere scoraggiati dalla presenza di personale armato a bordo. Un costo, secondo il ministro, che le compagnie potrebbero sopportare limitando gli onerosissimi premi assicurativi pagati contro gli abbordaggi pirateschi. L’assalto dei malviventi alla Ievoli arriva a 7 giorni dalla liberazione della Savina Caylyn e del suo equipaggio, tenuto in ostaggio in condizioni terrificanti, da febbraio. A fine novembre, invece, a far ritorno a casa dopo aver vissuto nell’inferno somalo per 7 mesi furono i 16 marittimi di un altro cargo italiano, la Rosalia D’Amato.
Al. Ch.
LEGGO.IT (ore 19.49)
ROMA - L’ingegner Franco Lamolinara, 47 anni, rapito lo scorso 12 maggio in Nigeria, è morto. Lamolinara era originario di Vercelli. La notizia della morte dell’ingegnere è arrivata al premier italiano Mario Monti da David Cameron, che ha comunicato in una telefonata la tragica conclusione di un’operazione delle forze di sicurezza nigeriane con quelle britanniche, per liberare gli ostaggi sequestrati a Birkin Kebin. L’operazione si è purtroppo tragicamente conclusa con l’uccisione degli ostaggi: l’italiano Franco Lamolinara, appunto, e Cristopher Mc Manus, collega dell’italiano.
ITALIA INFORMATA A BLITZ AVVIATO «L’operazione» in Nigeria che ha portato alla morte degli ostaggi Chris McManus e Franco Lamolinara «è stata avviata autonomamente dalle autorità nigeriane con il sostegno britannico, informandone le autorità italiane solo ad operazione avviata». Lo si legge in un passaggio della nota diffusa da Palazzo Chigi.
MOGLIE COLTA DA MALORE È stata colta da malore alla notizia della morte del marito la moglie di Franco Lamolinara. Lo si apprende a Gattinara (Vercelli) dove Anna, moglie del tecnico piemontese, vive ed è molto conosciuta in quanto legata all’Accademia dello sport della città.
CAMERON: HO AUTORIZZATO IO IL RAID Franco Lamolinara e Chris McManus sono stati uccisi dai loro rapitori in Nigeria prima che potessero essere liberati. Lo ha detto il premier britannico David Cameron. L’operazione, autorizzata oggi da Cameron, è stata condotta da forze nigeriane con l’appoggio di forze britanniche. Chris McManus e Franco LaMolinara erano stati presi ostaggio da terroristi nel maggio 2011, ha ricordato Cameron. «Da allora abbiamo lavorato fianco a fianco con le autorità nigeriane per trovarli e assicurarne la liberazione», ha detto il primo ministro ai microfoni di Downing Street. «I terroristi avevano fatto minacce chiare di volerli uccidere e avevano diffuso un video su Internet», ha detto Cameron: «Dopo mesi in cui non sapevamo dove fossero, abbiamo ricevuto informazioni credibili su dove si trovavano. Una finestra di opportunità si era aperta». Cameron ha aggiunto: «Avevamo ragione di credere che le loro vite fossero in imminente e crescente pericolo. Insieme al governo nigeriano oggi ho autorizzato l’operazione con l’appoggio britannico. È con grande rammarico che devo annunciare che sia Chris che Franco hanno perso la vita. Stiamo ancora aspettando conferme dei dettagli ma dalle prime indicazioni sembra chiaro che entrambi siano stati uccisi dai loro sequestratori prima che potessero essere salvati».
RAPITO DA FRANGE JIHADISTE È attribuibile a «locali frange jihadiste» il rapimento in Nigeria di Franco Lamolinara e del suo collega britannico, uccisi oggi in un blitz per la loro liberazione. È quanto scrivono i Servizi segreti nella Relazione recentemente presentata al Parlamento. Il 3 agosto venne diffuso un video che mostrava gli ostaggi, bendati, in ginocchio, con alle spalle tre uomini armati che gli stessi tecnici rapiti presentano come appartenenti ad Al Qaida.
COINVOLTI COMMANDO BRITANNICI Nell’operazione fallita per la liberazione degli ostaggi in Nigeria sarebbero stati coinvolti tra 16 e venti commando delle Sbs britanniche, le special boat servicè. Lo scrive il Daily Telegraph. Tutte le forze britanniche sono tornate incolumi. Le Sbs sono una unità dell’esercito specializzate in operazioni anfibie. Fonti diplomatiche britanniche hanno detto al Times che le truppe speciali britanniche hanno appoggiato le forze nigeriane in un assalto contro un compound residenziale nella Nigeria nord occidentale. I sequestratori hanno reagito al fuoco e subito perdite.
LA NOTA DI MONTI Il Presidente del Consiglio Mario Monti, si legge in una nota diffusa da Palazzo Chigi, ha ricevuto questo pomeriggio, sull’aereo che lo riportava a Roma da Belgrado, una telefonata del Primo Ministro britannico David Cameron, che gli ha comunicato la tragica conclusione di un’operazione condotta dalle forze di sicurezza nigeriane, con il sostegno operativo di quelle britanniche, intesa a liberare gli ostaggi sequestrati il 12 maggio 2011 a Birkin Kebin, l’italiano Franco Lamolinara e il britannico Cristopher Mc Manus.
L’operazione si è purtroppo tragicamente conclusa con l’uccisione degli ostaggi avvenuta, secondo la ricostruzione britannica, ad opera dei sequestratori. Cameron ha espresso a Monti profondo cordoglio per la vittima italiana, rammaricandosi del drammatico esito dell’iniziativa militare decisa dalle autorità nigeriane e britanniche nella convinzione che questa fosse l’ultima finestra di opportunità per salvare la vita degli ostaggi. Dal momento del sequestro le autorità italiane avevano seguito la vicenda in stretto collegamento con quelle britanniche.
Nelle ultime ore si è verificata un’accelerazione imprevista e, nel timore di un imminente pericolo di vita per gli ostaggi, l’operazione è stata avviata autonomamente dalle autorità nigeriane con il sostegno britannico, informandone le autorità italiane solo ad operazione avviata. Il Presidente del Consiglio, anche a nome del Governo, esprime commossa partecipazione al generale cordoglio e sentimenti di profonda solidarietà ai famigliari per la tragica scomparsa dell’Ing. Franco Lamolinara.
RAPITO A MAGGIO Franco Lamolinara, tecnico italiano di 48 anni e in Nigeria da circa undici anni, lavorava per la società di costruzioni ’Stabilini Visinoni Limited’ ed era impegnato nella costruzione di un edificio della Banca centrale a Birnin Kebbi, capitale dello Stato di Kebbi. Era stato rapito il 13 maggio dello scorso anno insieme a un ingegnere britannico che lavorava per la stessa società. La notizia del rapimento era stata diffusa dalla Polizia locale che aveva raccontato che i rapitori avevano fatto irruzione nell’appartamento dove vivevano Lamolinara e il suo collega e li aveva sequestrati. I rapitori - secondo il racconto della Polizia dello Stato di Kebbi - non aveva prelevato «un’importante somma di denaro in contanti» che si trovava nell’edificio. Nel sequestro erano stati coinvolti anche un ingegnere nigeriano, rimasto ferito da colpi di arma da fuoco e un collega di nazionalità tedesca, riuscito a fuggire scavalcando una rete metallica situata all’esterno.
COMMENTI (1) Scrivi un commento
nessuna pietà....
Non bisogna avere nessuna pietà per questa gente, senza se e senza ma....catturarli e torturarli fino alla morte, il governo italiano deve convocare l’ambasciatore nigeriano e dargli un paio di calci nel c* e mandarlo a casa come fanno gli altri paesi con noi..