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 2012  marzo 07 Mercoledì calendario

«L’Europa e la Nato non ci possono mollare» - Da generale ha comandato la missione Nato in Afghanistan ed è entrato in Kosovo alla testa delle truppe italiane

«L’Europa e la Nato non ci possono mollare» - Da generale ha comandato la missione Nato in Afghanistan ed è entrato in Kosovo alla testa delle truppe italiane. Senatore del Pd, Mauro Del Vecchio, chiede l’inter­ven­to dell’Europa e dell’Onu nel ca­so dei due marò incarcerati in India. Senatore siamo rimasti con il ce­rino acceso in mano, anche se il contrasto alla pirateria è un’im­pegno internazionale? «Effettivamente è così e ne sono negativamente colpito. Le missioni antipirateria che stiamo svolgendo sono simili a quelle di altre nazioni a noi molto vicine. Quello che è suc­cesso in India non riguarda solo l’Ita­lia, ma interessa tutti i Paesi che si so­no mobilitati contro i pirati». Come fa la baronessa Ashton, «ministro degli Esteri» del­l’Unione europea, a dire che la faccenda è di esclusiva compe­tenza italiana? «È contraddittorio tenendo con­to che a Bruxelles richiama sempre l’ideale europeo di organizzazione sovranazionale che unisce gli inten­ti dei nostri Paesi. È auspicabile che su questioni di principio, come il ca­so dei marò, ci sia una chiara e netta solidarietà europea». La Ue sostiene che non abbiamo chiesto aiuto... «A prescindere dall’aiuto,chiesto o meno, credo che l’Europa avreb­be dovuto essere più vicina all’Italia in questo frangente». La Farnesina non ha adottato fin dall’inizio una tattica troppo soft? «Conosco Staffan De Mistura (il sottosegretario agli Esteri impegna­to in India, nda) e so che ha operato con incisività fin dal primo momen­to. Non possiamo uscire dai binari dell’intervento diplomatico. Il pro­blema è costituito dall’India. Non stiamo difendendo l’innocenza o meno dei nostri marò, che va verifi­cata, ma ribadiamo il rispetto del di­ritto internazionale. Questa vicen­da va esaminata fino in fondo ma dalla magistratura competente, ov­vero quella italiana». Non è stato com­piuto qualche erro­re all’inizio come aver permesso alla nave di rientrare in porto? «Appare a tutti un fatto stranissimo, ma la nave è tornata in­dietro perché le auto­rità indiane avevano chiesto di riconosce­re i pirati». Si può interessare anche la Nato, da­to che i marò sono fucilieri che fanno parte dell’Al­leanza atlantica? «Sono soldati italiani e quindi del­la Nato, anche se non c’era alcun mandato diretto nella missione anti­pirateria. I due marò dovrebbero go­dere di uno status particolare, come gli altri militari in missione all’este­ro. Non è un’immunità, ma una ga­ranzia, come capita in Afghanistan, che la giurisdizione di quello che accade du­rante le operazioni dei nostri militari spetta all’Italia. Quando si opera nel­le acque internazio­nali, però, non si pos­sono fare accordi con tutti i Paesi del mondo. Per i militari in servizio sulle navi mercantili dovrebbe valere la stessa salva­guardia delle altre missioni all’este­ro. E non dimentichiamoci che oggi è toccata a noi e domani può capita­re a un alleato». L’Onu non dovrebbe intervenire visto che ha dato il beneplacito al­le missioni antipirateria? «Certo non per scagionare i marò, ma per ribadire il rispetto del diritto internazionale.L’assurdità della vi­cenda è che l’Italia sta chiedendo esclusivamente l’applicazione di queste norme». Lei è senatore del Pd, ma il sinda­co di Milano, Giuliano Pisapia, si è rifiutato di esporre le foto dei marò. Cosa ne pensa? «Penso che in questa vicenda la li­nea di condotta di tutto il paese, che spetta pure alle forze politiche in maniera bipartisan, sia la ricerca della verità sulla base del diritto in­ternazionale. Sarà poi il Comune di Milano a dover giustificare scelte di­verse, non io». Se i marò venissero condannati (qualcuno in India chiede addi­rittura la pena di morte) cosa do­vrebbe fare l’Italia? «Non accadrà, ma se si arrivasse a tanto il nostro Paese dovrebbe chia­mare in causa le organizzazioni in­ternazionali facendo presente che il problema da italiano diventerebbe del mondo intero».