MARCO ALFIERI, La Stampa 7/3/2012, 7 marzo 2012
“C’è
troppa burocrazia Il rigassificatore non si farà” -
Sto andando a fondo per capire quanto è responsabilità di procedure effettivamente lunghe o se ci sono anche altri tipi di problemi». Intanto il Ddl delega sulle Grandi opere «potrebbe dare una mano» per sciogliere i ritardi. «E’ un tema su cui stiamo lavorando».
Il ministro dello Sviluppo economico, Corrado Passera, risponde così alla ritirata di British Gas da Brindisi annunciata al Sole 24Ore dall’ad della divisione italiana, Luca Manzella, dopo 11 anni di inutile attesa per avere i permessi a realizzare il rigassificatore. «Abbiamo avviato le procedure per il collocamento in mobilità dei nostri lavoratori presenti a Brindisi», ha confermato Manzella. «La casa madre, delusa dal prolungarsi all’infinito del braccio di ferro con le autorità italiane e nonostante i 250 milioni già spesi per il progetto pugliese, ha deciso di riconsiderare la fattibilità dell’investimento». Certo pesano i veti degli enti locali ma da Roma, «e in particolare dallo Sviluppo economico (BG aveva già scritto senza esito a Paolo Romani, ndr), non è mai arrivata la convocazione per la conferenza dei servizi decisiva», continua Manzella. «Una multinazionale non può bloccare un progetto per oltre 11 anni. A tutto c’è un limite...».
La fuga inglese ovviamente scatena reazioni. «Non è mestiere del Governo procacciare opportunità di investimento alle imprese. La decisione della British Gas - commenta il ministro dell’Ambiente Corrado Clini - arriva purtroppo dopo 11 anni di tira e molla. Quel che possiamo fare è cercare di fare in modo che le procedure di autorizzazione avvengano in tempi certi e questo sarebbe un primo grande passo avanti per il Paese».
«Tutte le imprese che chiedono procedure rapide e snelle hanno il sacrosanto diritto di ottenerle. Vorrei sottolineare però che la vicenda del rigassificatore di Brindisi con tutto questo, c’entra molto poco», si scalda il governatore Nichi Vendola. «Se British Gas ha avuto problemi con l’insediamento del rigassificatore questi sono dipesi dalla loro pretesa di eludere le procedure di valutazione ambientale e di imporre un luogo da tutti giudicato inidoneo».
Spaccato anche il fronte sindacale. «La decisione di British Gas è un segnale grave della mancanza di una seria politica energetica nel nostro Paese», attacca Paolo Carcassi della Uil. «Oltretutto continua ad accreditarsi l’immagine di un Paese in cui non vale la pena investire e da cui occorre allontanarsi». Su sponda opposta la Cgil, contraria al rigassificatore. «Ma non per motivi pregiudiziali», precisa il segretario regionale pugliese, Gianni Forte. «L’area scelta, nel centro cittadino, non avrebbe garantito la necessaria sicurezza». In questo modo «sfumano centinaia di posti di lavoro, è vero», ammette Forte. «Ma la Puglia ha già pagato molto sul fronte ambientale. Lo scambio più occupazione meno sicurezza non funziona». Resta il fatto che la ritirata inglese rilancia l’annosa questione di un sistema paese incapace di attrarre grandi investimenti di imprese estere.
Ad esempio quello da 50 milioni di euro di Ikea in Toscana l’hanno riacciuffato all’ultimo secondo. Il comune di Vecchiano (Pisa) dopo 5 anni aveva bocciato la richiesta svedese per problemi urbanistici, finchè il comune di Pisa è intervenuto mettendo a disposizione al fotofinish un’area vicino all’Aurelia, sbloccando così un’operazione da 250 posti di lavoro. Ma per un caso Ikea ci sono purtroppo decine di fughe o disinvestimenti. I dati sono impietosi. L’Italia da 20 anni è fanalino di coda tra i paesi industrializzati nella capacità di attrarre Ide, gli investimenti diretti esteri. Nell’ultimo triennio sono addirittura scesi a 18 miliardi, appena l’1,6% dell’intera torta che affluisce in Ue. Contro i 90 miliardi in Germania, 132 in Francia, 112 in Spagna e 208 nel Regno Unito. Non riusciamo ad attirare capitali perchè non offriamo opportunità di investimento adeguate. Ormai se ne accorgono anche i nostri imprenditori, costretti per crescere ad emigrare.
Gli ostacoli sono noti: alta pressione fiscale su imprese e lavoro, riforma della giustizia per dare certezza agli investimenti, semplificazione burocratica e accesso ai capitali efficiente. E’ arrivato il momento di rimuoverli.