Aldo Grasso, Corriere della Sera 07/03/2012, 7 marzo 2012
PANARIELLO SI SALVA PERCHE’ E’ UN SEMPLICE
Parlerò subito delle cose che più mi hanno colpito del nuovo spettacolo di Giorgio Panariello. Verso metà programma, gli è uscita un’invettiva contro gli show allestiti sui casi giudiziari (Cogne, Avetrana, Garlasco, Erba...), contro l’invadente figura del criminologo, contro i cosiddetti «opinionisti» a cominciare da Alba Parietti. E più tardi, sul finire di «Panariello non esiste», è tornato sull’argomento prendendosela con Fabrizio Corona, con l’impunità che l’invadente presenza tv garantisce ai protagonisti della «nera», con zio Michele, con i plastici di Bruno Vespa. A quel punto, però, è spuntato Salvo Sottile (forse l’imputato numero uno delle sue invettive) e tutto è finito a tarallucci e vino (Canale 5, lunedì, 21,23).
Vatti a fidare dei comici. Anche Panariello, come Fiorello, ha scelto il lunedì sera per tornare sugli schermi, passando dalla Rai a Mediaset.
E forse questo è il suo handicap più grande: la comicità di Panariello, infatti, è tarata sul pubblico di Raiuno («Torna Silvio, Santoro è disperato», «Prima era tutto un magna magna ora è bocconi», la penosa gag con Salemme travestito da Merkel e lui da Sarkozy, il ritorno dell’avvocato Taormina, l’interminabile numero sul ballerino brasiliano...). Il ritmo è lento, la partner Nina Zilli deve ancora crescere, la ripetizione della famosa lettera di Totò è ormai da arresto immediato, la descrizione dell’orrore delle fiabe è tema abusato.
Il programma è stato pensato e scritto con Mario Audino, Paolo Biamonte, Riccardo Cassini, Marco Luci, Sergio Rubino, Walter Santillo, Alessio Tagliento. La regia è di Stefano Vicario e la scenografia di Gaetano Castelli e Maria Chiara Castelli.
Alla fine Panariello si salva perché è un semplice. Come tutti i comici sente il bisogno di sermoneggiare ma, in cuor suo, sa che fingere di non esistere è la prova migliore per ribadire il contrario. Almeno per quel fantasma temibile che si chiama audience.
Aldo Grasso