Alberto Mattioli, La Stampa 8/3/2012, 8 marzo 2012
Monsieur Hollande, lei ha annunciato che, se diventerà Presidente, chiederà di ridiscutere l’ultimo trattato europeo
Monsieur Hollande, lei ha annunciato che, se diventerà Presidente, chiederà di ridiscutere l’ultimo trattato europeo. Che cosa gli rimprovera? «Che non dà una risposta sufficiente alla crisi che attraversa l’Europa. La responsabilità budgetaria s’impone a tutti ed è necessario adottare misure disciplinari. Ma non bastano: il trattato è in un vicolo cieco per la crescita, la solidarietà e la lotta contro i rischi finanziari, ma anche per il controllo democratico delle decisioni europee. Per questo, se sarò eletto, lo rinegozierò. Non per rimetterlo in discussione, ma per completarlo, migliorarlo, riequilibrarlo». Secondo lei quali sono le tre prime cose da fare, le più urgenti, per rilanciare il processo di integrazione europea? «Vedo tre dimensioni: la crescita, il coordinamento e la governance. La crescita, per cominciare, per la quale dobbiamo ritrovare dei margini di manovra. Dobbiamo lavorare per riorientare gli strumenti esistenti della Banca europea degli investimenti e del budget europeo. Penso anche che si possano trovare risorse nuove come la tassa sulle transazioni finanziarie, la tassa sulle emissioni di anidride carbonica, sulle frontiere o i «projet bonds» per finanziare dei progetti di crescita. Poi, la coordinazione delle politiche economiche, che dev’essere ancora estesa per rispondere in maniera concertata agli squilibri che sono all’origine della crisi. Infine, la governance economica. Voglio insistere in particolare sul ruolo della Banca centrale europea che deve esercitare pienamente le sue responsabilità. Per me, questo vuol dire certo la stabilità finanziaria e monetaria, ma anche un servizio per l’economia reale, il suo finanziamento. È in questo spirito che proporrò una rinegoziazione, con l’obiettivo di rimettere la solidarietà nel cuore della costruzione europea, e aprendo in particolare alla possibilità di creare delle euro-obbligazioni». Merkel ha annunciato che farà campagna per Sarkozy e in effetti, con la celebre intervista a due voci in televisione ha già iniziato. Se lei sarà eletto, la collaborazione franco-tedesca diventerà più difficile? «Madame Merkel è libera di sostenere Nicolas Sarkozy: i partiti conservatori in Europa hanno il diritto di avere dei legami, come li hanno le forze progressiste. Quelli del Partito socialista francese e della Spd tedesca sono molto forti. Per me è essenziale che, di fronte a un’Europa conservatrice, si disegni un’Europa progressista. Per fare l’esempio dell’Italia, noi lavoriamo già strettamente con il Partito democratico. Ma, da Presidente della Repubblica, dal 7 maggio 2012 il mio partner sarà Angela Merkel, con la quale dovrò affrontare i grandi dossier europei. Allora per convincerla avrò la forza del mandato confidatomi dai francesi. La cooperazione franco-tedesca resta al centro dell’azione della Francia in Europa ma non sarà, com’è stato negli ultimi mesi, un direttorio che esclude gli altri partner. La coppia franco-tedesca deve essere un motore, un impulso, non un legame esclusivo». Benché «tecnico» e anche piuttosto liberista, Mario Monti ha criticato, proprio come lei, la mancanza di impegni per la crescita nell’ultimo trattato europeo. Crede che su questo a Bruxelles la Francia potrà lavorare con l’Italia? «Me lo auguro. Molti dei partner europei rimpiangono che il trattato sia unicamente indirizzato sul rigore. Monsieur Monti ha sempre avuto a cuore la costruzione dell’Europa. Noi dobbiamo lavorare insieme per riequilibrare il trattato sulla crescita». Come giudica i primi mesi del governo Monti? «Non giudico l’azione del governo di un Paese che non è la Francia. Constato semplicemente che Mario Monti porta avanti delle riforme coraggiose in una situazione difficile». Guerra di Libia, immigrati tunisini: nell’ultimo anno di presidenza di Sarkozy, i rapporti fra Italia e Francia non sono sempre stati facili. Per Parigi, Roma è un partner o un problema? «Se sarò eletto Presidente della Repubblica, l’Italia sarà per la Francia un partner di primo piano. Abbiamo molte sfide da affrontare e delle priorità comuni. Penso certo all’avvenire della zona euro, ma anche a un’azione rinforzata verso i Paesi del Sud del Mediterraneo. La Francia e l’Italia sono due grandi Paesi mediterranei che devono lavorare insieme per affrontare le opportunità e le sfide sollevate dalla primavera araba». Tempo fa, lei mi disse di rammaricarsi delle posizioni della gauche francese sull’affare Battisti. Con lei Presidente, la Francia smetterà di dare asilo ai terroristi italiani? «Oggi l’affare Battisti non riguarda più direttamente le relazioni fra Francia e Italia. Se sarò Presidente, rispetterò il diritto d’asilo e continuerò la lotta contro il terrorismo». La dottrina Mitterrand ha ancora senso? «La dottrina Mitterrand aveva un senso ben preciso: gli italiani che si sono sottratti alla giustizia del loro Paese e che si sono stabiliti in Francia non saranno estradati, salvo se hanno commesso dei delitti di sangue o si sono resi complici o conservano dei legami con gli ambienti terroristici. Io mi atterrò strettamente a questi principi». Non si sa granché del suo rapporto con l’Italia: la conosce? Ci ha viaggiato? Cosa pensa della definizione di Cocteau: i francesi sono degli italiani di cattivo umore? «Sono andato spesso in Italia, l’ultima volta nel dicembre scorso per conversazioni con monsieur Bersani e i membri del Partito democratico. In quell’occasione ho anche incontrato il Presidente della Repubblica italiana per il quale ho molto rispetto. La frase che lei cita è stata scritta da un francese, il che almeno prova che i francesi sono anche capaci di essere di buon umore! Ma, più seriamente, i francesi hanno bisogno di ritrovare fiducia nell’avvenire ed è per questo che mi batterò senza sosta, se sarò eletto Presidente». Sarkozy parla di lavoro, responsabiità e autorità. Riassuma il suo programma in tre parole. «La ripresa, la giustizia e la speranza. Il patto repubblicano, il sogno francese è la promessa che le generazioni che verranno vivranno meglio di quelle che le hanno precedute. Io voglio realizzare questo sogno». Se dovesse fare una critica, una sola, a Sarkozy, quale sarebbe? «Ce ne sono tante, è difficile scegliere. Ma c’è un difetto che caratterizza Nicolas Sarkozy: più ancora che l’ingiustizia, è la sua incostanza, la sua incapacità di dirigere la Francia se non con colpi mediatici e una visione a corto termine. L’incostanza ha caratterizzato il suo quinquennato, ha screditato il potere agli occhi dei francesi e la Francia agli occhi del mondo». Se lei vincerà, in che cosa la Francia del 2017 sarà meglio di quella del 2012? «Voglio una Francia che si risolleva e che diventa più giusta. Non voglio fare promesse sconsiderate, ma farò di tutto perché la Francia del 2017 sia un Paese dove l’economia è stata rilanciata, la cui società è giusta e che crede nel suo avvenire. Moralmente, economicamente e socialmente, la Francia avrà fatto progressi. Faccio una promessa concreta: nel 2017, il numero di giovani che escono dalla scuola senza un titolo di studio che permetta loro di trovare lavoro sarà dimezzato. La gioventù sarà il mio cavallo di battaglia. Senza di lei, senza rialzarla, senza darle prospettive per l’avvenire, nessun progresso sarà possibile». Ultima domanda: pensa davvero che abbia appena intervistato il nuovo Presidente della Repubblica francese? «Questo lo decideranno i francesi».