Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2012  marzo 06 Martedì calendario

LA GRECIA FA LA FINE DELL’ARGENTINA


Il governo di Atene continua, ovviamente, a mostrare ottimismo. Ma l’epilogo argentino della crisi greca è dietro l’angolo. Se le adesioni dei creditori privati alla sforbiciata di oltre il 70% del valore netto del debito non raggiungerà i livelli attesi, scatterà il taglio unilaterale con conseguente default della Grecia.
Le agenzie di rating hanno già previsto l’eventualità portando il giudizio di merito delle obbligazioni di Atene al gradino più basso della scala. E in qualche modo anche il governo ha ammesso che l’opzione non è così peregrina. «Questa è la nostra migliore offerta», ha detto fuori dai denti il ministro delle Finanze, Evangelos Venizelos, «perché è l’unica offerta esistente». Ma in assenza di un’adesione volontaria, Atene è pronta ad usare le maniere forti, ovvero l’imposizione automatica delle perdite ai creditori con le clausole di azione collettiva. «Con un’adesione quasi universale non sarà necessario» , ha spiegato Venizelos, «Ma queste clausole esistono nel nostro ordinamento, e siamo pronti a mettere in atto i provvedimenti legislativi se necessario».
I tempi sono ormai strettissimi. Il termine per la chiusura della trattativa tra banche e investitori privati finalizzata all’abbattimento di 107 miliardi di euro del debito del Paese scade giovedì. L’accordo prevede un taglio nominale del 53,5%, attraverso l’emissione di nuovi titoli a 30 anni con cedola fra il 3 e il 4,3%. Il vero taglio si aggira dunque sul 70% in quanto i titoli di nuova emissione saranno quotati ampiamente sotto il loro valore. Il governo è convinto che almeno il 75% dei debitori aderirà al contratto di swap. Il quotidiano greco Kathimerini cita funzionari della banca centrale secondo i quali la partecipazione degli investitori avrebbe superato l’80%. Tra le due percentuali la differenza non è di poco conto. Finora, infatti, l’Isda (l’associazione internazionale su swap e derivati) ha escluso l’operazione dai “credit event”, che si verificano in presenza di un default. Ma molti analisti sono convinti che se non aderirà più del 75% dei detentori di bond, che è la soglia al di sotto della quale il governo farà scattare la conversione automatica del debito, la decisione potrebbe essere facilmente rivista. A quel punto si finirebbe dritti dritti in una situazione di tipo argentino, che dopo aver congelato i suoi debiti per 4 anni, offrì uno swap prendere o lasciare con sforbiciate del 70%. E chi, come molti italiani, non aderì sperando di spuntare condizioni migliori è rimasto, ancora oggi, sostanzialmente a bocca asciutta.
Le incognite sul tavolo sono sterminate. L’accordo con i creditori è infatti una precondizione per accedere ai nuovi fondi da 130 miliardi di euro. Soldi che potrebbero anche non bastare. Secondo l’ultimo rapporto compilato dalla troika Ue-Bce-Fmi, citato dal Der Spiegel, la Grecia potrebbe aver bisogno di un terzo piano di aiuti da 50 miliardi nel 2015. Non c’è infatti certezza che Atene possa tornare a rifinanziarsi sui mercati nel 2015.
Un sostegno alle speranze del governo greco, che ieri ha anche lanciato un appello ai connazionali per far rientrare i soldi depositati all’estero, è arrivato dai grandi creditori. Dodici grandi istituti e assicurazioni internazionali, tra cui Bnp, Deutsche Bank, Aza, Allianz e anche la nostra Intesa, hanno già fatto sapere che intendono aderire all’offerta. A questo punto, evidentemente, ritengono un buon risultato anche riuscire a portare a casa un 30% del credito.

Sandro Iacometti